“Senza casa, senza lavoro e con una figlia minorenne. Così sono stata costretta a lasciare la mia Bologna”

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Cristina ha 47 anni, è una mamma bolognese che dallo scorso ottobre è stata costretta a lasciare la sua amata città per vivere a Palermo insieme alla figlia minorenne. La sua è una ‘non scelta’. Non si è trasferita in Sicilia per un lavoro, né per un progetto. Si è trasferita perché non sapeva dove altro andare. Dopo aver perso casa e lavoro, Cristina è rimasta sola e – come racconta – senza aiuti risolutivi da parte del Comune o da altri enti. È in attesa di una casa popolare, ma i tempi, dice, sono biblici. Ha difficoltà a ricevere l’assegno di inclusione, perché per farlo dovrebbe presentarsi di persona a Bologna, ma vivendo a tanti chilometri di distanza e senza un lavoro sarebbe per lei una spesa insostenibile.  

Quella di Cristina è una storia triste, come ce ne sono tante purtroppo, che ci restituisce la nostra città, dove il costo della vita è proibitivo per nuclei monoreddito, figurarsi per chi non ha neppure quello. E dove l’emergenza abitativa è crescente e palpabile. Cristina spera che per lei e la sua bimba possa esserci un futuro migliore, proprio qui all’ombra delle torri. Così ha deciso di far sentire la sua voce, attraverso una lettera – che riceviamo e pubblichiamo  – sperando di poter fare arrivare la sua vicenda a più persone possibile, e magari anche a quelle persone che questa storia hanno il potere di cambiarla.

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La lettera di Cristina

“Sono Cristina, 47 anni, ultima erede di una famiglia bolognese che non esiste più […] Dopo la morte di mio padre ho dovuto abbandonare gli studi presso l’Alma Mater di Bologna e ho cominciato subito a lavorare, destreggiandomi con la pesante malattia di mia madre.

In questo quadro triste, c’è stato un raggio di sole meraviglioso, la nascita di mia figlia nel 2009. Durante il periodo Covid mia madre viene a mancare e mi separo. Io e mia figlia rimaniamo sole.

All’epoca abitavamo a Trebbo di Reno, ma da sola non potevo permettermi di rimanere là. Dopo aver lavorato come donna delle pulizie […], a dicembre 2021 trovo lavoro presso una copisteria del centro di Bologna. Da qui inizia il mio “vero calvario”.

Mi viene offerto “verbalmente” un contratto a tempo indeterminato il 17 gennaio del 2022 (per tutto il mese di Dicembre 2021 ho lavorato in nero) che avrebbe previsto 40 ore settimanali (8 ore giornaliere) dal lunedì al venerdì […]

Otto ore giornaliere non lo sono mai state; la media erano 10/11h giornaliere; straordinari mai pagati e un netto in busta di 900/1000 euro; il sabato lavoravo in nero; a parte questi abusi amministrativi già gravi di per sé, l’aspetto più gravoso era quello morale; erano all’ordine del giorno umiliazioni davanti ai clienti […]

Ho sopportato per la paura di perdere la mia unica fonte di reddito e per l’ottimo rapporto intessuto con i clienti […]

Spiegando la situazione abitativa in cui mi trovavo e che ero in cerca di un piccolo appartamento fino a che non fosse stata portata avanti la pratica Acer, la titolare mi mette in contatto con un agente immobiliare. Mi viene offerto l’appartamento di un’anziana (con amministratore di sostegno) che si trova in una casa di cura […] Mi viene proposto un contratto di tre anni con un canone mensile di euro 430 più 150 euro mensili per le spese di condominio.

Accetto l’offerta e verso caparra di due mensilità (860 euro), il mese entrante (430 euro), 400 euro di spese di agenzia e 120 euro per la registrazione del contratto. Nel frattempo, vista la mia busta paga bassa mi viene chiesto anche un garante. Io sono orfana e come unico parente ho uno zio, fratello di mio padre, che si è prestato a farmi da garante e al quale viene chiesto di versare altri 5000 euro. Incassate queste somme entro nell’appartamento ad aprile 2022, costretta dalla titolare a fare trasloco durante un weekend per non mancare al lavoro.

