Vendita delle acciaierie d’italia al migliore offerente: quale futuro?

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Con una precedente e dettagliata memoria redatta della Federazione Dirigenti di Taranto, nel mese di Novembre avevamo messo in risalto le problematiche legate alla privatizzazione delle Acciaierie d’Italia per come veniva condotta e per i gruppi partecipanti alla gara.

La memoria è stata poi successivamente pubblicata sul quotidiano locale Buonasera Taranto del 10/12/2024 con un titolo che voleva porre in evidenza i rischi dell’operazione: “ Ex Ilva, questa vendita pericolosa per il futuro”. L’effetto delle considerazioni e delle perplessità espresse, è stato pressochè nullo visto che poi le cose sono proseguite nella direzione voluta e già tracciata dal governo e portata avanti dai commissari anche se, non eravamo i soli a porre in evidenza le pesanti criticità poiché molte componenti sindacali ed imprenditoriali vedevano e continuano a vedere, un rischio nella totale assenza dello stato italiano.

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Certo lo Stato veniva fuori malamente da una partecipazione del 38% di Invitalia alla precedente fallimentare gestione di Arcelor Mittal che aveva portato alla amministrazione straordinaria. Ma anche in quella esperienza dobbiamo rilevare, di fatto, una assenza di concreta partecipazione e controllo all’andamento aziendale pur con una presenza del 38%. Spesso il ministro Urso fa riferimento a questa negativa esperienza per voler tirare fuori totalmente lo Stato e la sua partecipazione.

La situazione relativa alla vendita delle attività siderurgiche delle Acciaierie d’Italia, per quanto apprendiamo dalla stampa, lascia fortemente perplessi e preoccupati ed i dubbi sulla possibilità di tenere in vita le Acciaierie d’Italia, con le sue fondamentali e strategiche realtà industriali nel prossimo futuro, appaiono più che motivati.

In particolare rileviamo:

  • Il bassissimo livello delle offerte economiche ricevute rispetto all’expected;
  • l’assenza di player internazionali di rilevo nella siderurgia a ciclo integrale ma la partecipazione di gruppi con limitata esperienza e non sempre titolati ad una gestione industriale.
  • Non chiara definizione degli aspetti energetici che sono certamente un nodo rilevante per le future politiche industriali e per gli assetti impiantistici.
  • Occupazione ridotta con evidenti rischi e poche garanzie sul mantenimento degli impegni assunti.

Questa situazione dovrebbe far riflettere il governo sulla necessità di partecipare in modo consistente, almeno per un quinquennio, in modo attivo con gruppi di lavoro operativi, al rilancio dell’Acciaieria di Taranto, di Cornigliano e di Novi Ligure: le risorse qualificate necessarie sono già presenti nella fabbrica per portare avanti qualsiasi progetto di sviluppo ed anche note aziende  italiane di livello internazionale per l’ingegneria  e le realizzazioni.

 Del resto, i prezzi di vendita realizzabili non sono allettanti e sarebbero presto assorbiti dai costi della cassa integrazione e dalle inevitabili liti contrattuali. Dunque si vuole, pur di disfarsene, regalare la fabbrica al primo venuto con l’idea di disfarsi di una complessa e pesante situazione. Ma di fatto è difficile intravedere una possibilità di successo che porti queste fabbriche ad essere operative con un rilancio negli anni a venire ed uno sviluppo tecnologico.

Non illudiamoci, questa nostra siderurgia, non sarà in grado di sviluppare profitti prima di tre anni e figuriamoci se un gruppo privato potrà farsi carico di questa situazione ed accollarsi perdite ed investimenti.

Nel mentre Biden ha bloccato la vendita della US Steel alla giapponese Nippon Steel (per 15 Mrd di dollari) ritenendo importane e strategica la produzione di acciaio nazionale, l’Italia sovranista si vuole liberare dell’acciaio nazionale cedendolo a gruppi di affari che vanno dagli Americani (gruppo finanziario) agli Azeri (produzione di acciaio di circa 1 Mt/anno con un forno elettrico) o agli Indiani di Jindal Steel.

Dove sono le garanzie ed i piani industriali, le necessità energetiche ed i futuri bilanci? Non è bastata la precedente negativa esperienza con uno dei principali gruppi industriali mondiali dell’acciaio? Ricordiamoci che in pochi anni la nostra siderurgia è stata messo in ginocchio volutamente, mentre lo Stato non riusciva a porre rimedio!

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Cosa ci aspettiamo, adesso e nel prossimo futuro, se si continua a perseverare?

Autori:  Roberto Pensa, Michele Conte



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