Se l’unico soggetto in giro sul quale scaricare sofferenza sociale e smarrimento identitario è l’immigrazione, le destre trionferanno. La vera risposta non è soltanto nota, ma arrivata come autodenuncia: «C’è la guerra di classe, noi i ricchi la stiamo vincendo» (Warren Buffet, New York Times, 26/11/06). Il “nemico vero” dei lavoratori e delle classi medie spiaggiate sono dunque gli oligarchi della finanza, dei media, delle multinazionali
Nei giorni scorsi, grande attenzione è stata dedicata alle politiche di gestione delle immigrazioni dei governi di centrosinistra, da ultimo da Keir Starmer, premier del Regno Unito. Si è stigmatizzato l’inseguimento della destra su un’agenda regressiva. Ma è questo il punto decisivo?
Accettiamo la lettura dell’impoverimento del lavoro e dell’ansia da insicurezza delle classi medie come conseguenza degli immigrati, ma prospettiamo soluzioni diverse dalla ferocia delle destre? Gli immigrati non sono la principale, né tra le più rilevanti cause della svalutazione del lavoro e del risentimento diffuso. Anzi, sono essenziali nell’inverno demografico. Tuttavia, la realtà va oltre i numeri dell’Inps. L’impatto dell’immigrazione sulle fasce di lavoro poco qualificato, sulla sicurezza, in particolare delle periferie, e sullo spaesamento culturale, variabile immateriale ma incisiva, non è un’invenzione. Oltre il sacro dovere del soccorso di chi affoga in mare, i limiti alla capacità di integrazione esistono e rilevano, e le agghiaccianti previsioni di medio-lungo periodo sulla carenza di manodopera autoctona non li attenuano.
Qui, però, non si intende entrare nel merito delle politiche migratorie, a cominciare dalla rianimazione della cooperazione internazionale per promuovere il diritto a non emigrare. Qui, oltre a riconoscere il problema, si intende affrontare il nodo politico: se l’unico “nemico” in giro sul quale scaricare sofferenza sociale e smarrimento identitario è l’immigrazione, nonostante la disumanità delle misure minacciate o adottate, le destre trionferanno. Non vi sarà spazio per policy equilibrate.
Data l’impennata delle disuguaglianze e la precarizzazione delle vite, nella stagione del ritorno della Politica, il programma giusto non è sufficiente. Va proposta una visione, quindi un “nemico” riconoscibile. Altrimenti, la sinistra non recupera l’attenzione delle fasce sociali impoverite e smarrite. È essenziale il “nemico” vero, alternativo al nemico caricaturizzato dalla destra per tenere, come sempre, a riparo gli interessi al comando.
La guerra di classe
Chi è? La risposta non soltanto è nota, ma è arrivata come autodenuncia: «C’è la guerra di classe, ma è la mia classe, la classe di ricchi che sta facendo la guerra e stiamo vincendo» (Warren Buffet, New York Times, 26/11/06). Il magnate della finanza USA lo ammetteva pochi anni dopo che Tony Blair, idolo delle “Terze vie”, aveva affermato: «La guerra di classe è finita … siamo tutti classe media». Lo richiama in una convincente ricostruzione storica Pier Giorgio Ardeni (Le classi sociali in Italia, oggi, Laterza 2024).
Il “nemico vero” dei lavoratori e delle classi medie spiaggiate esiste: sono gli oligarchi della finanza, dei media, delle multinazionali, i loro manager ultramilionari e i loro intellettuali dolosamente organici nelle tecnostrutture “indipendenti”, nella comunicazione, nell’accademia e nella politica. Ad esempio, dall’altra parte dell’Atlantico, è quell’1% e la relativa corte bersagliati nel 2008 da quel 99% affogato nella tempesta dei mutui sub-prime. È, da questa parte, quella élites espressa dal presidente Macron, puntata dai gilets jaunes e dalle sterminate piazze di lavoratrici e lavoratori infuriati per ulteriori tagli alle pensioni.
Per far riconoscere il “nemico”, non è sufficiente nominarlo. Vanno evidenziate le sue armi. Vanno riconosciuti i meccanismi di accumulazione del potere abilmente mascherati dall’operazione egemonica post ‘89. È il «capitalismo degenerato» evocato qui da Fabrizio Barca. Va denunciata, quindi, la regolazione neo-liberista, dominante anche nei Trattati Ue, radicalmente contraddittori con l’Art. 41 della nostra Costituzione: è stata l’eliminazione di ogni vincolo e funzione di utilità sociale ai movimenti di capitali, merci, servizi e persone a succhiare dignità e futuro al lavoro e, conseguentemente, a concentrare reddito, ricchezza, potere economico, mediatico e politico nelle mani di una ristrettissima oligarchia cosmopolita. È stato il mercato assoluto a svuotare le democrazie fondate sul welfare. In particolare, nel “Vecchio Continente”, attraverso lo sleale mercato unico europeo, ancora più feroce verso il lavoro dopo il disinvolto allargamento a Est.
Non vi sono scorciatoie. Urge intenso e faticoso impegno culturale e politico per rilegittimare ed estendere il conflitto sociale funzionale agli interessi di lavoratrici e lavoratori. È proprio il conflitto esorcizzato come «tossico» dalla nostra Presidente del Consiglio.
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