Il responsabile territoriale della Uiltucs, Biagio Carfagna, oggi, mercoledì 19 febbraio, ha diffuso una lunga nota sul tema delle mense comunali a Como. La pubblichiamo integralmente di seguito.
Uno dei casi più eclatanti che abbiamo preso come esempio è quello della mensa scolastica di Monte Olimpino dove sono stati trovati dei vermi nelle derrate alimentari destinate ai bambini: questa può restare una notizia di cui parlare o diventare un’opportunità. Sta a noi la scelta: alla nostra volontà di cercare colpevoli contro cui puntare l’indice o, in alternativa, ragioni e prospettive su cui costruire un altro modello di lavoro e di servizio diretto al pubblico.
E, in ogni caso, un simbolo.
Il simbolo di un sistema che, come emerge dalla Delibera di fattibilità del 25 settembre 2024 sul centro unico di cottura del Comune di Como, trasferisce al concessionario “il rischio operativo, di costruzione e manutenzione” scegliendo, è ragionevole pensare, di percorrere la strada del risparmio economico a ogni costo. Lo scopo? Evitare oneri finanziari diretti per l’ente pubblico.
Chiariamo subito: un servizio in carico a un ente privato non deve portare a dei pregiudizi negativi. Anzi, in molti casi bisogna dare atto che, svolto da aziende del settore specifico, è una valida alternativa al pubblico servizio. Affidare a terzi un servizio non deve essere invece lo strumento per coprire delle inefficienze, e delle inadempienze, l’obbiettivo piuttosto deve tendere a rendere possibile a una platea vasta il poter accedere a quello che è palesemente un diritto: la fruizione del pranzo da parte dei nostri bambini nelle mense scolastiche cittadine.
Ed allora, se non è l’eterno scontro Pubblico-Privato a farla da padrona in questa lettera, di cosa si parla? E’ molto semplice: se sia più importante l’eterna corsa alla razionalizzazione dei costi o se invece valga la pena, come noi crediamo sia, investire tempo e fondi per puntare sul buon lavoro. Quello professionalizzante, che punti sulla formazione continua, che assicuri standard di sicurezza adeguati ai lavoratori, che non li faccia sentire l’ultimo ingranaggio del sistema o scarto del tessuto produttivo ma risorse essenziali. E questo a prescindere sotto che egida venga offerto il servizio, pubblico o privato, concedeteci il vanto di voler lasciare a Dante la contesa fra guelfi e ghibellini e volerci occupare dei lavoratori, spesso (troppo spesso) espulsi dal sistema e inglobati solo per qualche indice puntato che cerca il capro espiatorio facile e individuabile!
Noi, della Uiltucs Como, diciamo che quanto accaduto non può essere relegato a notizia di cronaca da discutere al bar la mattina. E lo diciamo con la sobrietà e franchezza che ci ha già visto, nel recente passato, sollevare temi (e promuovere vertenze) le cui buone ragioni sono state riconosciute dai tribunali che ci hanno visto protagonisti: a iniziare dal diritto di una giusta retribuzione del personale della vigilanza privata passando dalla salute e sicurezza nella distribuzione moderna organizzata.
Per questo lanciamo, pubblicamente, la richiesta di rendere ancor più vivo il Contratto Collettivo Nazionale in un lavoro che veda assieme azienda, parti sociali, lavoratori per maggiori investimenti nella formazione. Il testo unico di riferimento, nell’art. 8 che sancisce il diritto a un ambiente di lavoro sicuro e nell’art. 11 che incentiva la formazione continua, ha l’ambizione di sovvertire la ghettizzazione del lavoratore a ingranaggio ultimo del sistema. E di ancor maggiore valorizzazione c’è bisogno, così come prevede l’art. 13, anche prevedendo incentivi economici e misure di sostegno al reddito che, in una provincia come quella di Como che lascia poco spazio alla salvaguardia del potere d’acquisto a partire dal problema abitativo, sono quantomai urgenti e attuali.
Di fronte un fatto di cronaca si può rimanere impassibili, si può limitarsi a denunciare, si può decidere di costruire. La Uiltucs Como chiede e lancia un appello affinché si possa, assieme, costruire un modello organizzativo che possa un domani soddisfare tanto i lavoratori quanto gli utenti del servizio.
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