Redistribuzione e lotta all’evasione: «La tassa sui ricchi non è un tabù». Ma Fratoianni la vuole in Italia, Schlein in Europa e Conte in tutto il mondo
Fratoianni la sostiene con entusiasmo, Schlein dice che non è un tabù, Conte è più vago e guarda all’Europa. Se sul lavoro le proposte comuni non mancano, dal salario minimo alla riduzione dell’orario a parità di salario, con lo “spettro” della patrimoniale le cose cambiano. Sui principi generali per una riforma del fisco i leader del centrosinistra sono d’accordo, ma quando si parla di proposte concrete le posizioni divergono. Per questo evitano di entrare nei dettagli, insistendo sulla diagnosi della situazione e sugli attacchi al governo.
È stata una cartina da tornasole sullo stato del campo largo l’incontro promosso ieri da Oxfam Italia, dalla commissione Icrict e dal centro studi Nens. Cosa serve per rendere i sistemi fiscali più equi e progressivi e rafforzarne il potenziale ridistributivo, al fine di ridurre le disuguaglianze che attraversano la società? In platea c’erano la segretaria del Pd Elly Schlein, il presidente del M5s e il segretario di Avs Nicola Fratoianni, in una delle poche occasioni in cui si mostrano insieme.
Le ultime photo opportunity erano state per le elezioni regionali in Liguria, lo scorso ottobre, e per la chiusura della campagna elettorale in Umbria, a novembre. Ma sono eventi che Conte non ama, temendo di apparire appiattito sulle posizioni del Pd: una vicinanza che non piace a una parte degli elettori del M5s e che non paga a livello elettorale. Eppure ieri i tre erano in prima fila ad ascoltare il premio Nobel per l’Economia Joseph Stiglitz, una delle più forti voci critiche della globalizzazione e del neoliberismo, a Roma per un evento organizzato dalla Pontificia accademia di scienze sociali.
Un sistema regressivo
Analisi e proposte per l’Italia sono state affidate a Giuseppe Pisauro, presidente del Nens (il centro studi fondato dagli ex ministri Bersani e Visco). Secondo l’ex presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio, va preso atto che «in un paese con un sistema di welfare e un debito pubblico come quelli italiani non si possono ridurre di molto le tasse se non tagliando il welfare». Per questo bisogna redistribuire il carico fiscale per rimediare alle iniquità, in particolare alla differenza di trattamento tra lavoro dipendente e autonomo, e affrontare seriamente il tema dell’evasione.
Andrea Roventini, economista della Scuola Sant’Anna di Pisa, ha invece presentato una ricerca che mostra come il sistema italiano sia molto regressivo nella parte alta della distribuzione del reddito: da noi i contribuenti più ricchi pagano un’aliquota fiscale effettiva inferiore al resto della popolazione. «Tassare di più il capitale, anche con una patrimoniale sul 5 per cento più ricco, consentirebbe di ridurre la disuguaglianza e aumentare il gettito. Risorse che potrebbero essere impiegate per aumentare la spesa per sanità, istruzione e investimenti pubblici», ha detto Roventini.
Proposte comuni
Negli scorsi mesi Schlein, Conte e Fratoianni avevano tentato di accordarsi per proporre una riforma unitaria del fisco, anche per non dare l’impressione di essere passivi di fronte alle misure messe in piedi dal viceministro dell’Economia Maurizio Leo. E per reagire alla narrazione sul «taglio delle tasse per tutti», che da anni il centrodestra è riuscito a imporre. Ma finora i tre non ci sono riusciti, soprattutto per le posizioni del M5s e di Conte, oscillanti nel tempo e non sempre nette. Su questo non sembra che si siano fatti progressi.
«C’è una vera emergenza democratica, nella storia dell’umanità non c’è mai stata tanta concentrazione di potere economico, politico e tecnologico. Oggi la politica è servile, accessoria rispetto all’economia e alla finanza», ha detto il leader del Movimento 5 stelle. Parole a cui ha fatto eco l’intervento di Schlein: sulla diagnosi della malattia la sintonia non manca. «Il modello neoliberista ha fallito, la supposta capacità del mercato di autoregolarsi pure, la mano invisibile è così invisibile che non c’è», ha ironizzato la segretaria del Pd.
Certo, da Conte è arrivato un attacco a Meloni per la rottamazione delle cartelle, con la riapertura della rottamazione quater e l’idea di Matteo Salvini di un altro condono sotto il nome di rottamazione quinquies. A livello di proposte, però, l’ex premier è stato evasivo: «Non basta dire che serve una tassa sui più ricchi, prima bisogna spiegare alle persone che nel mondo si stanno accumulando grandi ricchezze». E poi, nel caso, la wealth tax dovrà essere imposta a livello globale «per impedire la fuga dei capitali verso i paesi più attraenti».
Tax the rich
Ma la parola “patrimoniale” Conte si è ben guardato dall’usarla, a differenza di Fratoianni: «Per molti è una parolaccia. Noi la pronunciamo testardamente da anni, con la nostra proposta di una tassa progressiva sui patrimoni superiori ai 5 milioni di euro e che cresca fino al 2-3 per cento oltre i 50 milioni. Poi possiamo discutere di come ridurre il rischio di fuga dei capitali, spesso usato come una clava contro chi parla di patrimoniale. E non facciamo passi indietro sulla global minimum tax, la cui difesa peraltro era nel programma di FdI».
Toni morbidi con gli alleati e più disponibilità all’ascolto – «Come diceva Giuseppe…», «Ha ragione Nicola…» – si sono invece sentiti nelle parole di Schlein, che ha rilanciato la direttiva europea sulla Ccctb, e quindi l’idea che le aziende debbano pagare le tasse dove fanno profitti. «Per quanto riguarda l’Italia concordo con la proposta di mettere l’equità orizzontale in Costituzione e non è un tabù neanche la tassazione dei grandi patrimoni, anche se meglio sarebbe farla a livello europeo. Poi avanti con la lotta all’evasione, al contrario di un governo che ha fatto più di 20 condoni. Però occorre che i progressisti siano pronti a fare questi sforzi insieme. Il Pd lo è, lo siamo tutti?».
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