Si arricchisce di un nuovo capitolo la spinosa vicenda della ex discarica di Borgo Montello. E coinvolge sempre, seppure in maniera differente, le due gestioni di quella che è stata la discarica del comprensorio pontino, IndEco ed Ecoambiente, elogiando la prima per il lavoro svolto e condannando la seconda per inefficienza. Stavolta è la sentenza del Consiglio di Stato del 7 febbraio scorso a fare ulteriore chiarezza su una vicenda che è sempre stata circondata da equivoci e polemiche.
La genesi
La controversia trae origine da due ricorsi proposti dalla società Ecoambiente avverso una serie di atti adottati dall’amministrazione comunale di Latina “in ordine alle attività di bonifica della discarica, svolte in esecuzione di progetti presentati, nonché avverso una serie di atti relativi al procedimento di rinnovo dell’AIA, relativamente agli impianti di smaltimento in titolarità della stessa società, e al procedimento di verifica delle suindicate attività di bonifica”. Ricorsi respinti dalla terza sezione del Consiglio di Stato.
Il contenzioso riguarda quindi la gestione delle operazioni di bonifica del sito della discarica di Borgo Montello, dove insistono molteplici bacini di raccolta rifiuti denominati S0, S1, S2, S3 S4 e S5. La gestione della suddetta discarica vedeva coinvolti, nel corso del tempo, diversi soggetti, di natura sia pubblica (Comune di Latina) sia privata (varie imprese operanti nel settore del trattamento e smaltimento rifiuti). Più precisamente: il sito S0, era stato gestito dal Comune di Latina sino a tutto il 1986, e, successivamente dalle società Capitolina Srl e IndEco srl; i siti S1, S2, S3, erano stati gestiti dalla Ecomont Srl sino al fallimento della stessa, cui era subentrata la Ecoambiente Srl, mentre i bacini S4 e S5 erano stati gestiti dalla IndEco.
L’ordine di bonifica
A seguito di un accertato fenomeno di tracimazione del percolato dalle vasche di contenimento del bacino S3, negli anni 1997 – 1998, il Comune adottava una serie di ordinanze che imponevano l’esecuzione della bonifica, così la società Ecoambiente presentava un progetto di bonifica relativamente ai soli bacini S1, S2, S3, ottenendo l’approvazione del Comune di Latina e della Regione Lazio.
Nel 2008, da un monitoraggio di Arpa emergeva però una situazione di inquinamento della falda e la “necessità di sottoporre l’intera area a bonifica, per cui il Comune, con determina n. 64/2008, stabiliva che le società di gestione Ecoambiente, IndEco e Capitolina avrebbero dovuto formulare un progetto operativo per gli interventi di bonifica o di messa in sicurezza dell’intero sito”. Ecoambiente cominciava i lavori di bonifica ma il Comune di Latina aveva rilevato nel 2014 “una difformità tra le modalità di esecuzione descritte e quanto previsto nel progetto approvato in precedenza”.
Così Provincia di Latina e Comune si riunivano nuovamente nel novembre 2014 e, preso atto della contaminazione accertata nell’area, ritenevano necessaria per la prosecuzione delle attività di discarica, la messa in sicurezza e il completamento della bonifica dell’intero sito, a carico di Ecoambiente e IndEco.
Di seguito, il Comune convocava per il dicembre 2019 la Conferenza di servizi per l’esame delle attività di bonifica svolte e, all’esito della riunione, si procedeva a diffidare Ecoambiente nel dare esecuzione a quanto approvato con determina n. 205/2014, con riferimento alla realizzazione del capping del bacino S0, con la detta società che contestava l’impedimento della prosecuzione delle attività di gestione delle discariche durante le operazioni di bonifica.
Le incompatibilità
Ma già nel 2014 il Tribunale escludeva la possibilità di eseguire la bonifica e gestire le discariche contemporaneamente, considerato “che le discariche attive sono state causa efficiente dell’inquinamento e che la normativa ambientale non consente di svolgere attività di trattamento rifiuti nei siti, come Borgo Montello, in cui sono stati accertati elevati livelli di contaminazione del suolo e delle falde acquifere e nei quali, pertanto, non possono essere garantiti adeguati livelli di sicurezza per le persone e per l’ambiente”, diffidando al contempo Ecoambiente alla corretta esecuzione dei lavori. La responsabilità di Ecoambiente per l’inquinamento e la bonifica risulterebbe connessa alla gestione del sito (quando nel 1998 subentrò alla società Capitolina) e provata dalle molteplici analisi condotte da Arpa a partire dal 2005, da cui deriverebbe, “con ragionevole certezza, che Ecoambiente abbia, quantomeno, concorso a generare il danno ambientale”.
Non solo, la sentenza è chiara anche un su un altro aspetto, evidenziando che, pur insistendo nella stessa area, gli impianti di discarica sono autonomi e ben definiti sia nella loro collocazione fisica oltre che negli aspetti gestionali: “IndEco gestisce bacini impermeabilizzati (S4, S5, S6, S7, S8) che sono stati realizzati con sistemi di impermeabilizzazione e reti di raccolta del percolato. La società, inoltre, non ha mai gestito l’invaso S0. La responsabilità di Ecoambiente in relazione, quantomeno, alla prosecuzione e aggravamento dei fatti di inquinamento, è dovuta alla gestione inefficiente dei bacini non impermeabilizzati (S1, S2, S3), attese le disfunzioni della barriera di contenimento del percolato da essa realizzata”. Quindi il Consiglio di Stato respinge il ricorso di Ecoambiente, che di fatto dovrà bonificare correttamente le aree indicate.
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