per la Ciociaria non sono… dazi amari – AlessioPorcu.it

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La cartina interattiva dell’Italia, suddivisa per province e colori, con una inaspettata sorpresa economica per Ciociaria e Cassinate

È bastato un annuncio per scatenare il panico sui mercati internazionali: dazi del 25% sulle importazioni da Messico e Canada e del 10% su quelle dalla Cina. Donald Trump ha dichiarato ufficialmente guerra commerciale al mondo, con una mossa che rischia di avere pesanti conseguenze sull’economia globale.

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Effetto dazio

Ma cosa sono davvero i dazi e chi ne pagherà il prezzo? I dazi non sono altro che tasse sull’importazione di beni e servizi. Se a prima vista sembrano un modo per colpire i produttori stranieri, in realtà finiscono per gravare sulle tasche dei consumatori. «Pensare che siano gli esportatori a pagare i dazi è un errore» ha spiegato nei giorni scorsi con chiarezza Giancarlo Corò, professore di Economia Applicata all’Università Ca’ Foscari di Venezia. Dire che i dazi colpiscono gli Stati «è come dire che le accise sulla benzina le paga chi ci vende il petrolio».

L’aumento delle tariffe su beni essenziali come farmaci e alimenti si traduce subito in un salasso per le famiglie: un dazio del 10% potrebbe costare fino a 1.500 euro in più all’anno per ogni famiglia. Ma non è tutto. Molti dei beni colpiti, come componenti per auto, smartphone e computer, fanno parte di catene produttive globali che coinvolgono aziende americane. Così, a pagare il prezzo più alto rischia di essere proprio l’industria statunitense.

La risposta non si è fatta attendere

Foto: rawpixel.com

Le contromisure dei Paesi coinvolti sono arrivate subito. Per Canada e Messico, che esportano l’80% dei loro prodotti negli Stati Uniti, i dazi del 25% avrebbero avuto conseguenze devastanti, spingendo i governi a rispondere con fermezza. La Cina, dal canto suo, è riuscita a limitare i danni. Solo il 15% delle sue esportazioni è diretto negli USA, e molte produzioni colpite dai dazi sono già state delocalizzate in Paesi come Vietnam e Messico.

Nonostante le misure protezionistiche, il deficit commerciale americano non si è ridotto: è passato da 500 miliardi di dollari nel 2017 a 900 miliardi oggi. Questo dimostra che i dazi non sono uno strumento efficace per riequilibrare la bilancia commerciale. Tuttavia, il loro vero obiettivo potrebbe essere politico, più che economico: rassicurare l’elettorato del ceto medio americano, particolarmente colpito dalla crisi delle industrie tradizionali.

La reazione delle borse è stata immediata: Wall Street ha registrato un brusco calo dopo l’annuncio dei dazi. Colpire il commercio globale significa compromettere complesse catene di fornitura, soprattutto in settori tecnologici che dipendono da economie di scala. L’interconnessione delle economie moderne rende ogni mossa protezionistica un potenziale boomerang, capace di destabilizzare i mercati finanziari.

L’Europa nel mirino?

Mario Draghi

Anche l’Unione Europea potrebbe presto finire nel mirino della politica commerciale americana. Il deficit commerciale USA con l’Ue è di 150 miliardi di dollari, e Germania e Italia – che vantano i surplus più alti – hanno molto da perdere. Tuttavia, un riequilibrio potrebbe rappresentare un’opportunità, a patto di rafforzare le politiche industriali e rilanciare gli investimenti tecnologici interni, come suggerisce il Rapporto Draghi.

«I dazi non sono la soluzione» ha spiegato nei giorni scorsi il professor Corò. «Se vogliamo davvero riequilibrare il commercio mondiale, serve più cooperazione internazionale e una tassazione più equa per le multinazionali».

Le regioni più esposte

In attesa di conoscere le effettive imposizioni tariffarie, anche sui prodotti italiani da parte degli Stati Uniti, Prometeia un provider particolarmente qualificato di servizi di consulenza, soluzioni tecnologiche e ricerca, ha elaborato uno studio. O meglio una simulazione, sull’impatto che avrebbero i dazi decisi da Trump, sul territorio italiano. E ovviamente sulle relative imprese esistenti.

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Liguria, Molise, Basilicata e Sardegna sarebbero le regioni più esposte all’impatto dei dazi. La maggiore debolezza di questi territori deriva dalla combinazione di due fattori: il peso del mercato statunitense per l’esportazione regionale da un lato; la concentrazione delle esportazioni nei settori soggetti a dazi dall’altro.

In Liguria in particolare i dazi andrebbero a incidere per l’11% sull’export diretto negli Stati Uniti, mercato che assorbe quasi 1/3 dell’export regionale, ed è rilevante in settori chiave del territorio come cantieristica navale e prodotti petroliferi raffinati. Appena inferiore il posizionamento rispetto al potenziale shock del Molise, che destina oltre un quarto del proprio export al mercato USA.

Per la regione, penalizzata soprattutto dall’aggravio di costi di chimica e automotive, l’incidenza dei dazi arriverà all’11%.

Il Lazio e la vocazione all’export

Foto © IchnusaPapers / AIafrate

La propensione all’export delle regioni più esposte allo shock dei dazi americani (Campania e Umbria oltre a Liguria, Molise, Basilicata e Sardegna) è comunque inferiore alla media nazionale, mettendole per certi versi più al riparo dall’attuale periodo di turbolenza. Si tratta, tuttavia, di territori che hanno intrapreso negli ultimi anni un percorso di internazionalizzazione che ha visto il contributo costante del mercato americano: uno scenario che potrebbe essere compromesso con gli aumenti tariffari.

Il Lazio, dall’applicazione dei dazi USA, avrebbe un effetto non particolarmente impattante. Lo si evince dalle rilevazioni di Promoteia che evidenza queste percentuali nella Regione:

Descrizione Valore
% Valore dazi su esportazioni verso USA 6,22
% Export verso USA su totale export regionale 9,04

In ogni caso, i settori maggiormente coinvolti, sarebbero il farmaceutico, Alimentare, automotive e sistema della moda. In particolare Farmaceutico ed Automotive rappresentano la prima voce dell’Export Laziale ed anche della provincia di Frosinone. Ma per frtuna delle imprese laziali e ciociare solo una parte del loro export è diretto verso gli Usa. Quanto? Abbastanza da incidere?

La situazione nelle province del Lazio

Il Centro studi ed elaborazioni statistiche di Prometeia ha pubblicato, sul proprio sito web, anche una cartina interattiva dell’Italia, suddivisa per province, colorate con sfumature di colore, che va dal bordeaux al rosa chiaro:

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Più scuro significa che l’indice di esposizione di quel territorio ai dazi di Trump è alto. Più chiaro l’indice di esposizione è molto basso. Da calcoli emerge questa situazione nelle province del Lazio.

Provincia indice di esposizione ai dazi

Provincia Livello
Frosinone Basso
Latina Molto Basso
Roma Basso
Viterbo Molto Basso
Rieti Molto Basso

Resta ora da capire se i dazi avranno effetti sulle scelte strategiche per il comparto dell’Automotive nella provincia di Frosinone, interessato da un radicale cambiamento di rotta. E sul comparto Chimico Farmaceutico dopo la recente acquisizione di Catalent da parte di Novo Nordisk: uno degli stabilimenti principali del nuovo corso sarà Anagni.

I dazi rischiano di cambiare le regole del gioco. Proprio in quei due settori strategici.



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