CATTIVO CITTADINO di Gianni Barone / PARMA IN BALIA DEGLI EVENTI (E VITTIMA DI SE STESSO) » Stadio Ennio Tardini Parma

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(Gianni Barone) – Credere, crederci, credersi, con lo stesso verbo (non ne abbiamo aggiunti altri, per carità di patria…) si può sintetizzare il presente e il futuro prossimo di una squadra, il Parma, che lo stesso Ranieri, allenatore della Roma, che è riuscito a batterlo per la seconda volta, si aspettava così poco pungente e poco capace di incidere in avanti con azioni utili ad aprire varchi e ridare fiato alla speranza per riequilibrare le sorti, con quella maggiore sostanza, che al di là degli episodi e degli e eventi e dell’impegno decantato da Pecchia (ai minimi storici in fatto di popolarità più per le sue giustificazioni che non per altro), è mancata ancora in maniera evidente quasi clamorosa.

E’ mancata quella capacità di trasformare tanto furore, tanto rumore in quel “qualcosa” in più che ci doveva essere dopo le tre sconfitte di fila (ora sono diventate quattro, senza colpo ferire) che la Roma temeva di dover domare e gestire e che alla fine si sono tradotte in quel nulla e nulla più di occasioni e di palle gol mai esistite, mai concretizzate, mai neppure cercate.

Questo lo sconforto del momento che fa dire e pensare a molti che al peggio sembra proprio non esserci rimedio o fine, o alcun fine che giustifichi i mezzi tecnici tattici messi in campo in uno stato di precaria condizione emotiva e psicologica, volta a creare quella confusione poco organizzata che si vuol, con particolare sforzo di fantasia e fede, far essere il tutto che si è tentato di dare, di fare e di proporre per riuscire a cavare “quel qualcosa in più”, del classico “ragno dal buco” per venirne fuori, col cuore e con i muscoli, dall’ennesima situazione negativa in cui la squadra Crociata versa in completa e incompleta “balia”, vittima più di stessa che non degli altri a cui qualcuno vorrebbe addossare tutto il fardello delle colpe per i conti che continuano a non tornare e rendere il tutto molto complicato.

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La semplicità di una partita che si complica dopo mezz’ora con un rigore dato, poi sconfessato, con un giallo che si trasforma in rosso, e una punizione che da massima diventa minima, cioè dal limite, ma che con il sinistro velenoso di Soulé, si tramuta in un gol delizioso, su cui barriera e portiere nulla possono o nulla tentano o credono di poter opporre con la facilità del loro intendere e volere calcistico.

Da lì inizia il discorso tecnico che alla fine nessuno vorrebbe affrontare o trattare (di cosa discutere allora nel post gara? Dei primi tre posti al Festival di Sanremo che nessuno dice di aver visto, pur a fronte di uno share da record? Siamo seri ogni tanto e non ridiamo in faccia a chi tifa e soffre!) per la rabbia di non aver trovato ancora, una volta, la maniera per uscirne, pur a fronte di ripetuti cambi di uomini e non solo di umore tattico e di approccio sportivo.

Pecchia dapprima non vuole privarsi della linea a quattro dietro e fa entrare Balogh al fianco di Vogliacco, rinunciando con l’uscita di Man (abulico più che mai) e l’accentramento di Cancellieri al fianco del caotico e talvolta involuto Bonny (in un improbabile e poco lineare 4-3-2) al gioco offensivo sugli esterni, salvo poi ripensarci, ad inizio ripresa, con il sacrificio di Keita, che non aveva per niente demeritato per abnegazione e mobilità, per ripristinare con un più logico 4-4-1 il tentativo di agire per linee esterne non riuscendo ad impensierire, in ogni caso, minimamente la retroguardia avversaria sempre guardinga, compatta e mai disunita, per imprinting “ranierano”.

Però, con Camara dentro prima, come ala e poi come mediano, si finisce la gara rinunciando anche a Bernabé (che si danna l’anima da vero trascinatore) e che molti avrebbero voluto più avanti e non sacrificato in interdizione in una posizione ritenuta non sua, o comunque dispendiosa, che lo penalizza alquanto.

Infine, con l’utilizzo dei nuovi Lovik e Ondrejka, ancora un cambio (il terzo in novanta minuti quasi un record) della coppia di difensori centrali con Delprato accentrato al fianco di Balogh, mentre la mediana di fine gara vede Sohm, stanco ed impreciso insieme a Camara che non può, in questo modo, incidere, più di tanto in avanti, come si sarebbe potuto, visti i precedenti in altre gare, sperare o auspicare.

Morale: tante giravolte, tanti equilibrismi per non essere mai veramente decisi, decisivi e insidiosi. Avanti così non sarà facile, e non basterà solo credere in se stessi, credere di farcela e credersi capaci di ribaltare gare e situazioni con il solo supporto della volontà che, a detta del tecnico, non è mai venuta meno e mai non ne verrà anche in futuro.

Ma le contraddizioni tattiche e le controversie tecniche, in questo modo, aumentano e il carattere riscontrato da alcuni, ma non da tutti, potrebbe anche non bastare, se non si farà ricorso a qualche piano B, grazie all’impiego del neo acquisto Pellegrino, invocato da tutti e ancora inutilizzato, che essendo ritenuto come alter ego di Djuric, attualmente ai box per infortunio, potrebbe far mutare l’approccio strategico più verticale con un assetto che preveda soluzioni alternative di gioco, tipo lanci lunghi e traversoni dal fondo.

In qualcosa si deve pur cambiare e, se non lo si può fare con giocatori e tecnico, allora bisogna farlo nel gioco, con un centrocampo più flessibile, suggerirei più “rotante”, sul modello del calcio a 5 alla spagnola, in maniera di poter risultare più imprevedibili e di sfruttare al meglio le qualità di alcuni singoli: nello specifico la creatività di Bernabé, gli strappi di Sohm, gli inserimenti di Hernani, quanto sarà disponibile, la capacità di filtro di Keita, quando gli sarà permesso di finire almeno una partita senza sostituzioni, e soprattutto di Estévez, quando si sarà deciso se serve ancora alla causa Crociata oppure no. Altro mistero della fede in salsa gialloblù.

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Tutto si dovrà risolvere al più presto, perché restare in balia degli eventi, con tutte le giustificazioni del caso, dovute ad episodi sfortunati o controversi, non servirà certo ad invertire un trend, fatto di sconfitte e di mancanza di reazione, che rende immobile e prigioniera la squadra in questo suo improvvido destino, dal quale si dovrebbe liberare con delle idee e non solo con la forza dei nervi distesi e la mancanza di nervosismo riscontrate dal tecnico della Roma Ranieri che si è stupito della situazione avversa del Parma, e del fatto che una siffatta formazione debba così tanto soffrire senza avere la capacità di risollevarsi con i mezzi che ha a disposizione.

Occorre trovare un senso, come cantava Vasco, a questa situazione, anche se questa situazione un senso non ce l’ha.

“Voglio trovare un senso a questa conduzione, anche se questa conduzione un senso non ce l’ha”. qualcuno urla o canta di nascosto. Però. andiamoci piano con gli eccessi di “senso” incontestabile nel calcio, perché si potrebbe perdere di vista quello che conta, quello serve e quello di cui non si dovrebbe fare meno. Cosa? Nemmeno il saggio Ranieri è stato capace di dirlo… Gianni Barone



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