«Mamma, non riesco a parlarti. Te lo faccio dire dal mio avatar»

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Chinatsu ha 24 anni e vive a Tokio. In rete, è un’apprezzata modella plus-size, che ha saputo dare vita a un cambiamento di pensiero, riuscendo a trasmettere agli altri l’importanza di accettarsi per come si è. Nella vita reale, però, lotta contro la sua timidezza e, soprattutto, nasconde la sua esistenza online alla famiglia, perché ne teme il giudizio, ha paura che non possano capirla.

Oscar ha 19 anni e vive nel Regno Unito. Nel mondo reale ha dovuto affrontare molte difficoltà per poter esprimere liberamente la sua identità di genere. Online, però, grazie a “Spider”, il suo alter ego, si sente rispettato e non ha più paura di mostrarsi. Anche Oscar vorrebbe raccontare ai suoi cari la sua vita in rete, ma riuscirci non è così facile. A cambiare le cose, però – a svelare a Rie, la mamma di Chinatsu, la parte a lei ancora sconosciuta di sua figlia, e a far sì che Nunu, la nonna di Oscar, si avvicinasse al mondo del nipote – sono stati due avatar interattivi in 3D, capaci di rappresentare digitalmente le persone e di intrattenere conversazioni reali con i loro cari.

Due avatar sorprendentemente realistici, creati da Lenovo, grazie a tecnologie di intelligenza artificiale all’avanguardia, che hanno permesso di realizzare un innovativo esperimento sociale. A raccontarlo, è ora Meet Your Digital Self, la nuova campagna – presentata in Italia in occasione della “Giornata Mondiale per la Sicurezza in Rete” – del progetto Work For Humankind, attraverso il quale Lenovo punta a creare comunicazione sull’impatto positivo che la tecnologia può avere sul benessere della società. E, in questo caso, sul supporto che potrebbe offrire agli esperti della salute mentale nell’affrontare l’aumento del disagio psicologico fra i ragazzi.

L’esperimento, infatti, seppure in modo “provocatorio”, ha ben intercettato e messo in luce un tema d’attualità: la disconnessione che molti ragazzi della generazione Z vivono fra la loro vita reale e quella online e il senso di solitudine, ansia e disagio che questo porta con sé. A confermarlo, anche i dati di una ricerca commissionata a Doxa, che evidenzia come il 38 per cento degli intervistati ritenga più facile esprimersi online piuttosto che offline, ma ben il 75 per cento in realtà vorrebbe affrontare conversazioni profonde su di sé con la propria famiglia e il 49 per cento afferma che parlare del proprio disagio con un esperto darebbe loro più fiducia e li aiuterebbe a confrontarsi più apertamente con le persone che amano nel mondo reale.

Per dare un ulteriore e concreto seguito alla sua campagna, Lenovo ha deciso di sostenere l’impegno di Associazioni che – in Europa, negli Stati Uniti, in Asia – sono impegnate nell’ambito della salute mentale. Nel nostro Paese, in particolare, ha stretto una collaborazione con Telefono Amico Italia, mettendo a disposizione strumenti e tecnologie per espandere e potenziare l’accesso ai servizi di ascolto e supporto, con un’attenzione particolare ai più giovani.

“Per i ragazzi, il mondo digitale ha un’importanza fondamentale” sottolinea Cristina Rigon, presidente di Telefono Amico Italia. “Per intercettare anche la loro sofferenza, allora, e per supportarli nei momenti di disagio e disorientamento, noi adulti dobbiamo ampliare la nostra prospettiva, assumere il maggior numero possibile di informazioni con attenzione curiosa e consapevolezza. Non demonizzare la tecnologia ma impegnarci a capirla, nei suoi limiti e nei suoi pericoli ma anche nelle sue potenzialità. Con un obiettivo fondamentale: far nascere il dialogo”.

Che cosa ci dice, dei nostri ragazzi, l’esperimento sociale di Lenovo?

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Per noi è una conferma di quanto osserviamo nel nostro servizio d’ascolto. È vero che oggi i ragazzi hanno difficoltà nel parlare di sé in maniera chiara ed esplicita con i loro genitori e, in parte, anche con i loro coetanei. Ed è vero anche che è un po’ come se vivessero una sorta di doppia vita. Una vita online, di cui a volte è al corrente solo chi li conosce in quel contesto. E una vita reale, che è quella che conoscono le persone che vivono loro accanto.

Ma questa “disconnessione” è voluta?

Credo lo sia nella misura in cui non si riesce a essere autentici rispetto al proprio sé, a esplicitare emozioni, desideri, bisogni, perché si teme che la famiglia, gli amici, possano non capire. Si ha paura del giudizio, della mancanza di approvazione. E allora davanti alla difficoltà di comunicare chi si è – o chi si vorrebbe essere – nel mondo reale, ci si sposta in quello virtuale. Dove si possono assumere tante identità diverse e vivere tante vite diverse, compresa la vita alla quale più si sente di appartenere.

I dati della ricerca evidenziano come il 45 per cento dei ragazzi intervistati percepisca una disconnessione fra la vita online e quella offline. Sottolineano anche, però, che il 75 per cento di loro vorrebbe affrontare conversazioni profonde con la propria famiglia nella vita reale.

