le prime spine di Decaro

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Rallentare il passo, o quasi frenare, per poi magari accelerare. Disseminando intanto il terreno di indizi e segnali. E cominciando però a interrogarsi sulle preoccupanti fragilità e contraddizioni interne del centrosinistra pugliese, che nemmeno le leadership più carismatiche e trainanti riescono a mascherare o attutire. Trappole, che il futuro candidato governatore – quasi sicuramente Antonio Decaro – farebbe bene a non sottovalutare. Per non impantanarsi già al primo passo della maratona.
Si voterà in autunno e la “coalizione della Puglia” – il copyright della definizione liquida è di Michele Emiliano – non sembra avere fretta di ufficializzare la candidatura alle Regionali dell’eurodeputato barese, e quindi gioca col cronometro: la segretaria nazionale Elly Schlein scandisce che «i tempi sono prematuri» e nel frattempo studia il contesto e i non facili incastri con le altre Regioni al voto e con gli alleati; il Pd pugliese palleggia sulla difensiva cadenzando la Conferenza programmatica, quasi una strategia per ingannare l’attesa; Decaro non scioglie apertamente la riserva, fa il pendolo tra Bruxelles e Bari e ammicca («Voglio rassicurare tutti quelli che si lamentano della mia presenza a Bari durante i fine settimana, sto partendo a Bruxelles, come ogni lunedì. Ma state tranquilli, torno»); lo stesso Emiliano, che dovrebbe pilotare la “successione dolce” all’eurodeputato Pd, tiene ancora coperte le carte, alternando con un pizzico di ambiguità le plateali incoronazioni del delfino da mezzo milione di voti e le battute sibilline che lascerebbero trasparire altro. Per esempio la volontà del governatore di puntare su un altro candidato, magari d’area civica e il nome di riferimento è l’assessore Alessandro Delli Noci. Intanto, l’altroieri, Emiliano s’è nuovamente sbilanciato: «Decaro lo coltivo da tempo, è cresciuto bene e se lo merita. Spero che alla fine si decida, credo stia aspettando per rispetto verso di me».
Insomma: dipenderebbe tutto da Decaro. O forse no. Intanto, conserva saldamente la posizione di vantaggio, e questa fase sembrerebbe solo il lungo preludio all’annuncio che chiunque ormai s’aspetta. Al netto, va da sé, di clamorosi colpi di scena che potrebbero ribaltare tutto e trattenere l’eurodeputato a Bruxelles, magari con ravvicinate e ambiziose proiezioni nazionali. Scenario al momento remoto, ma da conservare sempre lì sullo sfondo. Non si sa mai. 

Lo stato di salute del centrosinistra

Ma quale centrosinistra regionale verrà consegnato nelle mani dell’ex sindaco barese? La coalizione appare sfilacciata, a tratti litigiosa, un “corpaccione” tanto vasto e variegato quanto a tratti disomogeneo, senza identità e senza un orizzonte comune. Succede spesso quando – a pochi mesi dalle elezioni – c’è aria di smobilitazione e tutti sono mossi dalla naturale inclinazione a mettersi in proprio per massimizzare consensi e strategie. Succede, ma non con queste proporzioni. E Decaro ha allora più di qualche motivo d’allarme. A titolo d’esempio, valga quanto sta accadendo sui conti della sanità regionale: deficit da 300 milioni e letture opposte in giunta e maggioranza, da una parte l’alert fatto scattare dall’assessore al Bilancio Fabiano Amati (Azione, organico alla squadra emilianista solo da ottobre), dall’altra il Pd che si chiude a testuggine a difesa dell’assessore alla Sanità Raffaele Piemontese e della presunta saldezza delle casse sanitarie pugliesi.

Materia incandescente e visioni opposte: non il miglior biglietto da visita pre-elettorale. Ma, andando oltre, lo stallo e le indecisioni sui principali dossier di governo regionale possono essere un pessimo alleato per Decaro.

