De Meo: “L’elettrica non si vende perché il ceto medio si è impoverito”


Luca De Meo, classe 1967, n.1 Renault. Ha lavorato in Toyota, Lancia, Fiat, Audi, e Seat.

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Luca De Meo, il manager italiano che ha rilanciato Renault, dice la sua sul futuro dell’auto europea. Le regole di Bruxelles per anni hanno protetto le case tedesche “che hanno guadagnato con le vetture più potenti, ora è tempo di favorire le auto più piccole”. La soluzione per inquinare di meno è sostituire il parco auto più vecchio “ma il ceto medio si è impoverito e non ha i soldi per cambiare macchina”.

Ha da poco festeggiato il ritorno all’utile di Renault, con un ricco dividendo agli azionisti. Luca De Meo, già stretto collaboratore di Marchionne e poi manager di punta in Volkswagen, è l’italiano che insegna ai francesi come guadagnare con le auto. In un momento in cui tutti i grandi gruppi europei presentano piani di crisi, lagrime e sangue.

De Meo era uno degli ospiti più attesi al convegno organizzato dalla corrente del Pd “Energia popolare” al Kilometro Rosso, sede del gruppo Brembo ma soprattutto di uno dei principali parchi tecnologici e scientifici del nord Italia. Padroni di casa Giorgio Gori (ex sindaco di Bergamo, che si trova a pochi chilometri) e l’ex presidente dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini. Entrambi ora sono europarlamentari.

“Sono a Parigi, ho risparmiato la CO2 dell’aereo”

Un convegno con cui si è parlato con esperti, docenti universitari ed esponenti politici del futuro economico dell’Italia. Ma soprattutto delle scelte che dovrà prendere a breve la Commissione Ue. Non per nulla attesa a brevissimo da due scadenze importanti. Il 25 febbraio la presentazione del Clean Industrial Deal, con il rilancio delle politiche green per l’industria e di come sostenerlo. Mentre il 5 marzo sarà la volta del tavolo per il futuro dell’auto e la possibile revisione delle regole verso la transizione elettrica. Mentre la Cina si prepara a invadere il mercato europeo.

De Meo, in collegamento da Parigi, ha parlato soprattutto del secondo punto. Prima scusandosi con una battuta per non essere venuto di persona: “Sono giorni un po’ complicati, ma almeno ho risparmiato la CO2 dell’aereo“. Poi ha argomentato, partendo dalla difesa dell’auto elettrica e del suo impatto positivo sull’ambiente. Soprattutto per le piccole vetture, nella mobilità urbana e per i veicoli commerciali.

“L’auto elettrica va bene per gli spostamenti in città”

Gli istituti indipendenti – ha spiegato – dicono che nel 70% dei casi un’auto elettrica ha un impatto inferiore, ma non risolve tutti i problemi, va bene nel traffico urbano e per i veicoli commerciali. Ma nei trasporti intercity come ad esempio i camion, l’elettrico non può fare tutto“. Alla domanda se in assenza di regolamentazione europea il gruppo si sarebbe comunque buttato sull’elettrico De Meo ha risposto positivamente.

Ma con lo stesso distinguo: “La regolamentazione spinge però alla discontinuità. Posso fare una Twingo elettrica per l’uso urbano di chi percorre 50 Km al giorno. La stessa cosa posso fare per un piccolo van urbano, ma non possiamo puntare tutto sulla tecnologia elettrica“. “I cinesi – ha sottolineato il manager – stanno puntando anche sugli ibridi ricaricabili. E nell’industria cinese un esperto di ibridi costa più caro di un esperto di veicoli elettrici“.

De Meo: “Le auto non si vendono perché è crollato il potere di acquisto della classe media”

Va detto, in premessa, che i due problemi sono intrecciati. De Meo si augura che la Commissione Ue ne tenga conto nella revisione dei piani a sostegno dell’industria automobilistica. “Credo che la conclusione  potrà essere di lasciare agli ingegneri la ricerca della miglior soluzione per ridurre l’impatto della CO2. Poi ha spiegato: “In Europa, negli ultimi due decenni, l’età media del parco auto è passata da 7,5 a 12 anni. Aldilà del fatto che abbiamo migliorato la performance delle vetture la massa dell’anidride carbonica che va in atmosfera è dovuta a vetture più vecchie“.

Per essere ancora più chiaro, De Meo ha fatto ricorso a un parallelo che è un compendio di storia dell’automobile e non solo. “Cento anni fa un’operaio poteva permettersi con il suo stipendio di comprarsi una Ford-T, ora non può comprarsi nemmeno una Dacia. Per Di Meo, quindi, le emissioni si potrebbero ridurre acquistando auto più efficienti e meno inquinanti. Ma qui ci si trova un altro ostacolo, di natura sociale.

La Ue ha favorito le case tedesche e i loro modelli più potenti, ma è ora che la regolazione sostenga i modelli più piccoli

L’ultimo tema affrontato riguarda le nuove regole europee e la loro revisione. “La regolamentazione europea negli ultimi 20 anni ha fallito. E ora si vuole trovare la pallottola d’argento per risolvere tutto con l’elettrico“. De Meo punta il dito su Berlino: “I tedeschi hanno prodotto negli anni auto più complesse e pesanti. Con un impatto devastante in paesi in cui la gente compra vetture piccole”.

Queste ultime – ha spiegato – non vengono prodotte “perché la regolamentazione non le rende profittevoli. Abbiamo dovuto aggiungere dotazioni di sicurezza per 400 euro a vettura, se le metti su una Twingo sono tanti soldi, su una grossa berlina invece sono pochi. Da anni dico di prevedere una regolamentazione diversa per le piccole vetture, come si fa in Giappone come le ‘K cars. Una cosa del genere farebbe ripartire l’Italia, la Francia e la Spagna“.

“Con l’AI entra in crisi il lavoratore di livello medio-alto”

L’intervento del manager italiano è avvenuto, ha poi trovato eco in un altro dibattito – relativo agli impatti economici ma anche sociali dell’Intelligenza artificiale. A Di Meo ha risposto indirettamente l’ex ministro del Lavoro Andrea Orlando: “Siamo di fronte a un fatto epocale che non riguarda solo la tecnologia. Finora le innovazioni del digitale hanno colpito i lavori di basso livello e poi hanno messo in crisi i lavori ci concetto e i lavoratori con una preparazione professionale medio-bassa. Ora saranno colpite anche i professioni di di livello superiore con buone conoscenze e livello di istruzione alto. E a questo non siamo preparati”.

E non lo è di sicuro l’industria automotive, già alle prese anche con il “rifiuto” delle giovani generazioni di considerare l’auto come un bene necessario (figuriamoci uno status symbol). La leva del prezzo non può che essere una via necessaria, come teorizzato da Di Meo.

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