Discriminazioni contro le minoranze religiose in Tv. La protesta

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Discriminazioni contro le minoranze religiose in Tv. La protesta degli studiosi

Il sito Bitter Winter ha pubblicato un articolo a cura di rappresentanti di centri e associazioni che si battono da tempo contro la discriminazione verso le minoranze religiose, diffusa anche in Italia. Lo riproponiamo integralmente:

“In questo mese di febbraio la trasmissione televisiva “Zona Bianca” ha mandato in onda episodi dedicati ai Testimoni di Geova che rappresentano, a nostro avviso, un esempio di come il giornalismo televisivo “non” dovrebbe trattare il delicatissimo argomento delle minoranze religiose.

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Le trasmissioni hanno dato voce esclusivamente a critici militanti e “apostati”, una parola quest’ultima che non è un insulto ma un termine tecnico usato in sociologia per definire chi fa parte di quella minoranza di ex-membri che diventano critici militanti della religione che hanno abbandonato.

La grande maggioranza degli ex-membri di una qualunque religione non sono “apostati”. Proprio in merito alle accuse di manipolazione di adulti e minori lanciate dalla trasmissione, i media dovrebbero considerare che gli apostati non sono rappresentativi del più vasto universo dei nuovi movimenti religiosi. Gli apostati costituiscono una minoranza, né sono per definizione gli unici e più affidabili testimoni di come si svolge la vita entro i nuovi movimenti religiosi. Sì, essi ne hanno fatto parte, ma lo stesso si può dire dei molti membri o ex membri che non sono diventati apostati. Gli apostati sono spesso diventati tali perché hanno subìto un processo di socializzazione entro la comunità e l’ideologia anti-sette e per l’attivismo che dimostrano nel combattere i movimenti che hanno abbandonato; fattori, questi, di per sé ovviamente rilevanti in termini di distorsione e pregiudizio. Accettare che quella raccontata dagli apostati in merito a un nuovo movimento religioso sia “la verità” sarebbe come giudicare la statura morale di una persona divorziata sulla base della testimonianza di un ex coniuge arrabbiato, o basare la propria comprensione della Chiesa Cattolica sulla sola testimonianza di ex sacerdoti che hanno ragioni di risentimento nei suoi confronti.

È vero che alla trasmissione erano stati invitati due studiosi dei Testimoni di Geova firmatari di questo documento, prima Massimo Introvigne, che però si trovava in India, quindi constatata la sua indisponibilità Raffaella Di Marzio, che ha rifiutato a causa della evidente sproporzione fra voci critiche e voci favorevoli ai Testimoni di Geova o almeno neutrali. Queste voci sono così risultate del tutto assenti. Incredibilmente, i Testimoni di Geova stessi non sono stati neppure consultati per la prima puntata, mentre per la seconda la loro offerta di rispondere a domande scritte è stata del tutto ignorata e la rettifica che hanno inviato alla redazione in relazione alla prima puntata è stata solo brevemente parafrasata.

Più che a una “Zona Bianca” abbiamo così assistito a una “zona franca” dove è passato di tutto purché incitasse alla discriminazione e all’avversione contro i Testimoni di Geova. La trasmissione è caduta in un vizio antico dei reportage cosiddetti “anti-sette”, uno sguardo che si basa quasi esclusivamente su generalizzazioni e stereotipi, e che, ad esempio, ignora l’evoluzione temporale delle organizzazioni religiose, in particolare per quanto riguarda i Testimoni di Geova le recenti modifiche in tema di trattamento degli ex-membri separati dall’organizzazione o “apostati” o della vigilanza a protezione dei minori possibili vittime di abusi sessuali, che anche esperti di diverse nazioni hanno paragonato favorevolmente alle pratiche di altre organizzazioni religiose. Un altro effetto distorsivo consiste nel presentare singoli casi di abusi, purtroppo presenti in qualunque organizzazione religiosa, come se fossero rappresentativi della vita quotidiana dei Testimoni di Geova, il che è certamente falso.

Ci è sembrato che alcuni intervenuti fossero del tutto all’oscuro di questi sviluppi, come di una giurisprudenza internazionale e italiana anche recente (cfr. Cassazione, n. 9561, 13 aprile 2017) che considera il cosiddetto “ostracismo” (termine che peraltro i Testimoni di Geova non usano), anche come veniva praticato prima delle recenti modifiche, una pratica che non viola alcuna norma penale o civile. Si è anche ignorato che la giurisprudenza ha risolto con principi di buon senso, riconoscendo anche che i genitori in questione hanno mantenuto un atteggiamento ragionevole e responsabile (cfr. Tribunale dei Minori di Genova, n. 1109/19, 6 maggio 2019; Tribunale dei Minori di Milano, n. 1110/2014, 15 gennaio 2014), i rari casi relativi alla trasfusione di sangue prescritta a figli minori di Testimoni di Geova (quanto ai maggiorenni, hanno ovviamente diritto a rifiutare cure mediche in contrasto con le proprie convinzioni, compresa la trasfusione di sangue, come recentemente ribadito dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo nella sentenza “Pindo Mulla” del 17 settembre 2024).

Le minoranze religiose sono spesso vittima di odio, violenza e discriminazione. Il giornalismo, specie televisivo, che crea “zone franche” per le narrative discriminatorie ha la grave responsabilità di alimentare questi odiosi fenomeni”.

Alessandro Amicarelli – Presidente, European Federation for Freedom of Belief (FOB)

Luigi Berzano – Università di Torino; Presidente, Osservatorio del Pluralismo Religioso

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Francesco Curto – Presidente, Fedinsieme

Raffaella Di Marzio – Direttrice, Centro studi sulla libertà di religione, credo e coscienza (LIREC)

Massimo Introvigne – Direttore, Centro Studi sulle Nuove Religioni (CESNUR)

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