E’ a Padova oggi una delegazione di Kairos Palestine che sta compiendo un viaggio di sensibilizzazione dal 17 al 23 febbraio, con tappe a Napoli, Roma, Firenze, Bologna, e Venezia, oltre alla nostra città. Kairos Palestine è il più grande movimento cristiano palestinese non violento, nato dopo la pubblicazione nel 2009 dello storico appello Kairos Palestine: A Moment of Truth, lanciato dai cristiani palestinesi. Tutti i capi delle 13 confessioni cristiane delle chiese presente in Terra Santa firmarono questo documento, attivando una capillare rete di preghiera e impegno diventata negli anni successivi un processo e cammino di condivisione diffuso dalle singole comunità cristiane alle chiese di diversi Paesi del mondo.
Il documento afferma che i cristiani palestinesi sono parte integrante del popolo palestinese, sostiene la fine dell’occupazione e colonizzazione israeliana secondo le pertinenti Risoluzioni delle Nazioni Unite e il raggiungimento della pace con il pieno esercizio dell’inalienabile diritto all’autodeterminazione. Il programma del Kairos Italian Advocacy Tour coordinato da Pax Christi Italia con la campana “Ponti e non Muri” ha portato in città la delegazione composta da tre cristiani palestinesi: il pastore e teologo cristiano palestinese Munther Isaac, preside del Bethlehem Bible College e direttore del ciclo di conferenze Christ at the Checkpoint; Rifat Kassis, attivista nella lotta nonviolenta palestinese, coautore del documento Kairos Palestine e coordinatore della coalizione Global Kairos for Justice e l’avvocata Sahar Francis, direttrice dell’associazione per i diritti umani dei prigionieri ADAMEER di Ramallah. La giornata padovana si è svolta in tre momenti: un seminario di studi dal titolo Palestine’s future: three voices, one struggle. A dialogue on human rights and hope, presso il Centro di Ateneo per i Diritti Umani, la Veglia di preghiera “Operatori di pace”, alle ore 18.00 nella chiesa di Santa Teresa di Gesù Bambino alla Guizza e una conferenza stampa in Comune alla quale hanno partecipato oltre ai mebri della delegazione di Kairos Palestine, l’assessora alla pace e ai diritti umani Francesca Benciolini, Marco Mascia, presidente del Centro Diritti Umani “A.Papisca e don Luca facco in rappresentanza della Diocesi di Padova. I cristiani palestinesi sono circa 45 mila in Cisgiordania e Gaza, ma a questi dobbiamo aggiungere altre 130 mila persone circa che vivono in Israele e 500 mila che la diaspora ha portato all’estero il Giordania o in Libano prevalentemente nei campi profughi e che non possono in alcun modo ritornare in Palestina. L’assessora alla pace e ai diritti umani Francesca Benciolini ha sottolineato: “ La testimonianza di questa delegazione è veramente importante, ci dà un racconto di prima mano su cosa si fa nonostante tutto in Palestina a favore dei diritti umani ed è una narrazione di cosa accade a questo popolo con cui Padova è legata anche da tante esperienze della cooperazione internazionale e dalle tante persone che da là sono venute e che oggi costituiscono in città una comunità importante. Ricordo anche che il Consiglio Comunale di Padova proprio la scorsa settimana ha approvato una mozione che chiede allo Stato di riconoscere lo stato di Palestina” Marco Mascia presidente del Centro Diritti Umani “A.Papisca spiega: Abbiamo fatto questa mattina un incontro al Centro per i diritti Umani abbiamo evidenziando alcuni aspetti fondamentali di questo popolo. Il primo è il diritto all’esistenza di fronte ai gravi atti di genocidio che sono in corso a Gaza ma anche nela West Bank in Cisgiordania. Abbiamo sottolineato l’inalienabile diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese e quindi l’urgenza che il nostro Paese riconosca lo Stato di Palestina, come richiesto da diverse risoluzioni dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Infine abbiamo discusso molto sulla situazione di apartheid che lo Stato di Israele sta imponendo nei territori occupati compresa Gerusalemme Est. Una condanna chiara e ferma e inequivocabile dei crimini di guerra che lo Stato di Israele sta compiendo nei territori occupati. Don Luca Facco commenta: “Abbiamo accolto l’invito di Pax Cristi e con grande attenzione ci mettiamo in ascolto del loro vissuto, di quello che stanno provando proprio perché il primo modo per renderci conto della realtà è ascoltare le persone che vivono nei territori e sentire loro cosa pensano di sé stessi”.
