(Teleborsa) – I rischi per la crescita economica dell’Eurozona restano orientati verso il basso, mentre l’inflazione potrebbe collocarsi su livelli più elevati se i salari o i profitti aumentassero più di quanto anticipato. È quanto emerge dal Bollettino economico della Banca centrale europea (BCE), dopo che nella riunione del 30 gennaio 2025 il Consiglio direttivo ha deciso di ridurre di 25 punti base i tre tassi di interesse di riferimento.
I rischi per la crescita
La BCE spiega che maggiori frizioni nel commercio internazionale potrebbero pesare sulla crescita dell’area dell’euro, frenando le esportazioni e indebolendo l’economia mondiale. Il calo di fiducia potrebbe impedire ai consumi e agli investimenti di recuperare al ritmo atteso. Ciò potrebbe essere amplificato dai rischi geopolitici, come la guerra ingiustificata della Russia contro l’Ucraina e il tragico conflitto in Medio Oriente, suscettibili di causare interruzioni nelle forniture di energia e di gravare ulteriormente sugli scambi internazionali.
La crescita potrebbe inoltre risultare inferiore se gli effetti ritardati dell’inasprimento della politica monetaria durassero più a lungo di quanto atteso, mentre potrebbe rivelarsi superiore se le migliori condizioni di finanziamento e il calo dell’inflazione consentissero un più rapido recupero dei consumi e degli investimenti interni.
I rischi per l’inflazione
Rischi al rialzo per l’inflazione provengono dalle accresciute tensioni geopolitiche, che potrebbero far aumentare i prezzi dell’energia e i costi di trasporto nel breve termine e causare interruzioni nel commercio mondiale. Inoltre, fenomeni meteorologici estremi, e più in generale il dispiegarsi della crisi climatica, potrebbero far salire i prezzi dei beni alimentari oltre le aspettative.
Per contro, l’inflazione potrebbe sorprendere al ribasso se il debole clima di fiducia e i timori riguardo a eventi geopolitici impedissero ai
consumi e agli investimenti di recuperare al ritmo atteso, se la politica monetaria frenasse la domanda più di quanto anticipato, o nel caso di un deterioramento inaspettato del contesto economico nel resto del mondo. Maggiori frizioni nel commercio internazionale renderebbero più incerte le prospettive di inflazione per l’area dell’euro.
Condizioni finanziarie e monetarie
Nell’area dell’euro i tassi di interesse di mercato sono aumentati dalla riunione del 12 dicembre 2024 del Consiglio direttivo, riflettendo in parte i tassi più elevati nei mercati finanziari internazionali. Pur in presenza di condizioni di finanziamento tuttora restrittive, le riduzioni dei tassi di interesse stabilite dal Consiglio direttivo stanno gradualmente rendendo meno oneroso l’indebitamento per imprese e famiglie.
A novembre il tasso di interesse medio sui nuovi prestiti alle imprese è sceso al 4,5 per cento, mentre il costo del debito emesso sul mercato si è mantenuto al 3,6 e il tasso medio sui nuovi mutui ipotecari è sceso al 3,5. La crescita dei prestiti bancari alle imprese è salita all’1,5 per cento a dicembre, dall’1,0 di novembre, a fronte di un ingente flusso mensile. Il tasso di incremento dei titoli di debito emessi dalle imprese si è ridotto al 3,2 per cento sul periodo corrispondente. L’erogazione di mutui ha continuato ad aumentare gradualmente, ma è rimasta nel complesso contenuta, registrando un tasso di crescita sui dodici mesi dell’1,1 per cento.
Come rilevato dall’indagine sul credito bancario condotta a gennaio 2025, i criteri di concessione dei prestiti alle imprese si sono nuovamente irrigiditi nel quarto trimestre del 2024, dopo essersi perlopiù stabilizzati nei quattro trimestri precedenti. Il nuovo inasprimento riflette principalmente i maggiori timori delle banche circa i rischi cui è esposta la clientela, nonché la loro minore disponibilità ad assumere rischi. La domanda di prestiti da parte delle imprese ha registrato un lieve incremento nel quarto trimestre, rimanendo tuttavia debole nel complesso. I criteri di concessione dei mutui si sono mantenuti essenzialmente invariati, dopo tre trimestri
di allentamento, mentre la domanda di mutui è tornata a segnare un forte aumento, dovuto soprattutto ai tassi di interesse più favorevoli.
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