La Toscana, prima Regione in Italia, ha deciso di dotarsi di norme che regolino l’accesso al suicidio medicalmente assistito ai malati terminali. E cosa succede qui da noi?
In Veneto, il governatore Luca Zaia invita a uscire dal cono d’ombra «dell’ipocrisia tutta nazionale nella quale si vuole far credere ai cittadini che il fine vita non esiste», attirandosi gli strali degli alleati. In Friuli Venezia Giulia il tema non è all’ordine del giorno, con il centrodestra che affida il pallino in mano a governo e Parlamento. Sono due i fronti aperti, eccoli.
In Fvg gli infermieri chiedono di essere coinvolti
Se ne è parlato e discusso a lungo ma in Friuli Venezia Giulia il dibattito sul suicidio medicalmente assistito è fermo. Difficile dunque ipotizzare la riapertura di un percorso che pure, nel recente passato, era stato intrapreso. Ma se la discussione dovesse ripartire dovrà tenere in considerazione gli infermieri. Almeno questa è la richiesta dell’ordine professionale, formulata dal presidente provinciale di Udine, Stefano Giglio. «Il Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia – ricorda –ha interrotto da tempo gli approfondimenti sulla proposta di legge, che chiedeva di introdurre procedure specifiche per l’assistenza sanitaria regionale al suicidio medicalmente assistito. Lo stop è arrivato dopo diverse interlocuzioni ed audizioni con i portatori di interessi, ma che purtroppo non ha mai visto coinvolti gli infermieri».
«La nostra professione – aggiunge – è direttamente coinvolta in questi tristi momenti della vita di una persona e dei suoi familiari. La presa in carico dei problemi di salute ed assistenziali, vede spesso gli infermieri come unici interlocutori nelle fasi determinati, peculiari, in totale garanzia, tutela e rispetto delle volontà espresse dalla persona».
Il presidente dell’Ordine degli infermieri di Udine ricorda come «il nostro codice deontologico ci imponga linee comportamentali che regolano l’agito professionale. Stabiliscono una puntuale relazione di cura, basata sull’ascolto, che può porre questioni etiche e dilemmi difficili e complessi per l’infermiere. Sono riflessioni che possono mettere in discussione l’agito professionale quotidiano. Ma è la libertà di coscienza che ci consente di sostenere la persona, anche quando questa manifesta apertamente volontà diverse dal proprio credo e da quello professionale».
«Nel tema del fine vita, l’infermiere trova la forza di riconoscere come prioritario il gesto assistenziale con un’accurata pianificazione condivisa degli interventi. Spesso tocca proprio a noi infermieri – continua –, sostenere e dare conforto alle famiglie, facendosi carico attivamente, delle preoccupazioni e delle loro paure, sentite in questi particolari frangenti».
Questi sono i presupposti «su cui la professione infermieristica deve essere ascoltata. Deve diventare l’interlocutore prioritario, nella creazione di percorsi organizzativi e gestionali che riguardano questo importante argomento in cui è direttamente coinvolto».
L’ordine delle professioni infermieristiche sta valutando in queste settimane il recente protocollo introdotto dall’AsuFc sulla gestione dell’assistenza e delle cure ai pazienti giunti alla fine della vita in terapia intensiva. Un protocollo a nostro avviso che richiede ulteriori spunti di analisi e di riflessione che, se sottovalutati potrebbero, a nostro avviso, esporre l’infermiere a situazioni preoccupanti».
Il dibattito sul fine vita deve, secondo Giglio, «tenere conto di tutti quegli aspetti relazionali, comunicativi, organizzativi e giuridici, ma soprattutto umani, che il percorso esprime in tutta la sua verità e drammaticità. Sono aspetti che, necessariamente devono essere integrati ed evidenziati in documenti così importanti, senza essere sottovalutati con apparente leggerezza. Non spetta di certo ai professionisti decidere, se e quando, il tema sul Fine Vita vada discusso dalla politica regionale. Spetta alla professione infermieristica esprimere la necessità, che l’analisi accurata di questo argomento, veda il nostro ruolo posto al pari di altri professionisti della salute. Perché su questi argomenti abbiamo maturato una certa esperienza».