Molto significative le testimonianze dei tre delegati di Kairos Palestine. Rifat Kassis, attivista nella lotta nonviolenta palestinese racconta: “Noi rappresentiamo il movimento Kairos Palestine, un movimento cristiano ecumenico che si basa proprio sul documento omonimo che è stato scritto nel 2009. Ci basiamo sulla resistenza non violenta e promuoviamo delle iniziative e delle azioni di non violenza chiedendo proprio alle persone di metterle in pratica. Facciamo un appello alle chiese internazionali che ci sembra abbiano ignorato il popolo palestinese e che anche adesso lo stanno ignorando in un momento in cui si sta realizzando un genocidio e una vera e propria apartheid. Siamo stati molto incoraggiati dalle parole di Papa Francesco – e preghiamo per la sua salute – perché ha chiamato le cose con il loro nome, parlando di genocidio e terrorismo nella regione. Mi chiedete in cosa consiste la nostra azione non violenta in una terra dove la violenza è quotidiana: vi rispondo che in questi ultimi mesi è sempore più difficiile. Facciamo manifestazioni, anche con associazioni pacifiste internazionali e israeliane, ma sempre più spesso veniamo spazzati via dalle forze di sicurezza. Ma la nostra è anche una resistenza quotidiana. I coloni distruggono una casa, noi la ricostruiamo, tagliano gli ulivi, noi li ripiantiamo, hanno distrutto anche una nostra chiesa, abbiamo impiegato un anno ma in qualche modo la abbiamo ricostruita”.
Il pastore e teologo cristiano palestinese Munther Isaac spiega: “Noi pensiamo che sia un momento storico critico ma non solo per la Palestina, ma a livello globale, perché il diritto internazionale e i diritti umani sono messi alla prova. In questo momento critico la Palestina è un test per l’umanità. Tristemente, quello che stiamo vedendo oggi non è qualcosa di nuovo, si chiama apartheid, così la definiscono diverse organizzazioni per i diritti umani in Palestina, ma anche in Israele e a livello internazionale, ma sfortunatamente questo sistema è oggi ritenuto normale dall’ Europa. Negli ultimi mesi stiamo assistendo a un genocidio che è stato riconosciuto da molte realtà internazionali compresa la corte penale internazionale tuttavia quello che succede è che il mondo e l’Europa continuano a normalizzare i rapporti con Israele. Proprio in questi giorni Israele sta distruggendo campi di rifugiati, oltre 45 mila palestinesi sono stati spostati dalla Cisgiordania e 900 ceck point sono stati costruiti specialmente dopo il 7 ottobre. Le città sono dei veri e propri carceri a cielo aperto. Noi siamo qui con un messaggio: tutto questo riguarda tutti, non solo la Palestina. Quello che è in gioco sono proprio i diritti nel mondo e delle persone. Per anni l’Europa ci ha insegnato cosa sono i diritti umani e cosa è il diritto internazionale, ci hanno mostrato di essere superiori, ma adesso che si tratta di parlare dei diritti dei palestinesi tutto questo non sembra importante”.
L’avvocata Sahar Francis, direttrice dell’associazione per i diritti umani dei prigionieri ADAMEER di Ramallah denuncia: “Come media avete un ruolo molto importante. Dovete raccogliere notizie di primo mano. Israele negli ultimi mesi ha arrestato oltre 14 mila palestinesi, inclusi migliaia di minori e tutti i prigionieri sono vittime di violenze, anche sessuali, torture e non sono sostenuti nelle loro necessità di salute: tutti questi crimini contro l’umanità che vengono compiuti, non vengono raccontati dai media e per questo è molto importante potervi dire cosa succede davvero sul campo. Per noi è sempre più difficile operare. E’ stato introdotto il reato di “terrorismo legale”: un ossimoro, ma così lo Stato Israeliano vuole colpire tutte le associazioni che difendono le vittime delle violenze dell’esercito me dei coloni. Chiunque trametta informazioni o di supporto a organizzazioni anche internazionali che vogliono perseguire i crimini di Israele è accusato di terrorismo legale. E chiunque supporta in qualsiasi modo queste attività può essere arrestato e condannato fino a 5 anni di carcere”.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link