L’odio social può avere “serissime conseguenze”. Specie a chi commenta su Facebook invitando i migranti, più o meno velatamente, a farsi “accogliere” nella Risiera di San Sabba. Lo conferma e lo spiega a Trieste Prima Cathy La Torre, alias Avvocathy, attivista e avvocata, specializzata in diritto antidiscriminatorio e recentemente nominata cassazionista, nota per la sua attività divulgativa in materia di legge. La Torre è stata oggi relatrice a Parole O_stili, (il festival della comunicazione non ostile, che ha avuto luogo nel centro congressi in Porto Vecchio) e abbiamo approfittato per chiederle, a margine dell’incontro, cosa rischiano a livello legale coloro che esprimono odio razziale sui social con riferimento ai campi di concentramento.
“Migranti in risiera”
La domanda è stata purtroppo ispirata da commenti sulla nostra pagina Facebook, in particolare all’articolo sulla nuova sala d’attesa per i migranti in via Udine. Tristemente, più di qualcuno ha avuto la medesima idea, con commenti di questo tenore: “Più solidale de Valmaura, parcheggio, posto con riscaldamento autonomo, butemo avanti bori”, oppure “Xe anche a Valmaura un posticino per le nostre amate risorse”. I non triestini potrebbero non cogliere che Valmaura è il rione dove ha sede la Risiera di San Sabba, ex campo di concentramento, unico in Italia. Difficile interpretare in altro modo questi commenti e la stessa trovata, a volte con parole più precise, è stata suggerita anche sulle pagine social di altre testate.
I rischi per gli haters
Ma davvero non rischia nulla, chi si lascia andare a questo tipo di umorismo? Ecco come risponde l’avvocato Cathy La Torre: “Le persone devono conoscere la legge entro cui ci muoviamo. Istigare all’odio nei confronti di una persona in base alla sua origine è un crimine d’odio che rientra dentro la cosiddetta legge Mancino. Quindi bisogna stare anche attenti, perché ci possono essere delle serissime conseguenze. Io ho seguito il caso di un uomo di Vicenza che aveva pubblicato la foto di un forno, dicendo che era il posto adatto per la senatrice a vita Liliana Segre”. E com’è finita? “Ho denunciato quest’uomo per incitamento all’odio antisemita – spiega l’avvocato – ha subìto un processo e ha avuto delle conseguenze, c’è una condanna. Quindi io dico anche alle persone che in questo momento a Trieste stanno istigando all’odio razziale, richiamando cose inaudite come i campi di concentramento, che possono subire delle conseguenze”.
Sentirsi al sicuro?
Il caso citato da La Torre, tuttavia, si riferisce a un insulto contro una persona specifica, ma gli haters sopra citati fanno riferimento a una massa indistinta di persone e per questo, forse, si sentono al sicuro dalle aule dei tribunali. Lo sono davvero? Pare proprio di no. “Anche in questo caso, per esempio – spiega il legale -, un’associazione di settore come l’Asgi, l’Associazione di studi giuridici sull’immigrazione, oppure l’associazione Primo Marzo, che tutela le persone migranti, potrebbe denunciare. Quindi è legittimata, passiva e attiva, a fare una denuncia nei confronti della persona che individuerà perché noi abbiamo delle identità digitali, ma dietro ci sono delle persone fisiche e può arrivare a casa una denuncia. Anche la Polizia Postale potrebbe indagare autonomamente, perché è un reato perseguibile d’ufficio, cioè direttamente da parte delle forze dell’ordine”.
Cyber Stalking
A proposito di odio social, Cathy La Torre ha dichiarato nel suo intervento al Festival di essere stata vittima di cyber stalking: “Nel 2018 una persona mi ha minacciato più volte di morte tramite i social ed stata necessaria anche una protezione di secondo livello da parte della Digos e delle forze dell’ordine. Quello è stato l’unico momento in cui io ho pensato che le cose online potessero sconfinare nell’offline, cioè nella realtà. Più che parlare di me vorrei parlare delle decine di migliaia di persone che oggi subiscono cyber stalking, che sono donne e uomini, ma in prevalenza donne. Queste persone hanno una vita rovinata perché chi fa stalking agisce dentro la rete e poi fuori dalla rete”. Un passaggio che, però, non vale solo per le vittime poiché anche gli aggressori online, come spiegato, possono avere ripercussioni “offline”. Lo prevede la legge.
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