Spiagge più Belle dell’Isola d’Elba: il Reportage dopo l’Alluvione

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ELBA. Un rivolo d’acqua corre giù lungo le scalette della spiaggia bianca della Sorgente. Dal fosso fino al mare: non si ferma mai. Beffardo. Sembra un avvertimento. E invece è il segno tangibile del nubifragio che non è ancora del tutto alle spalle, nonostante il sole che batte sulla costa degli Argonauti sia quello dei giorni migliori. Basta dare le spalle al mare cristallino di Portoferraio, all’isola d’Elba, per lasciare il paradiso e ripiombare in un incubo, tra sentieri devastati, frane e muri rotti.

Sì, perché se nei primi giorni dopo la grande paura del 13 febbraio, quando metà isola è finita sotto un’ondata di acqua e fango, la priorità è stata di aiutare le persone in difficoltà svuotando le case e i negozi allagati, ora l’isola del turismo fa i conti con la propria fragilità. E prende atto di come la bellezza, nell’era del cambiamento climatico, sia una qualità sempre più effimera. Dalla spiaggia napoleonica delle Viste a Capobianco, fino a Spartaia. Senza dimenticare la costa orientale con Bagnaia e Nisporto. Sono passati nove giorni dal nubifragio, eppure siamo ancora di fronte a un bollettino di guerra. «Guardi, c’è ancora tempo per l’inizio della stagione. Si può riparare tutto», dice una signora. Sta lì ferma a osservare il vuoto oltre il ciglio della strada che porta alla Biodola, Forno e Scaglieri.

Un pezzo di banchina stradale è venuta giù, il restringimento della carreggiata garantisce gli standard minimi di sicurezza per gli automobilisti. Adesso, d’inverno. Ma quando d’estate migliaia di turisti transiteranno proprio da lì per arrivare al mare e per raggiungere gli hotel sulla spiaggia, quegli standard saranno diversi. Serve un intervento. E serve in fretta. Lo sa bene il sindaco di Portoferraio Tiziano Nocentini che, proprio in queste ore ha dichiarato alla tv locale: «L’Elba in estate sarà bella come sempre». Correre, dunque. Anche per questo sono arrivati sull’isola i tecnici del Genio civile della Toscana. Devono stilare una mappa delle emergenze, impostare gli interventi più urgenti. Il lavoro da fare, inutile girarci intorno, è enorme. Lo ha capito Il Tirreno nel suo tour delle bellezze violate dal fango.

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La spiaggia di Napoleone

Da quel luogo l’Imperatore guardava il braccio di mare che lo separava dalla sua Corsica. Sognava la fuga dall’esilio, immaginava il ritorno al potere. Siamo a Portoferraio, nel centro storico, a pochi passi dalla villa imperiale dei Mulini. Il percorso pedonale scende giù ripido fino alla spiaggia delle Viste: sassi bianchi, mare azzurro. Un gioiello urbano che d’estate si salva dalla ressa del turismo di massa. Ecco, in realtà, quel percorso – ad oggi – non esiste più. Un cartello impedisce l’accesso al mare. Basta affacciarsi dal parapetto per capire il motivo: una frana ha fatto precipitare una grande quantità di materiale dalla ripa fino alla spiaggia. La struttura del ristorante sul mare si è salvata, ma la strada è andata completamente distrutta. Alle Viste non ci si può arrivare. Non si passa. Ma non è tutto. Il percorso è così devastato che si stenta a capire come e se potrà essere ripristinato.

La costa si sgretola

La leggenda narra che quei sassi bianchi come la luce punteggiati di nero, dalla spiaggia delle Ghiaie fino al Sansone, fossero macchiati per sempre dalle gocce di sudore fatte cadere dagli Argonauti alla ricerca del vello d’oro. Il mito, da queste parti, si fonde con la bellezza della natura. Ecco, forse Capobianco è in assoluto la spiaggia più luminosa tra quelle della costa portoferraiese. Oggi è ferita.

