Giorgia Meloni elenca i successi del governo sui migranti ma i suoi conti non tornano: il fact checking

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17 Febbraio 2025



18:05

La presidente del Consiglio Meloni e il ministro dell’Interno Piantedosi hanno rivendicato gli obiettivi raggiunti dal governo in materia di migranti: più rimpatri, meno sbarchi e meno morti in mare. Ma i numeri citati dalla premier, anche se corretti, non dimostrano che la linea tenuta fino a oggi sia stata particolarmente efficace.

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Da quando si è insediato, il governo Meloni ha concentrato l’attenzione sulla questione dei flussi di persone migranti che attraversano il Mediterraneo centrale e sbarcano in Italia. E in più di un’occasione l’esecutivo ha tentato di rivendicare dei successi anche quando questi, in realtà, non c’erano.

Oggi la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha parlato davanti a questori e prefetti della questione migratoria, e ha ancora una volta vantato numeri importanti: una forte riduzione degli sbarchi, e quindi del numero di morti. Al tempo stesso, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha parlato di un aumento dei rimpatri. Questi numeri, però, danno una visione molto parziale del fenomeno.

Non è merito del governo se gli sbarchi sono calati

La premier ha rivendicato una “drastica riduzione degli sbarchi sulla rotta del Mediterraneo centrale”, che nel 2024 “si sono ridotti del 60% rispetto al 2023 e del 35% rispetto al 2022″. Tutti numeri confermati, e verificabili tramite le statistiche ufficiali del ministero dell’Interno

C’è un elemento che però bisogna sempre ricordare. Come spiegato più volte, sia quando gli arrivi di persone migranti in Italia erano più numerosi, sia quando scendevano, il numero di arrivi non ha quasi niente a che fare con le politiche di un governo. I fattori che influenza di più la quantità di sbarchi da un anno all’altro sono le condizioni meteo e anche la situazione sociale ed economica nei Paesi di partenza e di transito.

Certo, giocano un ruolo anche gli accordi internazionali come quelli stipulati dall’Italia con Tunisia e Libia: il nostro Paese finanzia questi Stati anche perché loro trattengano le persone migranti che vogliono attraversare il Mediterraneo. Questo ha portato a numerosissime violazioni dei diritti umani verificate da varie Ong internazionali nel corso degli anni.

D’altra parte, anche il ministro Piantedosi ha confermato che ad avere effetto sono anche gli “accordi operativi con strutture di polizia di Paesi con i quali collaboriamo, che hanno un ruolo fondamentale nell’ottenere”. Basta pensare, ad esempio, alla Polizia giudiziaria libica, guidata dal generale Almasri, ricercato dalla Corte penale dell’Aja per crimini contro l’umanità, arrestato e poi scarcerato e rimpatriato dalle autorità italiane a gennaio.

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Il ragionamento di Meloni: solo bloccando le partenze diminuiscono i morti

La presidente del Consiglio ha insistito soprattutto sul calo del numero di morti nel Mediterraneo. Lo ha fatto citando correttamente i numeri riportati dall’Organizzazione internazionale delle migrazioni, ma spingendosi anche in un’interpretazione poco supportata dai dati.

“Nel 2024 a fronte di circa 66mila arrivi si sono registrati 1.695 morti e dispersi“, ha detto, sbagliando di poco (in realtà ne risultano 1.692). “Nel 2023 con oltre 157mila arrivi irregolari i morti e i dispersi sono stati 2.526”.

Poi Meloni ha fatto il confronto che era alla base del suo ragionamento: “Nel 2014, l’anno dell’operazione Mare nostrum che nasceva proprio per salvaguardare la vita in mare, si sono contati 3.126 morti a fronte di 170mila arrivi”. Da qui la conclusione: “Diminuire le partenze e stroncare il business dei trafficanti è l’unico modo per ridurre il numero delle persone che perdono la vita nel tentativo di raggiungere l’Italia e l’Europa”.

