Lungo l’arco della scuola secondaria di secondo grado, studiando letteratura si intercettano incessantemente le risonanze di guerre che hanno riguardato più o meno da vicino la vita di poeti e scrittori. Ma forse mai come nel corso del quinto anno, quando si attraversa il Novecento, è possibile osservare così da vicino e attraverso un gran numero di testimonianze la natura e le implicazioni di un conflitto di grandissime proporzioni.
L’inedita e spropositata violenza delle guerre mondiali fu tale da provocare una profonda trasformazione nel modo di percepire e rappresentare la realtà in molti di coloro i quali assistettero, direttamente o indirettamente, a quei traumatici eventi. I due conflitti che hanno funestato la prima metà del XX secolo sono stati l’epicentro di un ripensamento che ha coinvolto, fra l’altro, le categorie di corpo umano e urbano. L’eredità più ingombrante della Prima guerra mondiale, infatti, è stata il corpo dei reduci, tornati a casa con le tracce indelebili degli orrori sperimentati al fronte; in seguito, la Seconda guerra mondiale ha portato avanti con mezzi ancor più radicali la cancellazione dell’essere umano, compromettendone irreparabilmente l’integrità (basti pensare ai corpi resi cenere nei lager o polverizzati dalle atomiche). Entrambi i conflitti hanno poi trasfigurato i luoghi nei quali si sono svolti: la «Zona» di guerra si è estesa progressivamente, seguendo un movimento centripeto che dalle trincee porta in città, sicché i paesaggi della Grande guerra – cariati da mitragliatrici, cannoni e mortai – hanno lasciato ben presto il passo alle devastazioni urbane provocate dai bombardamenti aerei della guerra «Grandissima»1.
Nel corso del quinto anno, in classe, solitamente ci si accosta a questi drammatici eventi con la lettura parziale o integrale di libri che raccontano di esperienze vissute (Ungaretti, Sereni) o narrano storie a tema (Calvino, Fenoglio). Ma è anche possibile ipotizzare dei percorsi didattici tematici con i quali attraversare le guerre mondiali: due temi che possono essere proposti alle classi riguardano per l’appunto il corpo e la città. Debitamente inquadrati nell’opportuno contesto storico, questi percorsi raccoglieranno voci diverse, da approfondire con sondaggi più o meno consistenti in base all’interesse del docente e della classe, per dare conto dell’importanza e della pervasività che raggiunsero dopo le guerre le riflessioni intorno al corpo sfigurato e alla città distrutta. La letteratura funzionerà dunque come «documento»2 capace di testimoniare efficacemente una svolta nella visione del mondo occidentale all’indomani del 1918 e del 1945. Per questi percorsi è previsto inoltre il coinvolgimento di altre discipline: la storia, naturalmente, le letterature straniere, la storia dell’arte e il diritto.
Il corpo in guerra
La Prima guerra mondiale provocò, oltre ai milioni di morti, un elevatissimo numero di invalidi e mutilati3; l’immagine del corpo ferito o dilaniato del soldato torna infatti con insistenza in numerose opere del tempo. La classe può iniziare a prendere consapevolezza del rilievo di questa figura – il superstite sfregiato – muovendosi sui territori familiari della poesia italiana: un punto di partenza efficace sono senz’altro i versi di Rebora («C’è un corpo in poltiglia / Con crespe di faccia, affiorante / Sul lezzo dell’aria sbranata», Voce di vedetta morta; «O ferito laggiù nel valloncello […] Tra melma e sangue / Tronco senza gambe», Viatico) e di Ungaretti («Una intera nottata / buttato vicino / a un compagno / massacrato / con la sua bocca / digrignata», Veglia); attraverso l’Ungaretti del Porto Sepolto, peraltro, oltre alla lettura a campione di testi significativi, si possono inseguire piste lessicali, come il lemma «fibra» – il «brandello di tessuto organico nel quale, alla fine, si riconosce ridotto l’essere umano, spogliato di tutto»4 – per ricostruire e analizzare il campo semantico bellico elaborato dal poeta di Alessandria.