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Un mese dopo mi arriva, da parte del condominio, il rendiconto delle spese per l’anno e mi ritrovo da pagare rate bimestrali da 986 euro l’una; superiori del 164% rispetto a quanto previsto dalla proposta di affitto […] Chiedo spiegazioni all’amministratore di condominio e mi viene detto che, a causa della richiesta del bonus facciate e dell’aumento del gas le rate erano lievitate.

Era per me impossibile pagare tale cifra e decido di rivolgermi ai servizi sociali insieme a mia figlia per denunciare l’accaduto e di come poter affrontare una simile situazione soprattutto tenendo conto che avevo già fatto richiesta per avere una casa Acer. I servizi sociali ascoltano la mia storia ma non paiono assolutamente proattivi nel darmi consiglio.

Le mie difficoltà aumentano, fatico anche a pagare l’affitto; da qui cominciano ripetute minacce di sfratto. Ad aprile del 2024 entro finalmente in graduatoria definitiva Acer, con un punteggio però basso. Chiedendo consiglio ad un dipendente Acer mi viene consigliato di chiedere io stessa lo sfratto all’amministratore di sostegno. L’atto di sfratto affettivo mi avrebbe permesso di aggiungere punti in graduatoria ed avere l’emergenza abitativa.

Chiedo quindi un colloquio con l’amministratore di sostegno e chiedo di concedermi lo sfratto per poter salire in graduatoria per l’assegnazione della casa popolare e per togliermi da quella situazione che mi portava solo angoscia (la volontà era quella di uscire da quel circolo vizioso che si era creato fra casa e lavoro). Lei mi nega tale l’atto per ben due volte (ciò contrasta con le sue minacce e mi chiedo ancora il perché) ma mi chiede comunque di lasciare l’appartamento nel più breve tempo possibile, perché avrebbe potuto far entrare nell’appartamento almeno tre studenti universitari e guadagnare il triplo rispetto a quello che avrebbe guadagnato da me.

L’amministratore di sostegno mi convoca nel suo studio, mi ribadisce che non mi avrebbe concesso lo sfratto ma mi fa firmare un foglio in cui mi impegno a lasciare l’appartamento di Bologna entro fine giugno. Io, per paura firmo e decreto così la sua vittoria e la mia sconfitta […] Dopo agosto sono costretta a consegnare le chiavi dell’appartamento e ritrovarmi in mezzo ad una strada, senza nulla con mia figlia. Nessuna pietà.

L’unico posto in cui potessi andare è stato Palermo, dove vivono i miei ex suoceri e che, conoscendo la situazione ci hanno accolto nella loro casa. Qui siamo ancora oggi, febbraio 2025.

So che nell’appartamento non è entrato nessun studente e che non è stato affittato a nessuno. Ho ancora là la maggior parte delle mie poche cose. Tra l’altro, i ragazzi che erano miei vicini sono andati via per le spese eccessive e negli appartamenti sono stati organizzati i famosi B&B con i “lucchetti con codice”.

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Questa la situazione di una donna sola, lavoratrice da sempre, a Bologna con una figlia minore. Mia figlia ha lasciato tutti i suoi progetti, tutte le sue amicizie, io ho perso il lavoro e ora ci ritroviamo in una città completamente diversa. E non ci sono soluzioni.

Nonostante sia stata richiesta dagli assistenti sociali l’emergenza abitativa, mi viene consigliato dagli stessi assistenti di non tornare a Bologna perché non ci sono fondi per assegnazioni. La mia domanda Acer sarà rivista, con tutti gli aggiornamenti accaduti, solo ad aprile. Ma al momento disponibili vi sono solo posti in alberghi e per periodi transitori.

Per rendere ancora più complicata la situazione mi ritrovo sospesa anche l’ Adi (assegno di inclusione, ndr) che ho percepito fino ad ottobre; il motivo è che non mi sono presentata dopo i 90 giorni presso gli uffici degli assistenti sociali perché sono a Palermo… (siamo nell’era del digitale, dell’intelligenza artificiale ma non riusciamo a fare una videochiamata tramite qualsiasi piattaforma, siamo schedati ovunque con SPID, app IO, app per digitalizzare i documenti ma non siamo capaci di usarli per le vere necessità).

Quindi senza casa, senza lavoro, senza nessuna certezza, piena solo di procedure burocratiche sterili. Sono in un vicolo cieco e così, come me, probabilmente tante”.



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