Insomma, le operazioni di salvataggio in mare come Mare nostrum (che operò dall’ottobre 2013 all’ottobre 2014 sotto la guida dell’Italia, salvando almeno 150mila persone secondo l’Oim) non servirebbero a ridurre il numero di morti. Al contrario, l’unico modo per evitare la tragedia delle vittime delle migrazioni sarebbe quello di bloccare le loro partenze. In questa direzione andrebbero sia gli accordi con Tunisia e Libia sia il (ancora piuttosto fumoso) Piano Mattei.

Cosa non torna nei numeri della premier

Ci sono diversi aspetti di questo ragionamento che sembrano dubbi. Innanzitutto, e come premessa generale, il numero di vittime del mare è da sempre difficile da registrare. Anche organizzazioni come l’Oim ammettono che le cifre sono quasi sempre sottostimate rispetto alla realtà, perché possono esserci molti naufragi che sfuggono ai controlli.

Al di là di questo, per decidere quale ‘linea’ è più efficace non si possono paragonare solamente i numeri assoluti. Come detto velocemente da Meloni, nel 2014 gli arrivi complessivi in Italia furono ben 170.100. Il secondo dato più alto registrato da allora, superato solamente dai 181mila sbarchi del 2016.

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Nonostante questo, i morti furono ‘solamente’ 3.126. Un numero enorme, ma che dati alla mano porta a contare 18 persone morte o disperse per ogni mille arrivate sane e salve in Italia. Questo è tra i numeri più bassi in assoluto, dal 2014 a oggi.

Nel 2015 i morti furono circa 14 ogni mille persone sbarcate. Nel 2018, anno in cui gli arrivi si ridussero di molto (appena 23.370) e le morti anche (1.314), cosa che l’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini ha rivendicato più volte negli anni, il rapporto in realtà salì parecchio: 56 vittime ogni mille persone arrivate in Italia.

Il rapporto è stato basso anche nel 2023 (circa 16 morti ogni mille sbarcati) per poi tornare a salire nel 2024 quando gli sbarchi sono diminuiti: 25,5 morti ogni mille arrivi. Insomma, il confronto con il 2014 non è così netto come lo ha voluto presentare la premier, anzi.

E bisogna considerare anche un ultimo aspetto: se la strategia è limitare le partenze facendo bloccare le persone migranti in centri di detenzione in Tunisia o in Libia, allora è possibile che il numero assoluto di morti in mare cali, ma sicuramente aumenta la quantità di uomini, donne e bambini sottoposti a torture e violenze dall’altra parte del Mediterraneo.

Il “successo” di Piantedosi sui rimpatri

A parlare è stato anche il ministro Piantedosi. Ha rivendicato che “è il terzo anno di fila” in cui c’è “un incremento che si attesta tra il 15 e il 20% di espulsioni”, intese come “rimpatri effettivi che facciamo”. Mettendola in numeri concreti, rispetto al 2022, nel 2024 ci sono state “circa 1.300 persone espulse in più”.

I dati Eurostat sui rimpatri mostrano che quelli effettuati dall’Italia nel 2022 erano stati 2.915, nel 2023 invece 3.270, mentre nei primi nove mesi dello scorso anno sono stati 3.135 (mancano ancora i dati per il periodo da ottobre a dicembre). Bisogna prendere per buono il dato fornito dal ministro, quindi, e stimare che nel 2024 i rimpatri effettivi siano stati circa 4.200.

Certo, è una crescita. Ma in assoluto non si parla di numeri alti, anzi. Nel 2019, dopo un periodo di arrivi molto frequenti, i rimpatri furono oltre 7mila. Negli anni tra il 2014 e il 2018, in media, furono circa 5.600 all’anno. Anche volendo prendere il numero di rimpatri come un metro di successo, quindi, i risultati ottenuti dal governo non sembrano poi così eccezionali.

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