La riduzione dei tassi da parte della Banca centrale europea (Bce) continuerà nei prossimi mesi portando il costo del denaro al di sotto del 2%, il livello considerato al momento di neutralità, cioè quello che non produrrebbe nessun effetto su inflazione e crescita. E’ la previsione che sta prendendo sempre più corpo tra economisti e analisti di fronte a uno scenario in cui la pressione sui prezzi andrà allettandosi sempre di più mentre la crescita economica rischia di rallentare troppo.
Secondo l’indagine mensile condotta da Bloomberg, il mercato si aspetta che Lagarde & Co abbassi il tasso di deposito di 25 punti base in ognuna delle prossime tre riunioni, portandolo intorno al 2 dall’attuale livello del 2,75%. Allo stesso tempo tra gli esperti è cresciuto però il consenso per ulteriori sforbiciate a seguire, che spingerebbero il tasso sui depositi al di sotto della cosiddetta soglia di neutralità. Questo perché da una parte è aumentata la fiducia nel raggiungimento dell’obiettivo di inflazione del 2% e dall’altra è cresciuto il timore per la crescita economica, minacciata anche dai dazi doganali del presidente Donald Trump.
La Bce potrebbe non fermarsi al cosiddetto livello neutrale
La Bce sta discutendo su quanto tagliare ulteriormente i tassi dopo cinque sforbiciate dallo scorso giugno. Secondo le proiezioni pubblicate dall’Eurosistema a dicembre, l’obiettivo di inflazione verrebbe raggiunto con una riduzione dei tassi ufficiali in linea con le aspettative di mercato prevalenti, ovvero portandoli intorno al 2 per cento dalla metà del 2025. Tuttavia, la Bce potrebbe non fermarsi al cosiddetto livello di neutralità, cioè quello che non limita né stimola la crescita economica, ma andare oltre.
Stando al sondaggio condotto da Bloomberg, è cresciuto sul mercato il consenso per un’ulteriore sforbiciata, dopo una breve pausa, nel marzo 2026, che spingerebbe il tasso sui depositi al di sotto del 2%. Gli economisti, interrogati da Bloomberg, infatti, hanno nuovamente ridimensionato le loro prospettive di crescita per l’Eurozona: si aspettano un’espansione dello 0,9% per quest’anno, in calo rispetto all’1% del sondaggio precedente. Il cambiamento riflette le previsioni più basse per Germania, Francia e Italia. A cui si aggiunge la minaccia dei dazi da parte degli Stati Uniti.
Panetta, il processo di normalizzazione deve proseguire
Un’ipotesi, quella di andare oltre la soglia di neutralità, che non appare così lontana ascoltando le parole di Fabio Panetta, governatore della Banca d’Italia, pronunciate qualche giorno fa. ”Il tasso di riferimento rimane superiore alle stime del tasso neutrale, ossia il livello compatibile con l’assenza di pressioni inflazionistiche e con la crescita potenziale dell’economia. Di conseguenza, la politica monetaria continua a esercitare una pressione al ribasso sull’attività produttiva e sulla dinamica dei prezzi al consumo, un effetto sempre meno necessario in un contesto in cui l’inflazione è vicina all’obiettivo e la domanda interna resta debole”, ha detto nel corso del suo intervento al 31° Congresso Assiom Forex a Torino. Esplicito il riferimento alla soglia di neutralità, che, secondo Panetta, da qui in avanti perderà progressivamente rilevanza. “Le stime del suo valore, infatti, sono altamente imprecise, e forniscono solo un’indicazione approssimativa sull’orientamento della politica monetaria, diventando sempre meno utili a mano a mano che i tassi ufficiali si avvicinano al livello stimato del tasso neutrale”.
Il governatore della Banca d’Italia e membro del consiglio Bce ha sgomberato il campo anche dai rischi sul processo di disinflazione derivanti da eventuali dazi Usa. “Anche un aumento dei dazi statunitensi sulle esportazioni europee non avrebbe presumibilmente effetti significativi sull’inflazione”, ha affermato, spiegando come una possibile pressione sui prezzi verrebbe compensata da un rallentamento dell’economia globale e dal dirottamento verso i mercati europei delle merci cinesi colpite da tariffe elevate. “Secondo nostre stime, l’effetto netto dei dazi sull’inflazione sarebbe perciò contenuto, se non leggermente negativo”. Ecco allora che “il processo di normalizzazione della politica monetaria va continuato, accompagnando le decisioni con una comunicazione orientata alle prospettive dell’economia reale e dell’inflazione nel medio termine. In questa fase, un’eccessiva attenzione ai dati di volta in volta disponibili rischia di generare incertezza e volatilità nei mercati, riducendo l’efficacia della politica monetaria”.
Goldman Sachs vede tassi Bce all’1,75% a luglio
Più drastica l’opinione di Goldman Sachs, che vede i tassi Bce finire sotto il 2% già a luglio, con ulteriori tagli se la crescita economica deluderà le aspettative. “La Bce continuerà con tagli graduali di 25 punti base fino a raggiungere l’1,75% del tasso sui depositi a luglio ma sono possibili ulteriori e maggiori tagli se la crescita dovesse rivelarsi inferiore alle nostre attese”, sostengono gli esperti della banca d’affari americana in un report pubblicato oggi. Per l’economia dell’area euro,Goldman Sachs stima una crescita soltanto dello 0,7%, a causa soprattutto della debolezza strutturale nel settore manifatturiero e le incertezze sul fronte commerciale. Per quanto riguarda l’andamento dei prezzi, le sue attese sono per un’inflazione core al 2% entro la fine del 2025 grazie a un ulteriore raffreddamento dei prezzi nel settore dei servizi.
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