nessun nesso tra sovraffollamento e suicidi

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“Secondo le nostre analisi la maggior parte delle persone che si sono tolte la vita in carcere erano stati autori di reati di maltrattamenti in famiglia, mentre una buona percentuale erano invece persone ristrette per misura cautelare, dunque in attesa di processo. Non ci sono evidenze sul nesso tra sovraffollamento e suicidi. Su questo fenomeno c’è però da dire che 19mila detenuti che hanno pene residue fino a tre anni, sulla base nella normativa potrebbero uscire dal carcere optando per misure alternative. Mala burocrazia e la carenza di risorse creano ostacoli”. Così Irma Conti, del collegio del Garante nazionale dei detenuti dopo gli ultimi due suicidi avvenuti nelle carceri italiane nelle ultime ore. 

Il primo suicidio è avvenuto ieri pomeriggio a Prato dove un detenuto d’origine nordafricana poco più che ventenne si è tolto la vita inalando il gas della bomboletta da campeggio in uso comune per la preparazione dei cibi. Il secondo stamane all’alba presso la casa circondariale di Sollicciano dove un recluso rumeno di 39 anni si è impiccato nel bagno della sua cella. “Sale così a 11 la tragica conta dei ristretti che si sono suicidati dall’inizio dell’anno, 2 a Sollicciano, cui bisogna sommare un operatore” ha reso noto Gennarino De Fazio, segretario generale della Uilpa Polizia Penitenziaria.

 

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carcere di Sollicciano, Firenze (Lapresse)

Garante Toscana Fanfani: se stillicidio non sarà interrotto, saremo tutti complici

“Ormai le parole non bastano più. Non basta indignarsi, esprimere cordoglio, vicinanza, organizzare visite per toccare con mano la drammatica situazione di carceri fatiscenti dove tutto sembra possibile tranne riabilitazione e una vita dignitosa. Se questo stillicidio non viene interrotto, saremo tutti complici”. Così il garante per la Regione Toscana dei detenuti, Giuseppe Fanfani dopo il secondo suicidio nel carcere fiorentino di Sollicciano. Sulla struttura il garante si è espresso più volte con fermezza: “deve essere abbattuto e dismesso. Non risponde ad alcuno dei requisiti e delle finalità previste dalla Costituzione” e cita anche l’istituto di Prato “sostanzialmente nelle stesse condizioni di Sollicciano”.”Non ci si suicida per caso. Si sceglie di morire a trenta anni quando si è sopraffatti dalla disperazione, dalla mancanza di speranza o anche solo di una parola di conforto. In carcere manca tutto, ma manca soprattutto una prospettiva di riabilitazione e di reinserimento. Manca una mano amica che ti accompagni in un percorso riabilitativo. Nessuno in questi lunghi anni lo ha compreso o ha avuto il coraggio di misurarsi con questo impegno e la politica in genere ha dimostrato di non essere né disponibile né preparata” dichiara ancora il garante che conclude: “questo sistema detentivo genera solo disperazione e morte”.

SAPPE:  carceri di Prato e Firenze sull’orlo del collasso, troppi detenuti con problemi psichiatrici

“Oramai non ci meravigliamo più di questi eventi drammatici, considerato le condizioni dei due istituti di Prato e Firenze” è il commento di Francesco Oliviero, segretario del sindacato Sappe in Toscana. Nel carcere della Dogaia a Prato, aggiunge, “il detenuto conosciuto come soggetto instabile, si era reso varie volte protagonista di disordini all’interno dell’Istituto. Sembrerebbe che lo stesso abbia assunto farmaci e abbia inalato del gas da un fornellino che sono in uso per cucinare”: “Lo diciamo da troppo tempo che negli istituti penitenziari toscani, soprattutto alla Dogaia, ci sono troppi soggetti con problemi psichiatrici. Gli stessi richiedono una gestione ‘diversa’, servono mezzi e personale qualificato, ma l’amministrazione penitenziaria sembra che non voglia affrontare il problema. La Dogaia sta vivendo già da diversi anni il problema della mancanza di un direttore e una comandate in pianta stabile, rendendo ancora più difficile la gestione dell’istituto, già stremato dal sovraffollamento dei detenuti e dalla mancanza di personale”. “Ci auspichiamo che il 2025 non sarà l’ennesimo anno grigio per la Dogaia, solo il 2024, quattro sono i detenuti che si sono tolti la vita, più di 20 invece le aggressioni gravi subite dal personale di polizia”. Riguardo a Sollicciano, il detenuto  che si è ucciso era stato “appena trasferito dall’istituto di Siena”, è “ormai è da tempo fuori controllo, e ha una struttura che secondo le norme vigenti non può definirsi un istituto penitenziario con finalità custodiali e rieducative. Sono indispensabili da parte del Dap prese di posizioni chiare sul destino di questo Istituto. Gli agenti sono stremati e non riescono più a sostenere la pressione lavorativa che quotidianamente sono sottoposti”.   “Questi ulteriori suicidi avvenuti nelle carceri di Prato e di Sollicciano, a Firenze, deve far riflettere sulla condizione in cui vivono i detenuti e su quella in cui è costretto adoperare il personale di polizia penitenziaria”. 

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