In seguito, insieme al o alla docente di storia dell’arte, la classe può confrontare le descrizioni dei poeti italiani con la rappresentazione dei soldati feriti offerta da alcuni artisti: un esempio è il pittore tedesco Otto Dix, tanto nel trittico La guerra (Der Krieg, 1929-32) quanto nei Giocatori di Skat (Die Skatspieler, 1920), nel quale sono raffigurati i corpi martoriati di reduci di guerra tragicamente rammendati e aggiustati.
Si possono poi affiancare le opere di autrici e autori stranieri con le e i docenti di letteratura inglese e, eventualmente, di altre lingue. Un esercizio che si può tentare con alcune classi è la lettura di Ellen La Motte, infermiera americana volontaria in Belgio durante la guerra, poco nota in Italia e non ancora tradotta. Nel suo libro di racconti, The Backwash of War (1916), reperibile gratuitamente in rete, un testo emblematico è A Surgical Triumph, che narra di una operazione di «rebuilding» su di un uomo gravemente ferito durante la guerra. Si può tentare un laboratorio di traduzione del racconto, diviso per parti su cui lavorare in gruppi.
In alternativa, non solo con quanti studiano altre lingue, si possono leggere – e non obbligatoriamente in originale – le testimonianze di altri autori, come lo spagnolo Miguel de Unamuno o il tedesco Leonhard Frank (il docente può preparare una piccola antologia di testi di questi autori da distribuire alla classe)5. Questi naturalmente sono solo alcuni nomi possibili fra i vari che possono essere individuati: ciò che conta è mostrare alla classe quanto il tema del corpo sfigurato dalla guerra sia sentito all’indomani della Grande guerra e venga sviluppato da diversi autori. Maggiore sarà il numero di esempi riportati, più sarà evidente alla classe che si tratta di un tema di estrema rilevanza.
Al termine di questa prima parte del percorso, una prima acquisizione è quindi che il corpo passato attraverso la Prima guerra mondiale non ne uscì indenne, tutt’altro: si tratta di un corpo le cui cicatrici raccontano eloquentemente l’eccezionalità di quel conflitto, diverso per intensità e violenza da tutti quelli combattuti prima di allora.
A questo punto, la classe può essere condotta nella seconda parte del percorso attraverso il confronto tra il corpo prodotto dalla Prima guerra mondiale e quello compromesso irreparabilmente dalla Seconda. Perché a differenza del conflitto che insanguinò mezzo mondo fra il 1914 e il 1918, la guerra successiva, portata avanti con strumenti di morte ancor più distruttivi, suscitò nell’immaginario collettivo l’immagine di un corpo annichilito, oramai ridotto ai minimi termini, quasi integralmente cancellato, provocando inoltre l’insorgenza di una nuova, tragica consapevolezza: non era più solo l’essere umano a poter essere ucciso, ma l’intera umanità.
Ecco dunque che la letteratura racconta di questa svolta inaudita con pagine ustionanti: un testimone d’eccezione in Italia è Primo Levi, tanto con il racconto Angelica farfalla (in Storie naturali, 1966), quanto con un drammatico apologo da I sommersi e i salvati (1986) in cui si rivela la sorte delle «ceneri umane» dei deportati, che diventano «materiale da calpestare» nei lager6; ugualmente significative, in questo senso, le descrizioni dei reperti esposti nel Museo atomico di Nagasaki fatte da Günther Anders7, a cui si può accostare la visione del film Hiroshima mon amour (1959) di Alain Resnais.
In aggiunta, si possono evocare artisti celebri e altri meno noti, proiettando in classe tanto le cause delle trasformazioni dei corpi – dalle torture nei gulag rappresentate dai raccapriccianti disegni di Foma Jaremtschuk alla serie di teste degli Ostaggi (1942-45) di Jean Fautrier nate dalla visione delle esecuzioni di partigiani francesi a opera dei nazisti –, quanto gli effetti – i corpi scomposti di Picasso, a partire da Guernica (1937), o quelli dipinti da Francis Bacon dopo il 1943.
