Destra in tilt per il primo caso di suicidio assistito in Lombardia

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Il primo caso di suicidio medicalmente assistito in Lombardia getta le destre quasi nel panico. La maggioranza di governo scopre improvvisamente che in Italia il diritto ad una buona morte esiste già, anche senza una legge regionale come quella di cui si è dotata qualche giorno fa la Toscana per evitare ai malati terminali lunghe attese e tempi incerti, e contro cui si è scagliata l’ira dei teocon. Cosicché le acque apparentemente chete della coalizione ultra conservatrice sono state inquinate ieri da ulteriori veleni, con FdI e FI che parlano di «fughe in avanti» delle Regioni, a tal punto da costringere Guido Bertolaso, assessore regionale al Welfare (per Berlusconi era «l’uomo della provvidenza»), a intervenire per pacificare gli animi giurando che tutto è andato secondo le regole imposte dalla Corte costituzionale con la famosa sentenza Cappato/Antoniani del 2019 e più recentemente con il pronunciamento 135 del 2024.

Il caso – che la famiglia ha divulgato solo ieri malgrado un’anticipazione del Corriere della Sera – è quello di “Serena” (nome di fantasia), cinquantenne affetta da sclerosi multipla progressiva da oltre 30 anni, morta suicida qualche settimana fa nella sua abitazione in Lombardia grazie al farmaco letale e alla strumentazione necessaria forniti dal servizio sanitario regionale, dopo nove mesi di attesa dal momento in cui ne aveva fatto richiesta. Nel suo ultimo gesto è stata assistita dall’anestesista Mario Riccio, consigliere generale dell’Associazione Coscioni che ricordiamo nel 2006 al capezzale di Piergiorgio Welby – cattolico praticante a cui la Chiesa negò i funerali – e da quel giorno ad oggi si è messo al servizio di molti pazienti malati terminali. È il sesto suicidio medicalmente assistito avvenuto in Italia per effetto della sentenza 242 della Consulta.

Ma proprio a causa della mancanza in Lombardia di una legge che stabilisca il timing della procedura, gli ultimi mesi di “Serena” sono stati funestati ulteriormente dai ritardi dell’azienda sanitaria, superati soltanto grazie all’impegno del collegio legale dell’associazione Coscioni. A spiegarlo sono l’avvocata Filomena Gallo e Marco Cappato: «Si conferma così nei fatti ciò che avevamo sostenuto anche in occasione dell’irresponsabile decisione del Consiglio regionale di dichiararsi incompetente in materia. Se fosse stata in vigore la nostra legge di iniziativa popolare “Liberi subito”, Serena avrebbe potuto seguire una procedura chiara e definita invece di dover affrontare, insieme al personale sanitario, una corsa a ostacoli iniziata nel maggio 2024». I due dirigenti dell’associazione chiedono quindi «al presidente Fontana di tornare sulla materia, riesaminando il contenuto della nostra legge e emanare un atto di Giunta, come preannunciato dal presidente Zaia in Veneto».

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È invece costretto a difendersi, il governatore leghista Attilio Fontana: «Non è questione di autorizzare – ha risposto a chi gli chiedeva conto del primo suicidio assistito in Lombardia -, l’autorizzazione l’ha data la Corte costituzionale con le proprie sentenze. Noi non abbiamo fatto altro che, attraverso il codice etico, trovare delle linee di condotta che verranno estese a tutta la Regione». Bertolaso conferma: tutto, dice, «si è svolto in assoluta coerenza con la Costituzione. Da un punto di vista scientifico e giuridico credo che si sia trattato di un tragitto indiscutibile e rappresenterà un punto di riferimento, se si dovessero ripetere casi del genere». In ogni caso Fontana, come molti suoi colleghi, implora gli alleati della maggioranza affinché si stabilisca con una legge ad hoc «una linea nazionale», altrimenti a ciascuna regione non rimane che seguire «le disposizioni dei propri codici etici».

I due vicepremier cercano una soluzione: Antonio Tajani insiste sulla posizione di Forza Italia: «Non può esserci una competenza regionale, deve esserci una competenza nazionale», e spera che il Parlamento intervenga per affossare la sentenza della Consulta e tornare agli anni di Eluana Englaro, per «ben distinguere tra il suicidio assistito e l’accanimento terapeutico» a cui «siamo tutti contrari». Matteo Salvini chiede invece lumi ai suoi follower sui social con la domanda: «Sarebbe giusto, secondo te, che il Parlamento approvasse una legge sul fine-vita, per stabilire criteri, modi e tempi per permettere ai malati terminali di decidere, in piena coscienza, di porre fine alla propria esistenza?».

In attesa che Salvini venga illuminato da eventuali giuristi di tastiera, il movimento Eumans fondato da Cappato insieme ad altre 30 associazioni europee sta raccogliendo firme in tutto il continente (finora «più di 30 mila») su una petizione da presentare al Parlamento di Strasburgo affinché l’aiuto alla morte volontaria venga inserita nella Carta dei diritti fondamentali Ue.



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