Strage di galline in Piemonte: abbattute 55mila per un nuovo focolaio di aviaria

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Un focolaio di influenza aviaria è stato individuato ed estinto in un allevamento di Chivasso. Nonostante l’emergenza sia rientrata, il monitoraggio continua. Questo episodio è solo l’ultimo di una serie di segnali allarmanti che indicano la crescente diffusione del virus H5N1, anche tra i mammiferi

Un focolaio di influenza aviaria ha colpito un allevamento di Chivasso, in Piemonte, portando all’abbattimento di 55mila galline. L’episodio, avvenuto il 7 febbraio, ha riacceso i riflettori sulla minaccia dell’aviaria, una malattia che non colpisce più solo gli uccelli. Negli ultimi anni, il virus H5N1 ha dimostrato una crescente capacità di infettare i mammiferi, con conseguenze potenzialmente devastanti per la salute umana.

Il caso di Chivasso

Il focolaio di Chivasso è stato individuato a seguito di un aumento anomalo della mortalità tra le galline. Le analisi condotte dall’Istituto Zooprofilattico di Torino hanno confermato la presenza del virus H5N1, un ceppo di influenza aviaria ad alta patogenicità. Come previsto dalla normativa nazionale ed europea, l’allevamento è stato subito posto sotto sequestro e sono state avviate le procedure di abbattimento e disinfezione. Inoltre, sono state istituite zone di protezione e sorveglianza nei comuni limitrofi per prevenire la diffusione del virus.

Fortunatamente, a seguito di 1.000 test condotti in 100 allevamenti, la ASL TO 4 ha dichiarato estinto il focolaio. Tuttavia, il monitoraggio proseguirà per 30 giorni dopo il termine delle operazioni di disinfezione. Inoltre, è stata creata un’ulteriore task force sanitaria pronta ad attivarsi per intercettare subito eventuali casi umani.

L’aviaria non è più solo un problema degli allevamenti

Il caso di Chivasso, seppur contenuto, è solo l’ultimo di una serie di segnali allarmanti che indicano la crescente diffusione del virus H5N1 tra i mammiferi. Negli ultimi anni, il virus ha dimostrato la capacità di infettare diverse specie di mammiferi, inclusi visoni, leoni marini e orsi. Nel marzo 2024, per la prima volta, l’infezione è stata identificata anche in una capra e, successivamente, in bovini da latte negli Stati Uniti.

La diffusione dell’H5N1 tra i mammiferi è particolarmente preoccupante perché aumenta il rischio di un’ulteriore evoluzione del virus, che potrebbe acquisire la capacità di trasmettersi efficacemente tra gli esseri umani, con la possibilità di innescare una pandemia.

I numeri del contagio

Negli Stati Uniti, dall’inizio del 2024, sono stati registrati almeno 67 casi di infezione umana da H5N1, di cui uno fatale. Inoltre, in Nevada è stato recentemente identificato un nuovo ceppo del virus, denominato D1.1, che presenta una mutazione genetica che potrebbe favorire la sua replicazione nei mammiferi.

“Potrebbe essere motivo di notevole preoccupazione se questo virus continua a diffondersi tra le mucche e infetta più persone”, ha detto a Fortune l’immunologo ed ex funzionario sanitario federale Rick Bright.

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La domanda che sorge spontanea è: cosa stiamo facendo per proteggerci da questa nuova minaccia? Purtroppo, la risposta non è rassicurante.

Negli Stati Uniti, l’amministrazione Trump ha recentemente bloccato la pubblicazione di alcuni importanti studi sull’H5N1, impedendo la diffusione di informazioni cruciali sulla sua diffusione e sui rischi per la salute umana. Inoltre, si prevede un taglio dei fondi per la ricerca sulle malattie infettive, che potrebbe compromettere la capacità di sviluppare vaccini e terapie efficaci.

È agghiacciante ma non sorprendente, dato il bavaglio imposto agli scienziati e la manipolazione della comunicazione scientifica nel 2020 all’inizio della pandemia di Covid”, afferma Bright, che da mesi sollecita i funzionari sanitari ad aumentare i test e le precauzioni sull’influenza aviaria. “Nel 2020 – afferma Bright – ha rallentato la risposta, seminato sfiducia nella scienza e nella salute pubblica e, di conseguenza, molte più persone sono morte in quel periodo. È orribile che non siano state apprese lezioni da tutto ciò e ci troviamo nella stessa situazione, non solo per l’H5N1, ma per numerosi focolai in corso negli Stati Uniti”.

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