A Favignana si parla di mafia solo se è «all’ordine del giorno»

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Spettacolare e grottesca seduta del Consiglio comunale delle Egadi. Mentre sfiduciano il sindaco Francesco Forgione, i consiglieri lo zittiscono mentre lui ricorda il potere dell’ex senatore Tonino D’Alì attualmente detenuto: «Sei fuori tema e contro l’articolo 17 del regolamento»

Se la mafia non è “all’ordine del giorno” non se ne può parlare. Quando si pronuncia quella parola bisogna sempre concordarlo prima, e tutti insieme, senza colpi di teatro a sorpresa che possono disorientare o, peggio, trarre in inganno la cittadinanza, in questo caso gli abitanti della bellissima isola di Favignana.

Una notizia che arriva dalla Sicilia vale la pena di riprenderla perché svela come, accanto a una Sicilia furba e mafiosissima che fa finta di essere contro la mafia, ci sia sempre un’altra Sicilia primitiva, ruspante, grezza, che non riesce a liberarsi dei vecchi cliché trascinandosi inevitabilmente nel grottesco.

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In nome della correttezza istituzionale e del rispetto delle regole, mentre stavano sfiduciando il sindaco dell’arcipelago delle Egadi (ormai ex sindaco) Francesco Forgione, presidente della commissione parlamentare Antimafia dal 2006 al 2008, sono riusciti a fermarlo e a cucirgli la bocca in seduta comunale.

Avversato dal notabilato locale

La sua colpa: ricordare la mafiosità di certi personaggi attualmente ospiti delle carceri italiane. L’ha fatto come ultimo atto prima della sua cacciata, dopo quattro anni e cinque mesi turbolenti sempre in bilico sulla sedia di primo cittadino di Favignana. Senza un partito alle spalle, fin da principio fortemente avversato dal notabilato locale, la sua lontananza da affari e appetiti non l’ha reso particolarmente popolare.

E poi il sipario finale. Perché lì, difronte alla misteriosissima Trapani, scopriamo ancora oggi che per “combattere la mafia” o appena citarla, un sindaco ha bisogno del permesso dei suoi consiglieri altrimenti deve stare zitto e attenersi all’“ordine del giorno”, come recita l’articolo 17 del regolamento del Consiglio comunale di Favignana. Questo gli hanno gridato in aula: «Il regolamento, il regolamento…non si può parlare d’altro… l’articolo 17 non permette di andare fuori tema…».

Così Francesco Forgione, che porta il nome e il cognome di Padre Pio, il famosissimo santo di Pietrelcina, è stato malamente zittito mentre raccontava dei «tempi bui» e dello strapotere del senatore Tonino D’Alì, banchiere, padrone delle saline, proprietario terriero, in rapporti con i Messina Denaro di Castelvetrano e contemporaneamente sottosegretario all’Interno (grandissima la nostra Italia!) ma al momento detenuto per concorso esterno in un penitenziario lombardo.

I vizi che non si perdono

Tutto registrato, audio e video, con un paio di consiglieri esagitati – il più votato Antonino Lo Iacono e poi Kim Ernandez, figlia di un ex sindaco rimosso qualche anno fa e molto amico di D’Alì – che gli hanno rinfacciato di deragliare dalla discussione solo perché aveva fatto cenno al senatore e anche ad appalti intorno alla società elettrica dell’isola.

Senza entrare nel merito della vicenda amministrativa e dell’impeachment del sindaco, la seduta del Consiglio comunale di Favignana di venerdì 14 febbraio si è trasformata in una lezione magistrale di linguaggio (siciliano antico) e ci ha riportato in un passato lontano che a quanto pare non è mai abbastanza lontano.

Eravamo sempre sul mare di Trapani ma sull’altra costa, a Pizzolungo, dove il 2 aprile del 1985 una bomba che avrebbe dovuto uccidere il magistrato Carlo Palermo ha fatto saltare in aria Barbara Rizzo e i suoi due figli, gemelli di sei anni, Giuseppe e Salvatore. La strage di Pizzolungo seminò terrore ma scatenò anche le reazioni più imprudenti e comiche.

Come quella di Erasmo Garuccio, maestro elementare e al tempo sindaco di Trapani che, con la fascia tricolore addosso, si fece conoscere da tutt’Italia per la solita frase «la mafia qui a Trapani non esiste». Garuccio, sempre più spericolato, aggiunse: «La bomba? Sicuramente non sono stati i trapanesi». Un’esibizione che conquistò la prima pagina di Repubblica con una memorabile vignetta di Giorgio Forattini.

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Sono trascorsi esattamente quarant’anni e, da quelle parti, non hanno perso il vizio. Questa volta però sostenuti dal regolamento: «Ogni intervento deve riguardare solamente l’argomento in discussione…».

 

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