Festival di Sanremo. Fabris: “Olly è stato profetico: ci siamo addormentati con il telecomando in mano” / Schermi / Rubriche / La Difesa del popolo

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L’anno scorso il Festival di Sanremo l’ha vinto Angelina Mango con una canzone intitolata “La noia”. È stata forse una profezia sul Festival 2025, segnato da ritmi serrati per rispettare gli orari, poco spazio per battute, creatività e innovazione, zero polemiche, molta omologazione. Il direttore artistico e conduttore, Carlo Conti, nella conferenza stampa conclusiva della kermesse canora, lo ha definito un Festival “baudiano”. Ma può essere vincente una formula vecchia nel 2025? Gli ascolti hanno premiato Conti, eppure qualcosa è mancato… Ne parliamo con Adriano Fabris, professore di Filosofia morale e di Etica della Comunicazione all’Università di Pisa.

Professore, com’è andato il Festival 2025?

Per avere un osservatorio più ampio, ho creato 3 gruppi di ascolto, uno composto da Generazione Z e qualche millennial, un altro da trentenni e infine uno tra i 45 e i 65 anni. Il risultato è stato lo stesso: si sono addormentati.

Un Festival soporifero?

In conferenza stampa Carlo Conti ha parlato di un Festival “baudiano”, cioè che voleva smussare tutti gli angoli, evitare le polemiche. Questa poteva essere una comprensibile esigenza, il problema è che bisogna mantenere desta l’attenzione del pubblico.

Questo aspetto è stato tentato in alcune serate con l’inserimento più o meno riuscito di ospiti, co-conduttori e co-conduttrici, ma nell’ultima serata, quella più importante, è sembrato che tutte le cartucce fossero state già sparate e poco hanno portato Alessandro Cattelan e Alessia Marcuzzi. Lo stesso Venditti aveva meno verve di Jovanotti, nella serata di apertura. In generale, l’impressione è che tutti non sapessero cosa dire sul palco. L’apice è stato toccato dal calciatore Edoardo Bove, che per dieci minuti ha tentato di ripetere una lezioncina imparata a memoria. Il messaggio era anche importante ma si poteva dirlo in modo più conciso. Tutti e tre i miei gruppi di ascolto mi hanno detto che si sono addormentati a quel punto.

Quindi la scelta di fare un Festival “baudiano” non ha portato grandi risultati, anche se gli ascolti hanno premiato la kermesse?

Direi che questo è stato anche un Festival delle copie: Francesco Gabbani la copia di Domenico Modugno, i Coma Cose dei film sulla famiglia Adams, Shablo con featuring Gue, Joshua e Tormento la copia di ciò che avveniva negli Stati Uniti dieci/venti anni fa, recuperato in un contesto italiano, giovani cantanti che sembravano la copia di altre.

La vera domanda è: che fine ha fatto la canzone italiana di cui il Festival di Sanremo dovrebbe essere la celebrazione?

Dove c’è l’originalità, la proposta della canzone italiana? C’è una via della canzone italiana? O è solo la copia del rap o di melodie stantie?

E come risponde a queste domande?

La canzone italiana, in questa occasione, a parte Giorgia, espressione della canzone melodica cantata da chi ha voce, è stata forse salvata dai cantautori, che hanno presentato prodotti più nuovi, Lucio Corsi, Brunori Sas, Simone Cristicchi.

Sono loro che, a mio avviso, pur nella scia di una tradizione consolidata, hanno presentato qualcosa di diverso dagli altri, che sono stati abbastanza omologati, copie di qualcosa di già conosciuto e quindi più facilmente riconoscibile dal pubblico, o gonfiati, come nel caso di Fedez che è giunto alla cinquina finale, anche grazie alle polemiche che hanno tenuto banco negli ultimi tempi.

Dunque, un Festival poco innovativo?

È stato un Festival che ha utilizzato l’usato sicuro: Roberto Benigni o i Duran Duran. È vero che l’usato è sicuro, ma è pure un po’ consunto, manca la sorpresa.

Abbiamo individuato molte ombre, ci sono state luci?

Il fatto positivo, non so quanto gestito, è il fatto che sia stato un Festival multicanale. Ne ho avuto una dimostrazione pratica dai miei tre gruppi di ascolto, che hanno seguito il Festival non solo in tv, ma anche su RaiPlay e sui social. Un grande peso sul risultato finale del Festival l’hanno avuto proprio i social: Olly nei pochi giorni di Sanremo ha conquistato 300mila follower su Instagram, aumentati di altri 100mila dopo la vittoria. La sua vittoria su Lucio Corsi è stata per un soffio, grazie al televoto. D’altra parte, Giorgia non è arrivata nella cinquina perché non è riconosciuta adeguatamente dal popolo dei social, mentre è comprensibile che il pubblico in sala riconoscendone il valore abbia protestato. Tra l’altro, l’uso dei social cambia la narrativa di Sanremo: le canzoni sono isolate dallo spettacolo e facilmente si eliminano le parti più noiose. Ma anche qui c’è un prezzo da pagare:

vengono premiate “canzonette”, come direbbe Edoardo Bennato, che sono più da social, da tormentone, più spezzettabili. Viene a mancare l’attenzione al testo, d’altra parte è mancata la poeticità ai testi.

Mi ha colpito l’inconsistenza delle frasi della canzone vincitrice, “Balorda nostalgia”, che certo non rimarranno nella storia: “Ti cerco ancora in casa quando mi prude la schiena”. Lo stesso possiamo dire per “Incoscienti giovani” di Achille Lauro: “Se non mi ami muoio giovane”.

Il Festival di Sanremo 2025 quanto è stato lo specchio dell’Italia di oggi?

Aldo Grasso ha parlato di Festival della rassegnazione. Considerando che effettivamente il Festival è uno dei pochi momenti in cui ci si ritrova in un’unità nazionale, con tutti incollati alla tv, al pc o alla smartphone a seguire la kermesse, tanto che i dati di ascolto hanno molto premiato questa edizione,

io parlerei di un Festival della disattenzione o della distrazione: il senso dell’impostazione contiana del Festival è quella di distrarre.

Viviamo in uno dei momenti storici recenti più complessi, ma di tutto questo non c’è stata minimamente traccia nelle canzoni né sul palco dell’Ariston.

Cosa consiglierebbe a Conti per il Festival 2026?

Dal punto di vista delle canzoni, suggerirei che uno stesso autore non possa partecipare alla stesura di più di tre canzoni, altrimenti se gli stessi autori scrivono quasi tutte le canzoni, com’è successo quest’anno, i mood e i colori sono abbastanza uniformi, incapaci di rompere la noia e attirare l’attenzione. Voglio citare di nuovo la canzone vincitrice: “Ci bastava… poi stare in silenzio per ore. Fino ad addormentarci sul divano. Con il telecomando in mano”.

Olly, con il suo testo, è stato profetico su come sarebbe stato quest’anno il Festival: ha fotografato l’Italia.

Dai tre suoi gruppi di ascolto che feedback ha avuto?

Generazione Zeta e qualche millennial tutti a favore di Lucio Corsi e Brunori Sas, i trentenni Brunori Sas e Lucio Corsi, i più adulti Brunori Sas, Lucio Corsi e Giorgia. A loro che andavano dai 45 ai 65 anni non è piaciuto per niente Simone Cristicchi, forse perché una situazione come quella cantata potrebbe accadere e fa paura, insomma non funziona con l’intento della distrazione.





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