Il punto, da tempo e in generale, è uno: manca il senso comune di una maggioranza, si procede in ordine sparso, e quando saltano l’adesivo e l’obiettivo di governo di medio-lungo termine che lega tutto e tutti, allora le cose si complicano. Tanto da consegnare il Consiglio all’immobilismo e a una specie di “semestre bianco” (come già definito su questo giornale). Col rischio concreto di non riuscire nemmeno a portare al traguardo due provvedimenti che stanno ulteriormente agitando la maggioranza: le modifiche alla norma sulle nomine regionali (il contestato blitz in Legge di bilancio che imbriglia i poteri del governatore e che ha spinto Emiliano persino all’esposto in Procura) e i ritocchi alla legge elettorale. Uno su tutti: c’è l’intenzione di cassare l’articolo – anche questo figlio di un recente colpo di mano – sulle dimissioni anticipate di sei mesi per i sindaci che intendono candidarsi consiglieri regionali. Norma definita “tutela uscenti” e “anti-Decaro”, perché in effetti l’ex presidente nazionale Anci vuol puntare parecchio sulla rete di amministratori locali a lui leale: in rampa di lancio c’è pure una lista ad hoc.

Le spinte di partiti, movimenti e leader

Insomma: il cammino di Decaro, che pure resta la rockstar invocata da tutto il centrosinistra, è costellato di insidie nascoste e incognite palesi. La coalizione richiede una corposa messa a punto al motore e alla carrozzeria, gestendo le tante spine e le numerose spinte centrifughe. Il Pd, tanto per cominciare, sgomita e rivendica il primato, dopo anni di smarrimento all’ombra del civismo. E lo stesso governatore sarà della partita: candidato consigliere, circoscrizione di Bari e lista Pd. Ma, allo stesso tempo, coltiverà Con (il movimento guidato da Delli Noci). E, soprattutto, dall’aula consiliare promette di marcare a uomo Decaro: una presenza parecchio ingombrante, per provare a preservare la continuità politica e amministrativa. È, questo, un altro tema portante: quanto e come il futuro candidato governatore si accoderà o viceversa si discosterà dal predecessore? Il rapporto tra i due è, da tempo, una pericolosa altalena.
Ci sono poi le altre forze politiche da gestire, accontentare e indirizzare. La coalizione sarà più asciutta rispetto a cinque anni fa: sette, forse otto liste e non di più. Il civismo – la trasversale arca che tutti ha intruppato, da sinistra a destra con non pochi scompensi e contraddizioni – sarà condensato in massimo tre liste. Evitando soprattutto, ed è una richiesta di Decaro, di reclutare chicchessia come successo in passato. Non è escluso il braccio di ferro con gli emilianisti, su questo punto cruciale. Così come fondamentale sarà la capacità di Decaro di regolare la questua di candidature, dei civici e non solo.
Dai VerdiSinistra, dopo la defenestrazione dalla giunta regionale, è il solito gioco di avvertimenti e distinguo, tra apprezzamenti a Decaro e appelli alla «discontinuità». E Nichi Vendola – ex governatore e presidente di Sinistra italiana – entra a piedi uniti su Emiliano: «Cosa avrebbe dovuto fare di più negli ultimi dieci anni? Io avrei fatto qualcosa in meno, ad esempio qualche Cda». Ammonendo indirettamente Decaro: «In Puglia bisogna rilanciare un’esperienza, una coalizione deve essere anche un sogno».
E i cinque stelle? E chi lo sa. L’enigmatico Giuseppe Conte ha congelato da mesi i consiglieri regionali, nel limbo tra maggioranza e opposizione. Nella primavera scorsa l’uscita dalla giunta per la “questione etica” (l’onda emotiva dopo le inchieste baresi su mafia e politica) e il nebuloso “Patto per la legalità” proposto a Emiliano. Ora, difficilmente i cinque stelle torneranno in coalizione per gli ultimi mesi di legislatura. Più probabile un accordo elettorale con Decaro, o magari su larga scala con Schlein – dato che in ballo c’è il mosaico di tutte le Regioni alle urne. Già, accordo ma a quali condizioni? Cantiere aperto. E interrogativi che si moltiplicano.

Cosa fare? Accelerare per legittimare

In sostanza: diluire troppo i tempi dell’annuncio di Decaro può essere un gioco pericoloso. Che rischia di approfondire divisioni e scompensi nel centrosinistra pugliese. A chi spetta la mossa? A Schlein-Conte, che dovrebbero sedersi al tavolo e sigillare l’intesa, legittimando Decaro. E allo stesso eurodeputato dem, chiamato quanto prima a costruire la squadra e il progetto politico oltre il solo appeal personale, e dentro gli equilibri interni e le emergenze pugliesi. Emiliano permettendo.





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