In Veneto la questione spacca la maggioranza
Vanno diversamente le cose in Veneto dove, dopo Fratelli d’Italia e ora anche Forza Italia, il presidente del Veneto Luca Zaia è di nuovo nell’occhio del ciclone per la sua posizione a favore del suicidio medicalmente assistito nei casi limite in cui la legge lo consente.
Dopo la battaglia in Consiglio di un anno fa, persa per un soffio a causa del voto di una consigliera regionale del Pd di area cattolica, ora il governatore leghista, non nuovo a posizioni progressiste, ha annunciato di voler introdurre un regolamento sanitario da applicare in caso di suicidio medicalmente assistito.
Lo Zaia-pensiero sul tema è noto e l’ha anche scandito in maniera efficace anni fa in uno dei suoi libri, mentre la prima circolare alle Usl sul tema risale addirittura al 2019: tempi non collegabili agli «interessi elettoralistici e di consenso» paventati dall’europarlamentare di FdI, Elena Donazzan.
Dice Zaia: visto che una sentenza della Corte Costituzionale che concepisce il fine vita già esiste, perché non dare tempi certi a chi lo richiede? La Toscana è la prima regione in cui è stato approvato questo progetto di legge. Ma il presidente del Veneto, coerente con le sue idee, ha annunciato di voler ricorrere alla soluzione della circolare alle Usl. E il centrodestra è di nuovo in tilt.
È stata proprio Donazzan, ora a Bruxelles ma già assessora regionale per una ventina d’anni, ad attaccare frontalmente il governatore accusandolo d’essere addirittura irrispettoso. «Il Consiglio regionale, con una difficile, lunga e sofferta decisione, ha detto no, facendo prevalere la difesa della vita e la dignità della persona», ha scritto Elena Donazzan, firmando un comunicato insieme al collega veronese Daniele Polato.
Il 13 febbraio è arrivata anche la posizione di Forza Italia, con Elisa Venturini, Alberto Bozza e Fabrizio Boron. «No a modelli Svizzera, Forza Italia rifiuta l’eutanasia», dicono, spiegando poi il loro ragionamento. «La questione va affrontata dal Parlamento, proprio perché c’è una sentenza della Corte Costituzionale. Quindi è a livello nazionale che si deve trovare una quadra».
Bozza e Boron puntano il presidente: «Crediamo non servano forzature, in primis sul piano del metodo. Non vorremmo si perseverasse: è stata una forzatura portare il tema al voto in aula l’anno scorso, politicizzandolo. Sarebbe una doppia forzatura ora delegittimare il Consiglio e disconoscere con surreale disinvoltura il voto affidandosi ai tecnici. Un regolamento poi derubricherebbe a mera questione amministrativa un tema etico di enorme portata».
Dallo staff di Zaia fanno filtrare le slide di un sondaggio di YouTrend in cui emerge che anche chi vota centrodestra è a favore del suicidio medicalmente assistito. Ma mentre la società avanza, i partiti si incagliano nelle pieghe ideologiche. Quello di Zaia, invece, dicono dalla segreteria del presidente, è un atto pragmatico che va incontro alle esigenze di chi si trova in quelle drammatiche situazioni.
E se FdI e Forza Italia si muovono con attacchi più o meno frontali, la Lega attua la strategia del silenzio. Ad eccezione del capogruppo in consiglio regionale Alberto Villanova, che ha difeso come di consueto il governatore, nessun altro di quel partito ha proferito verbo. Né per sostenere Zaia attaccato dagli alleati, né per commentare la sua iniziativa. Del resto, la posizione contraria di Matteo Salvini sul tema è nota.
Dopo gli interventi di Elena Ostanel del “Veneto che vogliamo”, forse la consigliera regionale più vicina all’associazione Coscioni, il 13 febbraio si sono fatti sentire anche i pentastellati. Che incalzano direttamente Elena Donazzan.
«Ricordo all’attuale europarlamentare di FdI» esordisce la consigliera Erika Baldin. «Che il progetto di legge di iniziativa popolare, forte di oltre novemila sottoscrizioni da parte della cittadinanza veneta, non è stato bocciato in aula. Bensì è stato rinviato all’attenzione della V commissione Sanità, dove è ancora iscritto tra i provvedimenti in itinere, e di cui chiedo l’inserimento in calendario al più presto per gli approfondimenti richiesti, specie relativi a cure palliative»
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