Questo dato per me è abbastanza curioso perché, se ripenso a quando io ero ragazza, tutto volevo meno che i miei genitori comprendessero il mio io più autentico e profondo… Mi colpisce, quindi, che oggi ci sia questo desiderio nei più giovani. Credo che in parte, però, lo si possa spiegare pensando a come sia cambiata la società che li circonda. Noi potevamo contare su più figure adulte di riferimento. Un insegnante, un educatore, un istruttore sportivo, un familiare con cui ci sentivamo più in sintonia… Oggi queste figure sono molto più difficili da individuare. Un’ancora di salvezza a cui aggrapparsi nei momenti di difficoltà, una bussola per trovare la direzione giusta nel mondo, però, restano comunque una necessità per i ragazzi. E allora è maggiore il desiderio di avere un punto di riferimento saldo nei genitori.

Eppure, per loro sembra difficile riuscirci.

Ci parlano del disagio con cui si confrontano, che nasce da temi diversi: la difficoltà nella relazione con gli altri, i problemi di identità di genere o di accettazione del proprio corpo, l’ansia, i pensieri suicidari, il bullismo, le molestie. Quando poi chiediamo se i genitori ne sono al corrente, però, spesso ci rispondono che con loro non ne parlano perché non vogliono “disturbarli”, perché vedono quante preoccupazioni hanno già e non vogliono darne loro altre.

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È un pensiero che colpisce molto.

Sì. I ragazzi mi fanno tanta tenerezza ma li trovo anche molto coraggiosi. Perché credo che a loro serva davvero parecchio coraggio per contattare Telefono Amico Italia. Li sento sempre molto esitanti, quasi impauriti. E, anche nei nostri confronti, timorosi di “disturbare”. Spesso ci dicono “so che ci sono dei problemi più gravi dei miei”, “so che ci sono delle persone che stanno male davvero” … Si convincono che il loro problema sia “piccolo” e ciò che davvero manca in loro è la consapevolezza che un dolore, grande o piccolo che sia, è sempre un dolore e che è importante condividerlo per affrontarlo e superarlo.

Ma anche con i coetanei è difficile mostrarsi per come si è davvero?

Credo che anche fra pari ci possa essere una disconnessione fra il mondo virtuale e quello reale. Perché a volte è più facile essere “amici” online che non nella realtà, dove bisogna fare i conti con il giudizio degli altri, che magari non sempre si riesce ad affrontare, e con la necessità di omologarsi al gruppo per farsi accettare, rinunciando però così a essere davvero se stessi.

Quanti sono i ragazzi che vi contattano?

Nel 2024 Telefono Amico Italia ha gestito oltre 12mila richieste di aiuto provenienti da under 26, un dato in costante crescita negli ultimi 4 anni. Attualmente, i giovani – principalmente ragazze – rappresentano oltre il 30 per cento dell’utenza del servizio di ascolto via email e quasi il 40 per cento dell’utenza del servizio via WhatsApp, aperto a tutti ma istituito, come dicevo, proprio per offrire ai più giovani un canale di comunicazione più affine alle loro abitudini. Anche in questo caso, la preferenza per la scrittura crea una sorta di disconnessione. Sentire la propria voce che parla, infatti, ha sempre un effetto più forte che non mandare un messaggio.

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Il contatto si crea comunque, però, e spesso, per quanto riguarda la chat, può protrarsi anche per più ore. Rispetto alla posta elettronica, invece, abbiamo notato che non sempre le nostre risposte vengono lette e questo ci ha indotto a pensare che le email possano essere un po’ quello che per noi era il “diario segreto”. Dal diario non ti aspettavi una risposta: nelle sue pagine, però, potevi sfogarti e magari anche prendere consapevolezza di ciò che ti stava accadendo.

Cosa vorrebbero da noi adulti?

L’ascolto, la cosa più facile e allo stesso tempo più difficile da dare. Perché da noi i ragazzi si aspettano un ascolto attento e presente, che non si disperda nelle nostre mille attività quotidiane.

A volte, potrebbero bastare anche dieci minuti. In quei dieci minuti, però, dovremmo essere davvero per loro. Senza giudizi né pregiudizi e rispettando il fatto che sono giovani uomini e giovani donne in crescita e che quindi è naturale che possano avere idee differenti dalle nostre…Il mondo è in continuo cambiamento e noi dobbiamo essere sempre molto attenti a cercare di capire questi mutamenti. E questo vale anche per la tecnologia, che nel caso dell’esperimento di Lenovo io ho visto come una sfida a pensare a nuovi modi per riuscire a intercettare i bisogni dei più giovani.

La relazione umana resta fondamentale e non posso certo pensare a un chatbot che risponda al telefono al posto nostro… Ci sono strumenti, però, che possono aiutarci a migliorare in tutti i campi e deve essere soprattutto la nostra generazione a prenderne consapevolezza. Perché, se non vogliamo perdere i nostri ragazzi, dobbiamo davvero metterci in ascolto e accogliere i loro pensieri con attenzione e apertura mentale.

Telefono Amico Italia è un’organizzazione di volontariato che promuove la cultura dell’ascolto empatico come fattore di salute emozionale e di contrasto alla solitudine. Offre un servizio anonimo, nel rispetto delle idee e del disagio di chi chiama. È raggiungibile attraverso il numero 02.23272327 e risponde 365 giorni all’anno. Il servizio è gratuito e attivo in tutta Italia dalle 09.00 alle 24.00. A carico di chi chiama solo il costo vivo della telefonata. È possibile accedere al servizio anche via chat, attraverso il numero WhatsApp 324.0117252, e via mail, attraverso la compilazione di un form anonimo sul sito www.telefonoamico.it.

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