Come la storia dell’arte, anche il diritto può offrire spunti utili ad arricchire il quadro. In questo senso è possibile leggere la novità segnata dall’articolo 1 della Costituzione della Repubblica Federale Tedesca con il Grungesetz, la Legge fondamentale del 1949, che indicava nel valore riflessivo della «dignità» (Würde)8, posto come articolo incipitario della carta in sostituzione del valore illuministico dell’uguaglianza, il perno ideologico su cui rifondare la giustizia dopo le sperimentazioni naziste sui corpi delle cavie (il cosiddetto «materiale umano»)9. E con il docente della materia si può ragionare su questa innovazione nella grammatica giuridica in consonanza con le risposte alle bordate della storia provenienti da altre discipline.
La città in guerra
Un altro percorso possibile, simile per struttura e andamento (ragionare sulla guerra mettendo a confronto gli effetti della Prima e della Seconda guerra mondiale accostando documenti da diversi ambiti), riguarda la città. Anche in questo caso è possibile prendere le mosse dai versi dei poeti italiani che hanno partecipato alla Grande guerra, e ancora una volta i versi di Rebora («sul paese che fu», Fonte nelle macerie) e di Ungaretti («qualche / brandello di muro», S. Martino del Carso) sono il primo viatico per valutare le conseguenze della Grande guerra sul paesaggio italiano10; si possono però tentare anche strade meno battute, poeti meno frequentati11, oppure rivolgersi ad autori più recenti, come Andrea Zanzotto («tra pezzi di guerra sporgenti da terra», Rivolgersi agli ossari).
In aggiunta, la classe può vedere il panorama italiano postbellico in Umanità (1919)12, di Elvira Giallanella, un film dall’eccezionale valore documentario (è stato girato nelle zone del Carso subito dopo la fine della guerra) oltre che testimonianza preziosa di una pellicola diretta da una donna.
Con il/la docente di storia, la classe imparerà le novità nel modo di combattere introdotte durante la Prima guerra mondiale, e su tutte l’uso di aeroplani e dirigibili13 per bombardare, oltre che gli obiettivi militari, anche le città: la guerra, da questo momento, riguarderà sempre più la vita dei civili.
Collateralmente, studiando letteratura inglese sarà possibile leggere la testimonianza di prima mano di Virginia
Woolf, che nei suoi Diari, alla fine di ottobre del 1917, racconta del «buco» provocato da uno Zeppelin a Piccadilly Circus14; in alternativa, si potranno seguire le riflessioni di Herbert G. Wells, che nel suo romanzo di fantascienza La guerra nell’aria (1908) aveva previsto le conseguenze catastrofiche di un conflitto combattuto con mezzi aerei.
A questo punto, la classe può essere condotta nella seconda parte del percorso attraverso il confronto tra gli stravolgimenti dei paesaggi provocati dalla Prima guerra mondiale e le devastazioni senza precedenti provocate dalla Seconda. Rispetto alla Grande guerra, stavolta la «Zona»15 di guerra si è estesa e dai confini dei Paesi ha raggiunto le città, che diventarono il teatro principale degli scontri, dando vita a un vero e proprio fronte urbano lungo il quale vennero combattute alcune delle battaglie decisive della Seconda guerra mondiale (su tutte, quella di Stalingrado).
In letteratura, Elsa Morante ha raccontato il bombardamento del quartiere San Lorenzo di Roma con pagine memorabili nella Storia (1974). La classe potrebbe leggere il libro integralmente in anticipo, o il/la docente potrebbe preparare un estratto dal romanzo16. Inoltre, per restare in Italia, poeti e poete, scrittori e scrittrici hanno riflettuto sulla condizione del Paese alla fine della guerra, a macerie ancora calde; da Nord a Sud, ne hanno scritto Giorgio Bassani, Dino Buzzati, Giorgio Caproni, Emilio Cecchi, Stefano D’Arrigo, Eduardo De Filippo, Natalia Ginzburg, Carlo Levi, Salvatore Quasimodo, Aldo Palazzeschi, Pier Paolo Pasolini, Giovanni Raboni, Umberto Saba, Vittorio Sereni, Elio Vittorini e tanti altri17. Il docente può scegliere i testi più congeniali, anche per prossimità geografica, e magari valutare l’opportunità di una gita in una località che ancora reca traccia della Seconda guerra mondiale.
