Legge sul suicidio assistito, come funziona in Toscana?

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Cos’è la legge sul suicidio assistito in Toscana?

La Toscana ha approvato una legge sul fine vita che stabilisce tempi, modi, luoghi e procedure per accedere al suicidio assistito. In assenza di una legge nazionale, la Regione è la prima italiana a legiferare in tal senso, dopo che nel 2019 la Corte costituzionale aveva dichiarato illegittimo il divieto di questa pratica in vigore in Italia.

Il testo, suddiviso in sei articoli, si basa in larga misura su quello della proposta di iniziativa popolare “Liberi Subito” dell’associazione Luca Coscioni.

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Cos’è il suicidio assistito?

Il suicidio assistito, a volte definito anche morte assistita, è una pratica che può essere richiesta a determinate condizioni per porre fine alla propria vita e consiste nell’auto-somministrazione di un farmaco che provoca la propria morte.

Differisce dall’eutanasia, non legale nel nostro Paese, proprio perché il paziente deve prendere in maniera autonoma il farmaco, senza farsi aiutare da nessuno.

Chi può farne richiesta?

Da quando entrerà formalmente in vigore, per accedere alla legge toscana bisognerà essere assistiti dal servizio sanitario locale. Non sarà però necessario risiedere stabilmente nella regione, ma si potrà anche trasferirsi in modo temporaneo, facendosi assegnare un medico di base della zona.

I requisiti sono gli stessi previsti dalla sentenza della Corte costituzionale del 2019 e sono che la persona che lo richiede sia in grado di prendere decisioni libere e consapevoli, che abbia una patologia irreversibile, sofferenze fisiche o psicologiche ritenute intollerabili, che abbia espresso il desiderio di morire in modo libero, autonomo, chiaro e univoco e che sia tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale.

Non è sufficiente che sia presente uno solo di questi requisiti, ma è necessario che chi vuole accedere alla pratica li abbia tutti e che abbia anche rifiutato ogni soluzione terapeutica alternativa al suicidio assistito, compresa l’induzione in stato di incoscienza che accompagni alla morte.

Se in possesso di tutti i requisiti, chi vuole avvalersi del suicidio assistito dovrà farne domanda personalmente o tramite un delegato, all’azienda sanitaria locale di riferimento, allegando la propria documentazione sanitaria e, opzionalmente, il nome di un medico di fiducia.

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Come funziona l’iter di approvazione o negazione?

Una volta in possesso di una richiesta di suicidio assistito, l’azienda sanitaria la inoltrerà a una commissione incaricata, che dovrà essere composta da un medico palliativista, un neurologo, uno psichiatra, un anestesista, un infermiere, uno psicologo e uno specialista della patologia del paziente coinvolto, tutti dipendenti del servizio sanitario regionale.

La commissione dovrà completare la verifica dei requisiti entro 20 giorni. In caso ritenga necessari ulteriori accertamenti potrà avere una proroga ma per non più di cinque giorni.

Dopo questo iter la commissione dovrà inoltrare la documentazione al comitato etico, che avrà sette giorni di tempo per decidere il da farsi e inviare una relazione finale all’azienda sanitaria locale, che la girerà poi al paziente.

Cosa succede se la richiesta viene approvata?

Se la richiesta viene approvata la commissione avrà 10 giorni di tempo per definire le modalità di attuazione del suicidio assistito per il paziente, quale farmaco prescrivere e se serva o meno l’ausilio di un macchinario per assumerlo.

Anche in questa fase ogni decisione dovrà essere sottoposta al comitato etico, che avrà altri cinque giorni di tempo per esprimersi. A quel punto, in caso di responso positivo, la palla passerà all’azienda sanitaria locale che avrà una settimana per fornire al paziente il farmaco e l’eventuale supporto tecnico per portare a termine il suicidio assistito.

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La legge stabilisce anche che il paziente possa ovviamente cambiare idea in qualsiasi momento.

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