Lo si capisce subito, scendendo gradino dopo gradino fino al mare. La tavola azzurra a ridosso dello Scirocco è rovinata da un bug. Nel primissimo tratto a nord della spiaggia un pezzo di costa si è staccato. «Non è la prima volta, quella costa è fragile, si sbriciola», dice un portoferraiese a passeggio tra i sassi bianchi. Ma stavolta il maltempo ha usato la mano pesante. Tonnellate di materiale sono venute giù, ostruendo lo stretto passaggio fino ai primissimi metri della spiaggia. Andrà messo in sicurezza, ora è pericoloso.

Il sentiero cancellato

Non c’è una macchina parcheggiata dove inizia la strada che porta fino alla Sorgente e alla spiaggia da cartolina del Sansone. Da non credere. Quasi rischi di “bucare” l’accesso quando arrivi con l’auto, da quanto sei abituato a vedere – come fosse la normalità – le centinaia di veicoli parcheggiati a bordo strada in l’estate. Si scende a piedi verso la meraviglia, il percorso è faticoso, accidentato. Come sempre. Anzi no, rettifichiamo. Sì perché quel percorso, proprio sul più bello, si interrompe.

A pochi metri dalla caletta della Sorgente si fanno evidenti i segni del nubifragio. Muretti rotti dall’impeto dell’acqua, il camminamento si confonde con le canne, il fango e i pezzi di cemento distrutti. Per guadagnare il mare si deve guadare una specie di ruscello, stando attenti a non mettere i piedi nel vuoto. Un percorso a ostacoli che, una volta raggiunta la spiaggia, si mostra nella sua interezza».

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«È nata una spiaggia»

Una vecchia strada sterrata scomparsa, un grande pino caduto nel vuoto e una spiaggia che non esisteva e adesso sta proprio là, dove c’erano i sassi. Avete capito bene: sono questi gli elementi del disastro del Viticcio. «Almeno il tramonto sul golfo è quello di sempre, quello non ce lo toglie nessuno». Antonietta è la titolare del ristorante da Giacomino, la terrazza sul mare più famosa dell’isola. Lavora senza sosta, ha appena finito di mettere le transenne. «È troppo pericoloso passare di lì», dice. E poi dà la sua sentenza: «Sì, glielo dico: in 50 anni di attività una roba del genere non l’ho mai vista».

La strada sterrata che porta fino alla spiaggetta, uno degli accessi, è attraversata longitudinalmente da un solco. L’acqua, il 13 febbraio, è passata da lì, arrivando dai fossi. Più si scende verso il mare, più il solco si fa largo, profondo. Un pezzo di strada è collassata e precipitata fino al mare. Forse è stato il grande pino caduto e adesso addormentato su un fianco ad aver portato giù tutto. «Guardi – dice ancora Antonietta – alcune guide scrivono per sbaglio che il Viticcio è una spiaggia di sabbia, in realtà da noi ci sono i sassi. Ora, invece, è proprio così. Scenda, vada a vedere: giù c’è una spiaggia che prima non esisteva». Il riferimento è alla grande quantità di sabbia e terra venuta da monte e che adesso copre la scogliera. Qua, al Viticcio, mentre ci si dà da fare, si storce la bocca quando si parla di fossi e di cura del territorio. «La verità – dice un cittadino – è che siamo abbandonati, ora si deve far presto. Bisogna che finalmente si faccia qualcosa di concreto».

Il golfo sottosopra

Altri chilometri, scenari simili. Spartaia, comune di Marciana, prima spiaggia oltre Procchio, è uno dei tratti di costa che ha subito il cazzotto più forte dal maltempo. All’ingresso dell’hotel Desirée, quattro stelle con accesso diretto alla spiaggia, il fango mostra ancora come l’emergenza non sia superata.

La spiaggia dopo nove giorni è ancora ferita. Quella sera l’acqua veniva giù, come sparata da un cannone. Fino al mare, distruggendo tutto quello che gli si parava davanti. Il golfo sembra spogliato dalla sabbia, i camminamenti verso il mare in frantumi, l’acqua si è fatta spazio scavando dei canyon. A monte della spiaggia c’è un escavatore, qualcuno si è già dato da fare in questi giorni. È rincuorante. Il mare sembra immobile, c’è silenzio. Eppure qua c’è chi ha trovato la forza di reagire. Abbiamo il tempo per restituire la bellezza a questi luoghi, l’Elba ce la può fare. Ce la farà.



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