Il nostro ambasciatore nella Repubblica democratica del Congo fu ucciso il 22 febbraio 2021 da un commando armato. Cinque uomini sono stati condannati all’ergastolo, in attesa di appello, in un processo molto discusso. Mentre gli organizzatori del viaggio, nonostante siano stati individuati come responsabili delle gravissime falle nella sicurezza, non saranno mai processati per lo scudo dell’immunità diplomatica. Il podcast “L’ambasciatore dimenticato” prova a ricostruire tutta la vicenda
Sono passati quattro anni da quel tragico 22 febbraio 2021 in cui Luca Attanasio, ambasciatore italiano nella Repubblica Democratica del Congo, il carabiniere di scorta Vittorio Iacovacci e l’autista congolese del Pam, Programma alimentare mondiale dell’Onu, Moustapha Milambo, rimasero uccisi nell’agguato teso da un gruppo di uomini armati a qualche decina di chilometri da Goma, capitale del Kivu del Nord. Di risultati tangibili dai percorsi processuali se ne vedono ben pochi.
Il processo all’italiano Rocco Leone e al congolese Mansour Rwagaza, rispettivamente direttore ad interim e responsabile della sicurezza del Pam Congo, accusati dalla procura di Roma di gravissime inadempienze nella preparazione del viaggio, che si sono rivelate fatali, si è concluso con un “non luogo a procedere” a causa dell’accettazione da parte della procura delle istanze di immunità diplomatica presentate dal Pam.
Quello celebrato nel tribunale militare di Kinshasa ai cinque presunti esecutori dell’agguato, che ha condotto alla condanna all’ergastolo (in attesa di appello), è un procedimento pieno di incongruenze, considerato da molti una farsa per produrre capri espiatori e chiudere la questione.
Se non siamo al nulla di fatto, poco ci manca. In una delle prime interviste con l’autore di questo podcast Salvatore Attanasio, il padre di Luca, disse che in altri tempi per l’omicidio di un ambasciatore «si sarebbe scatenata una guerra». Nessuno si augura ovviamente l’avvio di un conflitto, in particolare nel Congo travolto proprio in questi giorni dall’ennesimo scoppio di violenze nelle zone orientali, dove, dalla fine di gennaio, la milizia filo-rwandese M23 ha prima conquistato Goma e qualche giorno fa Bukavu, capitale del Kivu del Sud. Pochi però si aspettavano che una vicenda così grave venisse trattata dalle nostre istituzioni, ma anche da quelle dell’Onu e del Congo, con un impegno quantomeno frenato.
Ne sono esempi la mancata costituzione di parte civile dell’Italia, la scarsa collaborazione tra stati e organismi transnazionali e la soddisfazione ostentata – non solo degli inquirenti congolesi ma anche dei nostri – per il processo di Kinshasa.
Il podcast
È da queste considerazioni che parte l’idea di “L’ambasciatore dimenticato”, un podcast che approfondisce la figura di Luca Attanasio, il contesto in cui ha operato, le questioni che si trovava ad affrontare e le circostanze della sua morte. La prima puntata esce oggi, le altre ogni giovedì fino al 20 marzo. Attraverso le voci dei familiari, quelle inedite dei più diretti testimoni, alcuni dei quali mai ascoltati dagli investigatori, grazie alla ricostruzione degli eventi, dei processi e delle scelte politiche, questo podcast prova almeno a suggerire una serie di domande irrisolte. Alcune inquietanti.
Dietro all’organizzazione scellerata del viaggio senza scorta e con macchine non blindate su un tratto di strada tra i più pericolosi d’Africa, che avrebbe dovuto condurre Attanasio a ispezionare una mensa scolastica per bambini a Rutshuru, finanziata dall’Italia, affidata al Pam, ma mai neanche avviata, ci sono solo “omesse cautele” e gravissime inadempienze, come sostengono la procura di Roma e un’indagine interna Onu; oppure c’è di più? E perché nel processo contro gli organizzatori di quel viaggio, Leone e Rwagaza, che si è chiuso con un “non luogo a procedere”, il nostro stato non si è costituito parte civile?
I cinque congolesi condannati all’ergastolo in attesa di appello, poi, sono i veri esecutori o capri espiatori? E perché gli inquirenti congolesi e quelli italiani si sono accontentati di un processo colmo di incongruenze a partire dalla mancanza dei legali nei primi interrogatori degli imputati, le cui confessioni sarebbero state estorte con la violenza?
Nelle puntate, viene riservata un’attenzione particolare ai giorni subito prima della morte dell’ambasciatore Attanasio, in particolare l’ultima cena organizzata, la sera prima del viaggio fatale, in un ristorante italiano a Goma. E alle allarmanti verità che il diplomatico potrebbe aver scoperto.
Scavando negli eventi di quelle ultime ore di vita, emergono elementi che avrebbero meritato di essere approfonditi. In una sequenza rapida, Attanasio scopre prima gravi distrazioni di fondi, sente di essere stato tradito, rivela a persone di cui si fida i suoi dubbi e, infine, seduto a tavola, ascolta le forti perplessità di alcuni commensali, profondi conoscitori del contesto del Kivu, riguardo al viaggio che intraprenderà il giorno dopo senza nessuna scorta.
Nel podcast si avanzano ipotesi, si fanno collegamenti. Nessuno di loro può indiscutibilmente essere considerato assolutamente giusto, né indubbiamente vero. Di sicuro non è stato fatto molto per verificarlo.
La prima puntata de “L’ambasciatore dimenticato” è online dal 20 febbraio su Spotify e sulle altre piattaforme. L’autore è Luca Attanasio, giornalista esperto d’Africa, perfettamente omonimo del nostro ambasciatore.
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