I propositi di Giancarlo Giorgetti si stanno avverando. Sempre più piccoli risparmiatori comprano Btp: così un buon pezzo del debito pubblico finisce nelle tasche degli italiani. Il ministro dell’Economia aveva indicato questa strada fin dalle linee guida del suo dicastero a novembre del 2022. L’orizzonte era fare come in Giappone, paese che ha un debito pubblico anche più alto di quello italiano in rapporto al pil, ma in buona parte nel portafoglio dei locali (e degli investitori istituzionali domestici), rendendolo quindi meno esposto alle turbolenze dei mercati.
Il lancio del Btp Più, il nuovo titolo di stato dedicato esclusivamente ai risparmiatori e alle famiglie, conferma questa tendenza. Il primo giorno di collocamento ha portato in cassa 5,6 miliardi.
Il debutto fa concorrenza alla prima edizione del Btp Valore, del quale il titolo di stato messo sul mercato dal Mef rappresenta una evoluzione. A giugno 2023 furono raccolti nel primo giorno 5,4 miliardi. Mentre il record – 6,4 miliardi – spetta all’avvio della terza edizione, a marzo dello scorso anno. L’ultimo capitolo ha provato a ingolosire il retail offrendo una cedola minima garantita al 2,8% nei primi quattro anni di vita del Btp e al 3,6% nei restante quadriennio. Rispetto ai titoli cugini del passato, la novità è la possibilità per i risparmiatori di richiedere il rimborso anticipato del capitale alla fine del quarto anno, recuperando interamente l’ammontare investito o la quota parte che si desidera svincolare sempre per lotti minimi di 1.000 euro.
Un analisi di Segugio.it lo mette a confronto con una delle potenziali alternative offerte da questo tipo di investimento, il conto deposito. A seconda delle condizioni quest’ultimo può portare a guadagni maggiori sul breve periodo o su un arco di 48 mesi. Di contro, sul lungo periodo il nuovo Btp Più può portare maggiori vantaggi. Ed è su questo punto che conta il Mef.
I titoli di Stato dedicati in esclusiva o in via prioritaria ai piccoli risparmiatori stanno assumendo sempre più importanza. Secondo l’ultimo rapporto trimestrale del Tesoro sulla composizione del debito pubblico, i Btp Valore rappresentano oggi il 2,59% dei titoli in circolazione alla fine del 2024. A questo dato va sommato un altro 0,82% rappresentato dal Btp Futura . Infine c’è una quota del 2,54% di cosiddetti Btp Italia, titoli che potrebbero essere riproposti anche quest’anno, collocati prevalentemente ai risparmiatori individuali cui solitamente sono dedicate tre giornate dell’operazione, mentre quella di chiusura è riservata agli investitori istituzionali. Ma gli italiani possono comprare anche comuni Btp.
Ecco quindi che, dati di Banca d’Italia, la quota del debito pubblico in mano al retail si aggira oggi attorno al 13%, “quasi il doppio di quanto detenuto nel 2019”, nota l’Osservatorio sui conti pubblici dell’Università Cattolica. Il 2022 e il 2023 sono gli anni del grande balzo e sono proprio gli anni nei quali si è dispiegata la strategia di Giorgetti e durante i quali è stata messa a punto la famiglia dei Btp Valore.
Sempre l’Osservatorio sui conti pubblici mette tuttavia in evidenza altri mutamenti. Con al fine della pandemia e dei programmi d’emergenza della Banca centrale europea, è in atto un calo delle quota detenute dalla Banca d’Italia. Via Nazionale era arrivata ad avere il 31,4% del debito nel 2022 ed è scesa al 26,6% alla fine dello scorso anno, anche se ancora ben sopra il 19%,9% del 2019. Anche gli istituti di credito hanno alleggerito i loro portafogli. Cresce invece la quota in mano agli investitori stranieri, un interesse dimostrato dai primi collocamenti di inizio anno. Il nuovo Btp a 15 collocato la scorsa settimana raccogliendo ordini per 130 miliardi (dieci volte l’offerta) è andato per il 76,3% fuori dai confini nazionali.
Fonti vicine al dossier dicono che per i risultati di questa ultima edizione “non si pone limiti alla provvidenza”. Un traguardo che gira nelle sale operative pone l’asticella a 14 miliardi. Finora i vari Btp Valore hanno portato allo Stato 65 miliardi. Il collocamento iniziato lunedì 17 febbraio andrà avanti fino a venerdì 21, salvo chiusura anticipata. Sono comunque garantiti tre giorni di operazioni.
Il rovescio dell’operazione “Giappone” è il costo per incentivare il retail a sostenere il debito pubblico. Secondo i calcoli dell’Università Cattolica, le 27 emissioni realizzate dal 2012 hanno comportato una maggiore spesa cumulata per interessi di circa 15,8 miliardi, cifra ottenuta moltiplicando il differenziale di rendimento per l’importo emesso e per la durata del titolo.
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