Un’esperienza toccante, che si può realizzare anche online, è la visita “virtuale” di alcuni piccoli paesi che sono stati distrutti dalla guerra e, per volontà degli abitanti superstiti, al termine del conflitto non sono stati ricostruiti, diventando così musei a cielo aperto di quella insensata distruzione: Gessopalena in Italia e Oradour-sur-Glane in Francia18. Utile, in questo senso, anche la visione del film Germania anno Zero (1948) di Roberto Rossellini.
Questi due percorsi si rivolgono a ragazze e ragazzi dell’ultimo anno della scuola secondaria di secondo grado e sono pensati per promuovere una riflessione pluriangolare sulle guerre mondiali attraverso lo studio delle rappresentazioni – letterarie ma non solo – degli effetti dei due conflitti sul corpo e sulle città.
NOTE
- G.L. Weinberg, World of Arms. Global History of World War II, Cambridge University Press, Cambridge 1994, p. 3.
- J. Le Goff, Documento/monumento, in Enciclopedia, direzione R. Romano, Einaudi, Torino 1978, V, pp. 38-48.
- B. Bracco, La patria ferita. I corpi dei Soldati italiani e la Grande guerra, Giunti, Firenze 2012; M. Salvante, Italian Disabled Veterans between Experience and Representation, in S. McVeigh, N. Cooper, (a cura di), Men After War, Routledge, New York-London 2013, pp. 111-29.
- A. Cortellessa (a cura di), Le notti chiare erano tutte un’alba. Antologia dei poeti italiani nella Prima guerra mondiale, Bompiani, Milano 2018, p. 245.
- M. de Unamuno, L’agonia dell’Europa. Scritti della Grande Guerra, a cura di E. Lodi, Medusa, Milano 2014; L. Frank, L’uomo è buono, trad. it. P. del Zoppo, Del Vecchio, Avellino 2014 (specialmente il racconto I mutilati di guerra, pp. 229-271).
- P. Levi, Opere, a cura di M. Belpoliti, 2 voll., Einaudi, Torino 1997, II, p. 1089.
- G. Anders, Diario di Hiroshima e Nagasaki. Un racconto, un testamento intellettuale, Ghibli, Milano 2014, pp. 131-133.
- E. Resta, Biodiritto, in Enciclopedia Italiana Treccani, Treccani, Roma 2009, pp. 43-53; S. Rodotà, Il diritto di avere diritti, Laterza, Roma-Bari 2012, pp. 140-210, 250-97.
- S. Marinozzi (a cura di), Medicina eugenetica e shoah. Ricordare il male e promuovere la bioetica, Sapienza Università Editrice, Roma 2017.
- M. Giancotti, Paesaggi del trauma, Bompiani, Milano 2017.
- Basta sfogliare A. Cortellessa (a cura di), Le notti chiare erano tutte un’alba cit.
- La pellicola è di difficile reperibilità, ma si possono trovare delle scene online.
- Cfr. F. Minniti, La rivoluzione verticale. Una storia culturale del volo nel primo Novecento, Donzelli, Roma 2018.
- V. Woolf, Diari, a cura di G. Granato, vol. I. 1915-1919, Bompiani, Milano 2022, pp. 81-83.
- E.J. Leed, Terra di nessuno. Esperienza bellica e identità personale nella prima guerra mondiale, trad. it. R. Falcioni, il Mulino, Bologna 1985.
- Alternative possibili: K. Vonnegut, Mattatoio n. 5 (1969) o W.G. Sebald, Austerlitz (2001).
- Mi permetto di rinviare a T. Gennaro, «Tra quanto resta di macerie». Le rovine di guerra nell’Italia del Novecento, «L’ospite ingrato» 14, II (2023), pp. 59-72.
- A. Tarpino, Geografie della memoria. Case, rovine, oggetti quotidiani, Einaudi, Torino 2008, pp. 133-177.
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