Crescita dell 1,8 % per le retribuzioni convenzionali nel 2025

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Con un incremento di 1,8 punti percentuali rispetto il 2024 sono state definite le retribuzioni convenzionali 2025 per i lavoratori all’estero.

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, ha pubblicato, nella Gazzetta Ufficiale n. 34 dell’11 febbraio 2025, il Decreto 16 gennaio 2025, con la determinazione degli importi delle retribuzioni convenzionali 2025.

Allegate al provvedimento, le tabelle delle retribuzioni convenzionali suddivise in sezioni per settori ( industria, industria edile, autotrasporto e spedizione merci, credito, assicurazioni, commercio-terziario, trasporto aereo, agricoltura, industria cinematografica, spettacolo, artigianato e giornalismo ecc. ecc. ) e qualifiche ( operai e impiegati, quadri valori, dirigenti ).

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Annualmente aggiornate, le retribuzioni convenzionali sono definite in base agli importi medi retributivi dei contratti collettivi di categoria in vigore nei diversi settori e raggruppati per settori omogenei, sentite le associazioni di categoria e l’ Istituto Nazionale dei Statistica.

Il decreto stabilisce ai fini contributivi dei valori forfetari imponibili, da utilizzare in caso di dipendenti che lavorano in Paesi esteri con cui l’Italia non ha stipulato una convenzione di sicurezza sociale o che ne hanno stipulata una parziale, che non copre cioè tutti gli eventi assicurati dalla nostra normativa previdenziale. Le stesse retribuzioni costituiscono, poi, anche la base di riferimento per il calcolo e liquidazione delle prestazioni pensionistiche, delle prestazioni economiche di malattia e maternità, nonché per il trattamento di disoccupazione dovuto a favore dei lavoratori rimpatriati.

Per quanto riguarda l’aspetto fiscale, l’uso delle retribuzioni convenzionali è previsto dal Tuir per determinare, in deroga a criteri ordinari, il reddito di lavoro dipendente prestato all’estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto da parte di lavoratori dipendenti che nell’arco di 12 mesi soggiornano nello stato estero per un periodo superiore a 183 giorni. In via di principio si rivolge a coloro che, pur svolgendo attività lavorativa all’estero, continuano a essere qualificati come residenti fiscali in Italia. Tuttavia, per esempio, non vanno usate con i dipendenti in trasferta, in quanto manca il requisito della continuità ed esclusività dell’attività lavorativa all’estero.

Pertanto ai fini fiscali è indifferente che l’attività di lavoro sia svolta in un paese UE oppure extra UE. Con riferimento al requisito della continuità della prestazione lavorativa estera, l’ Agenzia delle Entrate con l’ interpello 428/2023 ha chiarito che occasionali trasferte – anche su territorio italiano – svolte durante un distacco all’estero per esigenze aziendali , non sono di ostacolo all’applicazione delle retribuzioni convenzionali, in quanto tale circostanza non fa venire meno il carattere di esclusività e di continuità del rapporto di lavoro presso la consociata estera.

Per individuare la retribuzione applicabile al lavoratore occorre confrontare la retribuzione complessivamente dovuta su base annua al lavoratore in Italia divisa per 12 (comprensiva del controvalore dei benefits e delle varie forme di retribuzione in natura) con la fascia di riferimento in base al settore di attività e alla categoria del lavoratore.

Ai fini del raffronto non si considerano i trattamenti accessori, quali l’indennità estero o altre specifiche erogazioni, che non fanno parte dell’attuale trattamento del lavoratore, ma che verranno riconosciute una volta collocato all’estero. 

Sono esclusi dalla disciplina i territori degli stati dell’Ue. Per quanto riguarda il Regno Unito, dopo l’uscita dall’Ue (c.d. Brexit) e della scadenza del termine, fissato al 31 dicembre 2020, del periodo di transizione previsto, vale oggi l’accordo sugli scambi commerciali e la cooperazione (Trade and cooperation agreement). Sono esclusi, inoltre, anche la Svizzera e i paesi aderenti all’Accordo See (Liechtenstein, Norvegia, Islanda) ai quali si applica la normativa Ue.

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