Pescara, suicidio in cella detenuti in rivolta –

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Protestano, i detenuti del carcere di Pescara, dopo il suicidio in cella di un giovane. Una tragedia annunciata che ha fatto scattare l’ira degli altri reclusi. Qualcuno ha appiccato il fuoco a un materasso e un detenuto è salito sul tetto. La protesta è rientrata nel pomeriggio. Si tratta del 13esimo detenuto suicida dall’inizio dell’anno.

Un ragazzo di ventiquattro anni si è tolto la vita nella casa circondariale San Donato di Pescara. È il tredicesimo suicidio avvenuto nelle carceri italiane dall’inizio del 2025: il doppio dei casi rispetto allo stesso periodo nel 2024. Nel carcere di Pescara il sovraffollamento è del 162 per cento

Aveva 24 anni. Nella notte tra il 16 e 17 febbraio un giovane di origine egiziana si è suicidato nel carcere di Pescara. A seguito della sua morte è scoppiata la rabbia delle persone detenute: una persona è salita sul tetto e alcuni materassi – che dovrebbero essere ignifughi – sono stati messi a fuoco in segno di protesta. Ambulanze e vigili del fuoco sono arrivati sul posto. “È una situazione invivibile. Il carcere esplode, le persone che arrivano vengono messe a dormire su materassi per terra per mancanza di spazio. Le celle da sei persone sono diventate da otto, quelle da quattro anche da sette”, dichiara ad Abruzzosera Francesco Lo Piccolo, direttore della rivista Voci Di Dentro, che si occupa di carcere e giustizia. “Il cibo è immangiabile, i prezzi sono alti, i muri pieni di muffa. Nei giorni scorsi, a seguito delle forti piogge, i piani bassi della casa circondariale si sono allagati, comprese le celle al piano terra”, spiega.

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Il tasso di sovraffollamento delle carceri, come denunciato dal Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, è in continuo aumento. Il report più recente – pubblicato il 10 gennaio 2025 – dimostra che nella casa circondariale di Pescara, a fronte di 272 posti disponibili, il numero delle persone detenute è di 443: il 162,87 per cento in più della capienza. In una scheda dell’associazione Antigone, in visita nel carcere di San Donato nell’aprile scorso, viene segnalata una forte carenza del personale penitenziario, difficoltà al comparto salute e la scarsa copertura di attività lavorative e formative dedicate alle persone detenute. “Le attività sono ridotte a zero, le richieste vengono sempre sospese per difficoltà. Mancano gli agenti: ce ne sono circa 100 per una popolazione di 440 persone”, aggiunge Lo Piccolo.

Pochi giorni fa, Irma Conti del collegio nazionale del Garante ha affermato che, in Italia, “19mila detenuti che hanno pene residue fino a tre anni, sulla base nella normativa potrebbero uscire dal carcere optando per misure alternative. Ma la burocrazia e la carenza di risorse creano ostacoli”.

Il 2024 è stato l’anno record per i suicidi: nelle carceri italiane 90 persone si sono tolte la vita, mai così tante da quando si raccolgono dati. Si tratta quasi sempre di persone con una condanna non definitiva, ed è scesa l’età media di chi si toglie la vita in carcere. Il 46% delle persone era in custodia cautelare, quindi ancora in attesa di una sentenza. La fascia d’età più colpita è tra i 26 e i 39 anni e una parte consistente – secondo Antigone, circa 40 persone – era di origine straniera. In crescita anche gli atti di autolesionismo (+483 nel 2024).

Appena trascorso un fine settimana horribilis – con due detenuti che si sono tolti la vita in Toscana: un giovane marocchino di 32 anni il 14 febbraio a Prato e il giorno dopo a Sollicciano, Firenze, un uomo romeno di 39 anni – ieri mattina è successo nella casa circondariale pescarese di San Donato dove a un ragazzo tossicodipendente di 24 anni si è impiccato.

Il comunicato del Campetto occupato sul carcere di Teramo e sulla Garante dei detenuti:

Nei giorni scorsi il presidente della commissione sanità e politiche sociali della Regione Abruzzo, Paolo Gatti, e la garante dei detenuti, Monia Scalera, sono stati in “visita” al carcere di Teramo, dove si contano 430 detenuti su 275 posti disponibili.

