sfruttare la ‘relazione speciale’ con Trump per evitare la guerra dei dazi europea

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“Che fare?”, si domandava nella primavera del 1902 Lenin, nel teorizzare una visione organizzata e sistematica per il suo partito. Ed è quello che in fondo tutti pensano si stia domandando anche Giorgia Meloni, alla luce dell’inevitabile scontro con gli Stati Uniti sul tema dei “dazi”. L’Italia si era opposta a quei “falchi” che in Europa agitavano la necessità di rispondere colpo su colpo alle minacce del trumpismo d’assalto, con la logica dei “dazi contro dazi”. Giorgia ha ribadito che, essendo Trump un negoziatore, l’approccio europeo non può che essere negoziale. E per molti critici della premier, questo sarebbe il tentativo di smorzare l’aggressività europea e soprattutto di non legare l’Italia a un cartello ostile a Washington.

La guerra dei “dazi” da evitare

Così in molti l’hanno raccontata, ricostruita e forse romanzata. L’Italia ha visto aprirsi un’opportunità all’orizzonte con l’arrivo di Trump alla Casa Bianca sul piano delle relazioni bilaterali, e sul ridisegnare il ruolo di Roma nei rapporti con Washington rispetto ai partner europei. Ma qui i canali per l’Italia sono due: il primo riguarda il ruolo di alleato militare e strategico e di “primo” partner europeo, oltre che per l’affinità politica con il tycoon, in quanto quello italiano a oggi è l’unico governo europeo stabile. Questione diversa è quella economica, dove il rischio di una guerra dei “dazi” è un problema per tutti, ma soprattutto per Germania e Italia.

Esercitare la ‘relazione speciale’ anche in chiave europea

È arrivato il momento in cui l’Italia e Meloni mostrino di saper esercitare questa “relazione speciale” e di farlo per sé ma anche per gli altri partner europei. In quest’ottica va letta la conferma fatta a von der Leyen da Giorgia, per cui il nostro paese sosterrà Bruxelles nella politica sui dazi. Un passo che ora deve essere corroborato dall’iniziativa italiana verso Washington, in attesa che le elezioni in Germania consacrino il leader della Cdu Merz, che ha più volte ribadito che il rapporto tra Meloni e Trump deve essere sfruttato da tutta l’Europa. Italia e Germania sono i paesi più esposti a una guerra dei dazi, e nei settori di maggior export si trovano ad avere due economie estremamente interconnesse. Ecco perché una sinergia Roma-Berlino è fondamentale per tutta l’Europa. Con buona pace di Parigi, che auspicava sin da subito lo scontro frontale, frenato dalla presidente del Consiglio.

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L’Italia ora deve proteggere le sue filiere e farsi capofila della risposta europea alla minaccia di Trump. L’occasione – la prima nell’immediatezza per affrontare congiuntamente il tema – sarà la riunione in videoconferenza del G7 il 24 febbraio, nell’anniversario dell’invasione dell’Ucraina. Qui Meloni aprirà anche la questione dei dazi, nonostante lo stato di avanzamento paventato da The Donald sul fronte dei possibili negoziati tra Russia e Ucraina rischia di assorbire l’agenda del consesso. Anche perché Giorgia si è spesa sin da subito per Kiev, ed è questo l’unico vero punto di divergenza – sulla carta – tra la premier e il presidente degli Stati Uniti. Così come Roma sarà chiamata al ruolo di mediazione nel caso Parigi e Londra si opponessero alle condizioni di pace proposte dagli Stati Uniti nel ruolo di mediatori con la Russia.

La materia è delicata ed è in questa fase che l’Italia può e deve dimostrare la sua maturità politica e diplomatica: quando la storia chiama, un grande paese non può non rispondere. E soprattutto, se si aspira a maggiore spazio di manovra, ne consegue l’assunzione di maggiori responsabilità.

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Nato nel 1994, esattamente il 7 ottobre giorno della Battaglia di Lepanto, Calabrese. Allievo non frequentante – per ragioni anagrafiche – di Ansaldo e Longanesi, amo la politica e mi piace raccontarla. Conservatore per vocazione. Direttore di Nazione Futura dal settembre 2022. Fumatore per virtù – non per vizio – di sigari, ho solo un mito John Wayne.

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