La rapida evoluzione della politica americana sull’Ucraina ha preso in contropiede l’Europa. La nuova amministrazione statunitense guidata da Donald Trump ha messo in chiaro che il futuro di Kyiv potrebbe essere deciso a tavolino tra Washington e Mosca, lasciando i partner europei fuori dalla stanza dei negoziati. Per evitare di essere spettatori passivi di una svolta geopolitica cruciale, il presidente francese Emmanuel Macron ha convocato d’urgenza un vertice ristretto all’Eliseo. L’obiettivo? Definire una linea d’azione comune tra i Paesi europei con maggiore peso militare e politico.
Il vertice giunge alla vigilia di un incontro a Riyad, in Arabia Saudita, tra le delegazioni di alto livello di Russia e Stati Uniti per discutere su come porre fine alla guerra in Ucraina. Il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov e Yuri Ushakov, consigliere di politica estera del presidente Vladimir Putin, si recheranno nella capitale saudita, ha affermato il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov. Incontreranno il segretario di Stato americano Marco Rubio, il consigliere per la Sicurezza Nazionale Mike Waltz e l’inviato speciale per il Medio Oriente Steve Witkoff, ha affermato il Dipartimento di Stato.
La conferma arriva solo pochi giorni dopo che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha dichiarato che lui e Putin avevano concordato, in una telefonata, di avviare i negoziati per porre fine alla guerra, che raggiungerà il traguardo dei tre anni entro la fine di questo mese.
Il formato del vertice di Parigi è altamente selettivo, infatti, non ha coinvolto tutti e 27 i Paesi UE, ma solo gli Stati membri ritenuti più rilevanti sul piano della difesa. Tra i partecipanti figurano il cancelliere tedesco Olaf Scholz, il primo ministro britannico Keir Starmer, la presidente del Consiglio italiano Giorgia Meloni, il premier polacco Donald Tusk, il primo ministro spagnolo Pedro Sanchez, l’olandese Dick Schoof e la danese Mette Frederiksen. Presenti anche la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, il presidente del Consiglio Europeo Antonio Costa e il segretario generale della NATO Mark Rutte.
Non sono stati invitati, invece, i Paesi baltici, la Finlandia e la Romania, ovvero quelle nazioni direttamente confinanti con la Russia o l’Ucraina, il che ha sollevato non poche critiche. L’Italia, ad esempio, ha espresso irritazione per l’esclusione di partner così direttamente coinvolti, mentre il premier slovacco Robert Fico e il primo ministro ungherese Viktor Orban hanno apertamente contestato il summit, affermando che l’UE non ha alcun mandato per discutere il ruolo europeo in un eventuale cessate il fuoco.
Un’Europa divisa, tra esitazioni e urgenza
Il vertice si inserisce in un momento delicato per l’Unione europea. Se da un lato alcuni Stati membri, come la Francia e la Germania, spingono per una maggiore autonomia strategica europea, dall’altro leader come l’ungherese Viktor Orban e lo stesso Fico si oppongono a una linea comune troppo rigida nei confronti della Russia.
Macron ha tentato di arginare questa spaccatura evitando un confronto a 27, dove il consenso sarebbe stato quasi impossibile da raggiungere. Ma l’irritazione di alcuni partner rimane palpabile, come dimostrano le precisazioni social di Antonio Costa, che ha definito l’incontro “l’inizio di un processo” che dovrà necessariamente coinvolgere l’intera UE.
L’Europa senza una difesa adeguata rischia di essere irrilevante
Oltre alle divisioni politiche, il vertice ha messo in luce un’altra grande debolezza dell’Europa: la sua insufficiente capacità militare, oltre alla riluttanza dei Paesi a inviare militari da inviare in una ipotetica forza di peacekeeping in caso di cessate il fuoco.
Secondo quanto riporta il quotidiano britannico Financial Times, citando tre funzionari informati sui preparativi per l’incontro, la Francia avrebbe proposto di discutere di una “forza di rassicurazione” che verrebbe posizionata dietro, e non su, una futura linea di cessate il fuoco in Ucraina.
Su questo punto i Paesi europei sono molto divisi. Il primo ministro polacco, Donald Tusk, ha affermato in una conferenza stampa a Varsavia prima della sua partenza per Parigi, che la Polonia non prevede di inviare le proprie truppe in Ucraina. “Non abbiamo in programma di inviare soldati polacchi nel territorio dell’Ucraina. Tuttavia, sosterremo anche – in termini di logistica e supporto politico – i paesi che in futuro vorranno fornire tali garanzie”, ha detto Tusk.
Sulla stessa linea il cancelliere tedesco Olaf Scholz che parlando ai media da Parigi ha affermato che al momento è inappropriato discutere ora l’invio di truppe in Ucraina. Su questo punto diversa è invece la posizione del primo ministro britannico Sir Keir Starmer che ha affermato di essere “pronto e disposto… [a inviare] le nostre truppe sul campo se necessario”.
In questo contesto resta comunque chiaro per i leader UE la necessità di aumentare la spesa per la difesa. Il premier polacco Donald Tusk ha lanciato un monito chiaro: “Se vogliamo avere voce nei negoziati sul futuro dell’Ucraina, dobbiamo dimostrare di essere in grado di investire seriamente nella nostra difesa. Non c’è alternativa”.
Parole che trovano eco nel messaggio della presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, che poco dopo il suo arrivo a Parigi ha affermato su X: “La sicurezza dell’Europa è a un punto di svolta. Sì, riguarda l’Ucraina, ma riguarda anche noi. Abbiamo bisogno di una mentalità di urgenza. Abbiamo bisogno di un’impennata nella difesa. E ne abbiamo bisogno ora”.
Il vertice giunge a pochi giorni dalla Conferenza sulla sicurezza di Monaco di Baviera dominata dagli attacchi del vicepresidente degli Stati Uniti, JD Vance, contro l’Unione europea e i suoi Paesi membri accusati di essersi allontanati dai propri valori e di ignorare le preoccupazioni degli elettori in materia di immigrazione e libertà di parola. Vance ha ribadito la linea dell’amministrazione Trump secondo cui l’Europa deve “fare un grande passo avanti per provvedere alla propria difesa”.
In Germania Vance ha anche incontrato la leader del partito di estrema destra Alternativa per la Germania (AfD), Alice Weidel, a poco di una settimana dalle elezioni del 23 febbraio, un gesto che è stato interpretato come una provocazione nei confronti del governo guidato da Olaf Scholz e dell’UE nel suo complesso.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link