Donald Trump? No, Cina e Islam i veri pericoli per la Ue – Libero Quotidiano

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Ormai è chiaro: per sperare di essere minimamente accettati in società, occorre fare professione di anti-trumpismo e di anti-muskismo. Si tratta di una “tessera” invisibile ma indispensabile, di un lasciapassare, di una versione politico -culturale dell’odioso greenpass: se ce l’hai, puoi transitare; se non ce l’hai, sei considerato contagiato e potenzialmente contagioso, costretto a giustificarti, guardato con sospetto dal sinedrio dei “buoni e giusti”.

I quali “buoni e giusti”, come si sa, non ne azzeccano una almeno dal 2016: non avevano capito Brexit, non avevano capito il Trump 1, si erano spellati le mani per le restrizioni pandemiche, difendevano Pechino perfino sul Covid, poi ci descrivevano un Biden “lucidissimo”, fino alla rovinosa – per loro – campagna pro Kamala, portata in processione come l’eroina che avrebbe eliminato definitivamente dalla scena Trump.

 

 

 

Come sia finita, lo sappiamo tutti. Eppure gli “esperti” sono ancora lì: cotonatissimi e tronfi, pronti per il rito del trucco & parrucco, e poi per la solita saccente lezioncina in tv sul “pericolo Trump”. Perché, signore e signori, il Presidente degli Stati Uniti è ufficialmente “pericoloso”, secondo i detentori del pensiero accettato.

Ora – non abbiamo difficoltà ad ammetterlo – Trump è indubbiamente un tipo che divide, il suo stesso linguaggio è fatto più per aprire polemiche che per chiuderle, e solo una tifoseria accecata non vedrebbe anche le numerose incognite con cui dovremo misurarci nei prossimi anni. In questo senso, è naturale e comprensibile che, al di qua e al di là dell’Atlantico, vi siano robusti interrogativi sulle sue intenzioni, e anche una fisiologica opposizione dotata di una sua forte contronarrazione. È la democrazia: c’è un vincitore, e ci sono coloro che si preparano a batterlo la prossima volta.

 

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Quel che però sgomenta è la naturalezza con cui è ripartita la macchina della fascistizzazione, della mostrificazione, dell’invettiva morale senza alcun realismo, senza pragmatismo, senza progettualità. La dimensione è quella dell’anatema, della scomunica, anzi dell’esorcismo.

E soprattutto – oplà – coloro che sono tanto lesti a presentarci la Casa Bianca come la sede di una ricostituita associazione a delinquere chiudono occhi-bocca-orecchie, come le famosissime tre scimmiette, davanti ai veri pericoli con cui il nostro Occidente è chiamato a misurarsi: per un verso, le ambizioni egemoniche cinesi; per altro verso, il mostro del fondamentalismo islamico.

Cosa intenda fare Pechino è fin troppo chiaro: una lunga e sleale guerra commerciale, un poderoso riarmo militare, una penetrazione in Europa prima sul piano energetico e poi con i suoi prodotti grazie alla (nostra) follia del Green Deal. Eppure i “buoni e giusti” non ne parlano, fischiettano. Anzi: sono proprio loro, attraverso le follie eco-integraliste, a far mettere al nostro continente la testa nella bocca del dragone. E sono sempre loro – chissà se spontaneamente o spintaneamente – a predicare la necessità di dialogare con Pechino, di interloquire con i Brics, di non essere troppo nettamente schierati nella metà campo occidentale.

 

 

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Allo stesso modo, è fin troppo chiaro – da ormai un quarto di secolo – cos’abbia in mente la galassia fondamentalista islamica. Ce l’hanno spiegato alle Torri Gemelle, al night club di Bali, al treno di Madrid, alla metro di Londra, a Mumbai, a Charlie Hebdo, al Bataclan di Parigi, a Bruxelles, fino alle scie di sangue più fresco e recente, da Monaco di Baviera a Villach in Austria. Vogliono impaurirci, sottometterci e ucciderci.

Eppure quelli del “pericolo Trump” anche in questo caso non fanno un plissé: anzi, negano, attenuano, chiamano in causa razzismo e islamofobia, invocano più cittadinanza e più inclusione, autoflagellandosi e proiettando la colpa sempre e solo sulle nostre società.

Dopo di che, è surreale che costoro si sorprendano di come gli elettori tendano (e tenderanno sempre di più) a spostarsi “a destra”. Dovrebbero rileggere Sofocle e la tragedia di Edipo: il quale si affanna a trovare il responsabile della pestilenza che affligge Tebe, l’assassino che ha causato una così grande sciagura. E troppo tardi comprenderà di essere proprio lui il colpevole. E chi è – oggi – “Edipo”? Sono quegli intellettuali, quei politici, quegli “esperti” che cercano altrove (in genere nel popolo, tra gli elettori) colpe che sono soprattutto le loro.

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