Facciamo un viaggetto e arriviamo in una sperduta cittadina della Finlandia: Lestijärvi, nella regione Ostrobotnia Centrale. La popolazione era in continuo declino: nel 2011 era scesa sotto le 800 unità ed era nato un solo bambino. Cosa pensa di fare quindi l’Amministrazione comunale? Introduce, nel 2012, il bonus bebè. No no, non quello al quale siamo abituati noi… ma a ogni nascita, il sindaco avrebbe staccato un ricco assegno di 10mila euro. Ma, a distanza di più di dieci anni, e con le casse comunali praticamente vuote, di bambini ne sono nati solo 41 (-410mila euro!). Morale della favola, l’incentivo è stato annullato, sia per sopraggiunto deficit, che per chiaro fallimento del tentativo di ripopolamento. Anzi, in realtà il baby boom è durato un solo anno, e rispetto a quella del 2011, la popolazione è diminuita di un altro quinto!
L’esperienza finlandese non è la sola: la politica affronta questo problema in tutto il mondo, ma quali che siano gli incentivi offerti, le persone non fanno più figli. La Cina, dopo decenni di politica del figlio unico, oggi offre trattamenti di fertilità gratuiti; in Ungheria sono previste importanti esenzioni fiscali e denaro contante; mentre Singapore garantisce sussidi a genitori e nonni. Un’agenzia di viaggi danese ha persino lanciato un’assurda campagna pubblicitaria dal titolo “Do it for Denmark” (Fallo per la Danimarca), che vi invito a guardare. In Giappone, lo Stato finanzia servizi di ricerca del partner basati sull’intelligenza artificiale, mentre il governo metropolitano di Tokyo offre una settimana lavorativa di quattro giorni al personale nel tentativo di incoraggiare le persone a diventare genitori.
I governi scandagliano opzioni politiche per contrastare la crisi economica che con l’aumento della popolazione anziana e la diminuzione del bacino di lavoratori, incombe su di loro. Insomma cercano soluzioni a quello che la Fondazione Robert Schuman ha definito “suicidio demografico”. Il calo dei tassi di natalità è un problema universalmente diffuso: nessun continente è rimasto immune da questa tendenza. Due terzi della popolazione mondiale vive ora in paesi dove il tasso di natalità è troppo basso per garantire il ricambio generazionale. Sempre più paesi si aggiungono alla lista. Entro il 2100, si prevede che solo 12 paesi (11 in Africa e Vanuatu, la piccola isola del Pacifico) avranno tassi di fertilità superiori al livello cruciale di 2,1 nascite per donna. Meno bambini e più anziani vorrà dire che il numero di persone in età lavorativa calerà, intaccando le entrate fiscali e aumentando al contempo i costi associati all’invecchiamento, le pensioni e l’assistenza sanitaria. Le ragioni di questa tendenza sono state oggetto di accesi dibattiti, mentre alcune potenziali soluzioni, come l’immigrazione e l’innalzare l’età pensionabile, si sono rivelate profondamente sgradite dal punto di vista politico.
Sarah Harper, professore di Gerontologia e direttrice dell’Oxford Institute of Population Ageing, dice che le indagini condotte su giovani donne in tutto il mondo, dall’Europa al sud-est asiatico, hanno rivelato che l’obbligo sociale per le donne di riprodursi molto diffuso nel passato – e l’idea che se avessero potuto, probabilmente avrebbero avuto dei figli – non esiste più.
Anni e anni di ricerche sulle tendenze demografiche e l’impegno di migliaia di scienziati non sono riusciti a dare una risposta al perché i tassi di natalità continuano a scendere. Tante sono le risposte: l’aumento della famiglia nucleare, l’innalzamento dell’età del matrimonio, il tasso di convivenza, l’età di quando si ha il primo figlio… sempre più avanzata.
Tuttavia, anche se le scelte personali hanno giocato un ruolo nel calo globale della natalità, gli studi indicano che spesso le persone hanno meno figli di quelli che vorrebbero, il che indica che le politiche potrebbero ancora cercare di cambiare la situazione. Barriere come il costo delle case e di asili/babysitter, l’instabilità economica, la persistente disuguaglianza di genere, le condizioni di lavoro poco flessibili e la mancanza di sicurezza del posto di lavoro sono tra i fattori che trattengono le persone dall’avere più figli. Politiche migliori potrebbero non essere in grado di superare questi ostacoli, ma possono contribuire a farlo: politiche di sostegno alla famiglia come servizi per l’infanzia, incentivi economici, migliori condizioni per i genitori sul posto di lavoro possono avere un impatto significativo sulle tendenze demografiche.
I bonus bebè non saranno la panacea, ma qualcosa riescono a smuoverla… le altre due leve in mano ai governi per contrastare lo spopolamento e cioè puntare sull’immigrazione e innalzare l’età pensionabile, beh non godono di grande consenso. Le parole di Edward Davies, direttore del Centre for Social Justice di Londra, ne sono una chiara conferma “Si possono aumentare i tassi di migrazione o l’età pensionabile, oppure incoraggiare le persone ad avere più figli. Nutro il forte sospetto che tra le tre cose, le persone preferirebbero formare una famiglia, mentre dire loro che dovranno andare in pensione più tardi o che è necessaria una massiccia immigrazione, sarebbe decisamente meno popolare”.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link