Visita è un termine orribile, ed è quello che viene comunemente usato, ma in questa situazione forse è confacente, viste le dichiarazioni che costoro hanno rilasciato: “Nel carcere teramano va tutto bene! Vi solo alcune criticità che riguardano esclusivamente il corpo di polizia penitenziaria, ma nessun problema con i detenuti. Non vi è sovraffollamento e non vi sono particolari problemi e non bisogna creare allarmismo “. Hanno detto.

Queste dichiarazioni, oltre a fare ribrezzo, fanno il paio con altre esternazioni di esponenti di governo, tipo Delmastro sui detenuti. Ma vanno anche “inquadrate” politicamente.

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Infatti la “visita” dei due esponenti regionali segue quella di altri politici che hanno sollevato non poche problematiche sul carcere teramano. In poche parole è una diatriba politica a cui i due hanno risposto, ma che si gioca sulla pelle di persone recluse.

E recluse in un inferno!

Perché forse i due non sanno che le carceri sono una polveriera in cui viene ammassata umanità. In cui anche la quotidianità peggiora sempre più e ce lo dicono le lettere di persone recluse.

In cui il numero di suicidi è in continuo drammatico aumento (lo scorso anno è stato il peggiore e quest’anno sta confermando la scia di morte).

In cui la deriva autoritaria e repressiva del nostro paese non fa altro che riempire ancor di più le carceri e soffocare ogni forma di mobilitazione per migliorare le condizioni (il decreto sicurezza in approvazione, non a caso va colpire pesantemente anche proteste in carcere).

Nel caso specifico di Teramo, i drammi sono purtroppo tutti confermati: sovraffollamento, tensioni interne, suicidi e morti, come la morte di Patrick lo scorso anno, che ancora attendono verità.

Il carcere non è una struttura a sé stante.

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Ma corpo del meccanismo di oppressione e riflesso della società. Non è un caso che smarrito il collante sociale e solidaristico all’interno delle società, ciò si ripercuote anche dentro le galere.

Al carcere di Teramo, inoltre, hanno cercato da sempre di evitare contatti solidali. Infatti per i diversi presidi effettuati che parlassero ai detenuti (e non di fronte al piazzale dove nessun detenuto può vederti), sono piovute denunce e fogli di via.

Perché i “tutori dell’ordine” non vogliono il contatto solidaristico tra “dentro” e “fuori”. Cionostante la solidarietà, sebbene troppo poca rispetto a quella che meriterebbe la situazione, si è sempre cercato di portarla avanti.

Per concludere, tornando ai due squallidi personaggi con cui eravamo partiti…

Fa veramente impressione che un soggetto come Paolo Gatti, che ha arricchito la sue tasche grazie ad incarichi pubblici (anche inutili, ricordiamolo presidente della Giulianova Patrimonio, in crisi finanziaria, messo lì per marchetta politica), parli in quel modo di persone rinchiuse.

Se avesse provato solo un centesimo di quei drammi, rispetto alla sua comoda vita, saprebbe di cosa si sta parlando.

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Ed arriviamo alla garante dei detenuti, tale Monia Scalera. L’Abruzzo ha sempre avuto problemi con tale incarico, infatti era tra le pochissime regioni che non aveva un garante. La nomina di tale soggetto risale a qualche mese fa ed è una nomina prettamente politica, visto che costei è in quota Fratelli D’Italia.

Quindi le sue dichiarazioni parrebbero in linea con le nefandezze del suo partito.

Però e c’è un però molto grande, costei in questa sede ricopre il ruolo di Garante dei detenuti e quindi non può fare quelle dichiarazioni!

Perché non sono confacenti con il ruolo di cui è incaricata, ovvero garantire la dignità delle persone recluse.

Costei con tali dichiarazioni, non solo ha fatto un torto ai detenuti, ma anche al ruolo che dovrebbe ricoprire.

Quindi, ben cosci che non sia un ruolo a cambiare lo stato delle cose, ma sapendo anche che le lotte hanno dei passaggi, chiediamo a gran voce che Monia Scalera non sia più garante dei detenuti in Abruzzo. Che venga sostituita da qualcun che abbia più a cuore le sorti delle persone recluse. Perché l’attuale garante non fa gli interessi dei detenuti, ma quelli del suo partito.

A questo appello auspichiamo si uniscano più persone possibili, collettivi e gente di buon cuore. Perché quelle dichiarazioni sono intollerabili e spetta a noi tutte/i fare in modo che le cose cambino.

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