L’alternativa alla destra? Franceschini sbaglia, non si può andare in ordine sparso. — Il Domani d’Italia

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Desidero innanzitutto ringraziare Francesco Russo per avermi invitato qui. È stato un invito inaspettato e molto gradito, che mi ha permesso di conoscere una realtà da cui esco sicuramente più arricchito. In un periodo in cui sembra quasi necessario nascondere la propria passione per la politica, fa bene vedere che ci siano ancora persone animate da questo interesse e dal desiderio di costruire il futuro del nostro Paese.

Ho apprezzato lo spirito di questo incontro, fondato sull’ascolto e sul dialogo, elementi essenziali per un confronto politico autentico e per la costruzione di una sintesi di pensiero condivisa. In questo approccio c’è un forte senso del noi, ma è necessario riconoscere anche un’altra realtà: ci sono momenti storici, come quello che stiamo vivendo, in cui diventa indispensabile tracciare uno spartiacque.

 

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Lo spartiacque necessario

Questo spartiacque non serve a creare divisioni sterili, ma a definire con chiarezza i valori che vogliamo difendere. In Italia, purtroppo, questo non è ancora avvenuto con la dovuta chiarezza. Ci si è spesso illusi di poter mitigare e stemperare certi estremismi. È già successo nella nostra storia: il Partito Popolare Italiano tentò di ridimensionare la figura di Mussolini, ma il risultato fu catastrofico, portando al fascismo.

Oggi, assistiamo a qualcosa di simile: si cerca di legittimare una destra che non condivide i nostri stessi valori. Dobbiamo avere il coraggio di tracciare una linea di confine chiara, senza timore di essere accusati di eresia politica.

 

Il ruolo del Partito Popolare Europeo

Guardiamo a quanto accade in Europa: in Austria i popolari hanno avuto la responsabilità di arginare derive pericolose, così come si spera accada in Germania. Questo dimostra che è possibile costruire un argine democratico senza rinunciare alla generosità di includere tutti nel proprio campo d’azione politica.

 

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Intanto, dall’altra parte dell’Atlantico, sono passati sotto silenzio alcuni eventi significativi: con poche firme orgogliose e decise, la nuova presidenza americana ha cancellato fondi destinati a milioni di persone nel mondo, tra cui programmi di vaccinazione per bambini, iniziati da John Fitzgerald Kennedy, il primo presidente cattolico degli Stati Uniti.

Allo stesso modo, è stato eliminato un fondo per la diffusione della democrazia istituito da Ronald Reagan, come se niente fosse. Questi gesti ci ricordano che c’è una battaglia in corso per la difesa dei nostri valori.

 

Libertà e democrazia: un equilibrio delicato.

Questa situazione mi porta a riflettere su una contrapposizione rischiosa che vedo emergere: quella tra libertà e democrazia. La libertà ha senso solo se trova un limite nel rispetto della libertà altrui. Una libertà assoluta porta inevitabilmente al dominio di chi ha maggiori risorse materiali o culturali, schiacciando chi non ha i mezzi per opporsi.

Questo tipo di libertà non trova fondamento nella nostra Costituzione né nella nostra cultura democratica e cattolica. Per questo è fondamentale ribadire un principio di equilibrio tra libertà e uguaglianza, senza cedere a visioni estreme.

 

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Un appello al futuro

In questo contesto storico, è nostro dovere proporre un’alternativa che difenda la democrazia e i valori della nostra Costituzione. Dobbiamo usare le parole della nostra Carta per dialogare, per costruire un futuro comune e per difendere una visione di libertà che non calpesti i diritti degli altri. Questa è la sfida che mi appassiona e che spero appassioni anche voi.

 

L’importanza dell’ascolto

L’ascolto è il fondamento della democrazia. Vorrei raccontare un episodio che per me è stato molto formativo. Qualcuno dei presenti forse lo ricorderà, avendolo proposto più volte. Un’amico mi disse: “C’è Caterina, una signora che vive ai margini della nostra società, in una tendopoli lungo il Tevere, nel cuore di Roma. Ti sta aspettando, ma ieri è successo qualcosa. È passato un volontario di un’altra associazione a portare la cena a un ragazzo senzatetto, ma Caterina lo ha cacciato via in malo modo”.

Ecco, perché lo ha fatto? Perché Caterina non conosceva quella persona. Non le aveva mai parlato. Non si era mai sentita ascoltata da lui. Quel volontario aveva portato un pasto senza prima cercare un contatto umano, senza tentare di comprendere chi avesse davanti.

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“Io, invece, ero andato a trovarla per mesi. Le avevo parlato, ma soprattutto l’avevo ascoltata. Solo dopo aver costruito un rapporto di fiducia, solo dopo averle portato una sigaretta, un gesto semplice ma significativo per lei, mi sono permesso di portarle del cibo”.

Questo episodio insegna che non si può offrire qualcosa a chi non si conosce. Bisogna prima comprendere le esigenze delle persone.

 

La politica come ascolto e rappresentanza.

La politica non può limitarsi a una lista di offerte. Chi ha il lusso di avere contatti, di poter chiedere ed ottenere risposte, viene soddisfatto. Ma le risposte offerte a pochi privilegiati non sono soluzioni per tutti i cittadini. Questo sistema esclude chi non trova ascolto, chi non ha avuto la fortuna – diciamo così – di far inserire un emendamento a suo favore.

Così si allontanano gli elettori dalla politica. Così si spiega perché molti cittadini non tornano più a votare: non si riconoscono in un menù di proposte fatto su misura per pochi. Se vogliamo cambiare questo stato di cose, dobbiamo farlo con generosità, con impegno e con la consapevolezza che noi non siamo definiti solo da ciò che facciamo, ma soprattutto da ciò che lasciamo. Forse non ci riusciremo prima delle prossime elezioni politiche o europee, ma dobbiamo iniziare ora.

 

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Il punto di partenza: la scuola pubblica.

Il punto di partenza deve essere la scuola pubblica, perché è lì che si formano i cittadini. Verso la fine dei lavori dell’Assemblea Costituente, un giovane deputato di nome Aldo Moro presentò un ordine del giorno in cui auspicava che il legislatore repubblicano inserisse l’insegnamento della Costituzione nelle scuole, gettando le basi per quella che sarebbe diventata l’educazione civica. La storia ha voluto che proprio lui, professore di filosofia del diritto, figlio di una maestra elementare e di un ispettore scolastico, diventasse il primo Ministro della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana.

 

Una nuova leadership per un nuovo centrosinistra

Non possiamo sapere se il centrosinistra vincerà le prossime elezioni, ma abbiamo il dovere di costruire le condizioni per farlo. Servono una leadership forte e una visione politica comune per offrire al Paese un’alternativa credibile.

Non basta procedere in ordine sparso. La proposta del mio amico Dario Franceschini, che stimo e considero un politico intelligente, potrebbe anche portare a una vittoria elettorale, ma non credo possa garantire la capacità di governare il Paese. Serve coraggio. 

Occorre partire da pochi punti chiari e restituire dignità e onore al ruolo parlamentare, perché, nonostante tutto, viviamo ancora in una democrazia rappresentativa e parlamentare. I temi più importanti devono essere affrontati dal Parlamento, che è e resta il cuore della nostra Repubblica.

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[Il testo non è stato rivisto dall’autore]



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