Il Fondo di garanzia interviene anche in cui il rapporto è proseguito alle dipendenze del cessionario ed il lavoratore ceduto ha semplicemente rinunciato alla solidarietà passiva di quest’ultimo per i crediti maturati alle dipendenze del cedente ed a condizione che il datore di lavoro sia stato dichiarato insolvente ed ammesso alle procedure concorsuali

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La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza n. 1860 depositata il 27 gennaio 2025, intervenendo in tema di intervento del Fondo di garanzia dell’INPS, ha riaffermato il principio secondo cui il diritto del lavoratore di ottenere prestazioni (TFR e/o ultime tre mensilità di retribuzione) dallo speciale Fondo di cui all’art. 2 della legge nr. 297 del 1982 si configura come il diritto di credito a una prestazione previdenziale, distinto e autonomo rispetto al credito retributivo vantato nei confronti del datore di lavoro e rimasto insoddisfatto, che si perfeziona al verificarsi della condizione di insolvenza del datore di lavoro e all’accertamento dell’esistenza e della misura del credito in sede di ammissione al passivo ovvero all’esito di una procedura esecutiva (così Cass. nr. 17643 del 2020).”

La vicenda ha riguardato un dipendente di una società a responsabilità limitata che cedeva ad una società per azioni l’azienda con contestuale stipula di un accordo sindacale ex art. 47 della legge nr. 428 del 1990, con cui si era convenuto che restassero in capo alla cedente i debiti maturati dai lavoratori ceduti alle sue dipendenze, anche a titolo di TFR. Successivamente la società cedente falliva. Il rapporto di lavoro con la cessionaria si risolveva per dimissione del dipendente. Il lavoratore ritenne che sussistevano tutti i presupposti per l’intervento del Fondo di garanzia. L’INPS rifiutava l’intervento del Fondo. Il dipendente citava in giudizio l’INPS per il suo rifiuto. Il Tribunale adito accoglieva le richieste del lavoratore condannava l’INPS, quale gestore del Fondo di garanzia, a corrispondere il TFR e le ultime tre mensilità di retribuzione maturate alle dipendenze della s.r.l. L’INPS impugnava la sentenza di primo grado. La Corte di appello confermava la pronuncia di primo grado. L’INPS, avverso la decisione di appello, proponeva ricorso per cassazione fondato su due motivi di censura.

I giudici di legittimità accoglievano il primo motivo, assorbito il secondo.

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Per gli Ermellini Le condizioni di intervento del Fondo di garanzia risultano tassativamente indicate dall’art. 2 della legge nr. 297 del 1982, emanato in attuazione della Direttiva 80/987/CEE, e presuppongono che sia stato dichiarato insolvente ed ammesso alle procedure concorsuali il datore di lavoro che è tale al momento della cessazione del rapporto di lavoro (così Cass. nr. 19277 del 2018 cit. e successive, per ciò che riguarda il TFR, e Cass. nr. 24889 del 2019, punto 7, per «i crediti di lavoro […] inerenti gli ultimi tre mesi del rapporto di lavoro» di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 80 del 1992).”

Per il Supremo consesso per i «crediti di lavoro, diversi da quelli spettanti a titolo di trattamento di fine rapporto, inerenti gli ultimi tre mesi del rapporto di lavoro», scopo della direttiva europea è l’assicurazione di una copertura del Fondo di garanzia per i crediti insoddisfatti che siano maturati in quel determinato periodo di tempo in cui si può ragionevolmente presumere che l’inadempimento datoriale sia conseguenza della sua condizione di insolvenza, non anche la copertura di un qualsiasi inadempimento verificatosi in danno del lavoratore (così, in motivazione, Cass. nr. 24889 del 2019, cit.); ed è per contro evidente che, ammettendo l’intervento del Fondo anche in fattispecie come quella per cui è causa, in cui il rapporto di lavoro è proseguito alle dipendenze del cessionario e il lavoratore ceduto ha semplicemente rinunciato alla solidarietà passiva di quest’ultimo per i crediti maturati alle dipendenze del cedente, lo si graverebbe del pagamento di una prestazione che non può considerarsi dovuta, perché ad essere fallito è colui che non è più datore di lavoro del lavoratore assicurato, di talché, mancando in radice il legame necessariamente postulato dalla Direttiva 80/987/CEE tra l’insolvenza datoriale e l’inadempimento del credito retributivo, si verrebbe necessariamente a sviare il patrimonio del Fondo di garanzia dalla causa che ne ha determinato l’istituzione, in contrasto con la precisa lettera dell’art. 2, comma 8, della legge nr. 297 del 1982, che vieta d’impiegare le disponibilità del Fondo «al di fuori della finalità istituzionale del fondo stesso» (così Cass. nr. 37789 del 2022).

(…) Contrari argomenti non possono trarsi dal fatto che la rinuncia alla solidarietà passiva del cessionario abbia avuto luogo in esecuzione di un accordo sindacale concluso ex art. 47 della legge nr. 428 del 1990: l’intervento del Fondo di garanzia costituisce infatti adempimento di un’obbligazione pubblica che trova nella legge di derivazione comunitaria la propria disciplina e non può che rimanere insensibile ad eventuali pattuizioni intercorse tra le parti private con cui – in deroga alla garanzia apprestata dall’art. 2112 c.c. – si sia esclusa la solidarietà dell’impresa cessionaria, trattandosi di res inter alios acta (in argomento: Cass. nr. 16740 del 2024. In precedenza, Cass. nn. 10602, 9579 e 6842 del 2023). “



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