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Il Mezzogiorno cresce a ritmi più sostenuti della media nazionale, ma siamo davvero vicini alla fine del gap Nord-Sud? I numeri raccontano le verità di un’Italia a due velocità che non ha mai risolto la questione meridionale. Mentre la Lombardia rappresenta uno dei territori più ricchi d’Europa e il Veneto elabora un nuovo piano per attrarre investimenti, illegalità, evasione fiscale e lavoro nero dilagano al Sud che trema all’ipotesi dei dazi di Donald Trump.

Gap Nord-Sud: perché non c’è nulla da festeggiare

“Il Pil della Lombardia pari a quello di uno Stato. Anzi se fosse un Paese a sé, con i suoi 480,6 miliardi di euro la regione sarebbe decima per Pil in tutta Europa. La ricchezza prodotta in Sicilia, invece, secondo gli ultimi dati disponibili, è 89,2 miliardi”. Rosario Faraci, ordinario di Economia e Gestione delle Imprese all’Università di Cataniasmonta in una frazione di secondo quel trionfalismo con il quale, parlando di gap tra Nord e Sud, si racconta spesso di un Mezzogiorno che cresce a ritmi più sostenuti della media nazionale: nel 2023, secondo i conti economici territoriali appena pubblicati dall’Istat, +1,5% contro + 0,7%

Soffermarsi sulle variazioni percentuali piuttosto che sui valori assoluti della ricchezza prodotta è una prassi consolidata nell’analisi economica. Ma perché c’è un divario tra Nord e Sud Italia? Al netto delle considerazioni storiche, l’Istituto nazionale di Statistica prova a dare una risposta a questa domanda fornendo attraverso i numeri una visione d’insieme delle dinamiche che negli ultimi anni hanno caratterizzato il sistema economico del Belpaese.

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Pil Nord e Sud Italia: le regioni più ricche e più povere

Nella Provincia Autonoma di Bolzano, il Pil per abitante ha un valore tre volte superiore a quello della Calabria (59.800 e 21.000 euro). Sono i numeri a restituirci l’immagine di un Sud arretrato e in affanno: in tutte le regioni del Mezzogiorno, dice l’Istat, le famiglie dispongono di un reddito inferiore a quello medio nazionale che è di 22.359 euro.

La crescita del prodotto interno lordo in volume ha premiatonel 2023 Sicilia e Abruzzo con un aumento del 2,1% rispetto al 2022. Bene anche la Liguria con un incoraggiante +1,7%. Variazione negativa, invece, per tre regioni: Toscana e Umbria (-0,1%) e poi il Friuli con la diminuzione più marcata (-0,5%).

Volgendo lo sguardo al 2025, Svimez prevede margini di crescita dello 0,83% per il Pil dell’Abruzzo e dello 0,82% per quello del Lazio e minimi per il Pil dell’Umbria con lo 0,2%, della Liguria 0,4%, di Puglia e Molise con lo 0,5%, considerate “regioni meno esposte al rallentamento del commercio estero ma con meno elementi capaci di far decollare la crescita”. 

Tornando al 2023, l’Istat rileva che l’Abruzzo è anche la regione del Mezzogiorno con un Pil per abitante più alto (31.000 euro). Seguono:

  • Basilicata (27.500);
  • Molise (26.700);
  • Sardegna (26.300);
  • Sicilia (22.900);
  • Calabria all’ultimo posto con 21.000 euro.

La classifica provinciale

Se guardiamo alla classifica provinciale, sul podio troviamo Bologna con un Pil per abitante di 46.600 euro. Maglia nera ad Agrigento con 18.000 euro.

I consumi finali pro-capite più elevati sono stati registrati in:

  • Valle d’Aosta (30.500 euro);
  • Provincia autonoma di Bolzano (28.600);
  • Provincia autonoma di Trento (26.000).

Quelli più contenuti si sono osservati, invece, in:

  • Campania (15.200 euro);
  • Puglia (16.000);
  • Sicilia (17.000).

Divario Nord-Sud ed economia sommersa: il peso di lavoro nero ed evasione fiscale

I numeri diffusi dall’Istat ci dicono che nel 2023 l’occupazione è aumentata in tutte le regioni italiane. A sorpresa, è proprio il Mezzogiorno ad aver registrato l’incremento più alto di occupati: +2,6% rispetto al 2022. Una variazionesuperiore non solo alla media nazionale dell’1,9%, ma anche a quella registrata nel più ricco Nord-Est (2%).

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Un tessuto produttivo, quello italiano, che si conferma particolarmente dinamico grazie anche al contributo di liberi professionisti e lavoratori autonomi. È il mondo delle partite IVA, che dell’intraprendenza, della resilienza e della capacità di adattamento a un mercato del lavoro in continua evoluzione, ha fatto la sua bandiera. Un mondo che si muove da attore protagonista anche al Sud, dove la ricchezza prodotta, lo si scriveva all’inizio, vanta nel 2023  il primato del tasso di crescita più elevato: +1,5% a fronte dello 0,7% nazionale.

“La crescita percentuale del Pil del Sud Italia in misura anche superiore alla media nazionale – spiega Faraci a Partitaiva.it –  è consequenziale alla ripresa economica post-Covid. Sono cresciuti gli investimenti e gli acquisti pubblici, soprattutto per effetto delle risorse messe a disposizione del Pnrr. Si pensi alla ripresa del settore delle costruzioni. Anche l’export in crescita ha contribuito a migliorare l’indicatore, pensiamo all’agroalimentare e all’indotto dal turismo”.

In questo scenario si inserisce la nota stonata rappresentata dall’economia non osservata che frena lo sviluppo e, proprio nel Mezzogiorno, ha un peso più elevato che nel resto del Paese. Illegalità, evasione fiscale e lavoro nero si confermano vere e proprie bestie nere per Calabria, Puglia, Campania e Sicilia. “L’economia sommersa  – dice l’economista siciliano – incide sui consumi, un’altra voce del Pil. Se questi ultimi crescono senza che crescano proporzionalmente occupazione e reddito, non c’è dubbio che il cosiddetto nero ha una sua incidenza sull’indicatore”.

Pil Nord Italia, il piano Veneto per attrarre investimenti e capitali

Al Nord Italia c’è chi punta alla crescita con maggiore strategia, attraverso la partnership pubblico-privato da una parte e la semplificazione burocratica e amministrativa dall’altra: è la scommessa della Regione per rilanciare la competitività delle sue imprese.

L’esame del Ddl in Consiglio regionale è iniziato appena qualche giorno fa, ma il piano Veneto per attrarre investimenti e capitali si presenta alquanto ambizioso. Sul piatto ci sono 45 milioni di euro e un’attenzione particolare al nodo cruciale delle competenze, spesso sottovalutate quale leva di sviluppo indispensabile per le imprese.

Potrebbe essere proprio strategia a consentire al Veneto di confermare le previsioni di Svimez, secondo cui nel 2025 per questa regione la crescita dovrebbe attestarsi all’1,2%, addirittura oltre l’1,1% previsto per la Lombardia e l’1% dell’Emilia Romagna.

Perché il Sud è rimasto indietro e l’ombra dei dazi di Trump sul Mezzogiorno

Le ragioni del perdurare della questione meridionale sono sempre nei dati ufficiali che, a una prima lettura, riconfermano l’esistenza di tutte quelle criticità strutturali rispetto alle quali la politica non è ancora riuscita a proporre soluzioni in grado di invertire la tendenza.

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Il gap in economia, infatti, si misura come distanza tra i territori, in termini di qualità dei servizi offerti al cittadino, di reddito, di ricchezza prodotta, di infrastrutture, di welfare. In poche parole, in termini di crescita e di sviluppo. Nel caso specifico del divario Nord-Sud, il riferimento è proprio a due anime del Paese dal potenziale enorme che si muovono a velocità differenti. Eppure, se solo si tenessero per mano e camminassero di pari passo, saremmo qui a raccontare tutt’altra storia.

Se da una parte il gap Nord-Sud resta lo sfondo penalizzante di un Paese che potrebbe esprimere ben altre performance, dall’altra il rapporto dell’Istituto nazionale di Statistica mette in luce anche un’Italia complessivamente resiliente, che non ti aspetti, soprattutto se guardiamo al contesto mondiale di crisi economica e instabilità geopolitica che stiamo vivendo.

Previsioni 2025

Ce la farà il Sud del Paese a colmare il gap e ad agganciare il Nord? Faraci non è ottimista: “Secondo Svimez – spiega il docente–l’ipotesi di nuovi dazi commerciali degli Stati Uniti nei confronti delle merci europee, rilanciata dal presidente Donald Trump, potrebbe pesare, in uno scenario intermedio, 3,8 miliardi di euro del Pil nazionale e 5,8 miliardi di euro dell’export verso gli Usa. In proporzione il Sud pagherebbe il conto più alto in termini di esportazioni dirette negli States: quasi 800 milioni (-9,3%) a fronte di quasi 5 miliardi del Centro-Nord (-8,5%), con una perdita fino 7.300 unità di posti di lavoro. Il maggior impatto nelle regioni meridionali sarebbe in larga parte riconducibile al peso rilevante degli Stati Uniti sull’export che il Sud esprime nell’automotive, nell’agrifood e in parte nella farmaceutica”.

Lo scenario poc’anzi delineato impatta inevitabilmente sulle dinamiche di crescita per il biennio 2025-2026: Svimez prevede un nuovo “sorpasso” del Nord che tornerà a crescere a ritmi più sostenuti del Sud ma con una ricchezza prodotta che a livello nazionale, anche tra il 2025 e il 2026, si manterrà comunque al di sotto dell’1%.



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