L’AQUILA – “Commissariare i direttori generali se sforano il piano di rientro? Credo che sia un approccio pessimo, uno scaricabarile da parte della politica. I dg più di tanto non possono tagliare, sono già con il freno a mano, e non servirebbe neanche far venire al loro posto Mario Draghi. L’unico, vero problema, è che la sanità anche in Abruzzo è sottofinanziata e il suo deficit è dunque strutturale”.
Nei giorni in cui tiene banco e agita la politica regionale abruzzese l’esplosivo tema del debito della sanità abruzzese, in attesa dell’esito dei piani di rientro dei quattro direttori generali della Asl, significativa e controcorrente è la posizione espressa ad Abruzzoweb da Alessandro Grimaldi, presidente dell’Ordine dei Medici della Provincia dell’Aquila, segretario regionale del sindacato Anaao, primario del reparto di Malattie infettive dell’ospedale San Salvatore dell’Aquila e capo dipartimento medicina della Asl provinciale. Fresco di nomina a componente del Comitato Centrale della Fnomceo, la Federazione Italiana dei Medici, Chirurghi ed Odontoiatri.
“In questo momento – incalza Grimaldi – credo che nessuno abbia esatta contezza su quanto ammonterà il deficit sanitario, tantomeno noi medici. Sappiamo solo che le cifre sono consistenti, ma questo non deve stupire. I piani di rientro possono fare poco, perché il sistema sanitario regionale come quello nazionale è da anni sottofinanziato e il deficit è strutturale, se si vogliono mantenere i servizi essenziali”.
Posizione, la sua, controcorrente dunque rispetto a quanto confermato a questa testata, ad esempio da Paolo Gatti, di Fdi, presidente della V commissione Sanità, che ha ribadito che vale, a proposito dei piani di rientro, quanto messo nero su bianco dalla commissione congiunta Bilancio, presieduta da Vincenzo D’Incecco capogruppo della Lega, e Sanità, ovvero la perentoria richiesta alla Giunta regionale di “valutare le opportune iniziative”, leggasi commissariamento e tutti a casa, se i quattro manager delle Asl, a fine dicembre sforeranno del 20% il disavanzo dichiarato nei loro piani di rientro. E per tutti e quattro c’è l’obbligo anche di ridurre nel 2025 almeno al 70% il disavanzo macinato 2024.
Ipotesi concreta, se sono veri i dati snocciolati dal capogruppo del Pd Silvio Paolucci, per il quale i piani del rientro sono tragicamente falliti e il debito resta quello tendenziale ovvero inchiodata alla peggiore delle ipotesi, di 200 milioni di euro, che invece con un risparmio di 79 milioni doveva essere portato a 121 milioni e poi ulteriormente abbattuto sotto i 20-30 milioni, con le risorse del Fondo sanitario regionale, le maggiori entrate del payback sanitario e i 20 milioni messi a Bilancio dalla Regione. Il capogruppo di Fratelli d’Italia, Massimo Verrecchia, assicura invece che i numeri di Paolucci sono campati in aria, e definisce le sue affermazioni una “litania”.
Sulla graticola restano sempre di più insomma coloro che dovevano portare a casa i piani di rientro, ovvero i quattro direttori generali Ferdinando Romano per la Asl provinciale dell’Aquila, rinnovato a giugno per un altro anno Thomas Schael per la Asl provinciale di Chieti, che andrà via entro marzo a fare il commissario della città della Salute di Torino, Maurizio di Giosia per la Asl di Teramo, confermati ad agosto 2023, Vero Michitelli per l’Asl di Pescara, nominato sempre ad agosto 2023.
Ricorda Grimaldi: “con l’emergenza Covid 19 il sistema sanitario ha avuto 20 miliardi in più, ma le Regioni hanno speso 30 miliardi, e ci sono stati comunque importanti investimenti, come quelli per le terapie intensive e semintensive ma il saldo finale dell’emergenza covid era meno 10 miliardi per le regioni. E poi la situazione si è sempre più aggravata, perché nel frattempo è aumentata la popolazione anziana e con essa i costi sanitari e di assistenza. Aumentano fatalmente i giorni di permanenza negli ospedali, e ci dobbiamo mettere anche l’inflazione a due cifre, si pensi solo alle bollette energetiche e farmaci degli ultimi anni che ha fatto schizzare in alto anche i costi del servizio sanitario”.
Vero è come detto dal presidente del Consiglio Giorgia Meloni che quest’anno le risorse per il fondo sanitario sono aumentate, ma questa per Grimaldi è una mezza verità.
“Raggiungere i 136 miliardi contro i 133 miliardi dell’anno scorso è poca cosa, questo aumento basta a coprire i costi maggiori legati all’inflazione e ai rinnovi dei contratti, ma il sistema sanitario resta drammaticamente sottofinanziato”.
Ed ora, teme Grimaldi, “la situazione potrebbe anche peggiorare visto che si prevede un aumento anche per l’Italia della spesa militare, in un momento storico delicato come questo, cioè più soldi per cannoni e carri armati e meno per farmaci e ospedali…”
Assodato dunque che a mancare sono i soldi necessari dal governo centrale e a caduta dalle Regioni, “cosa dovrebbe fare un direttore generale, chiudere un ospedale? Nella mia Asl basterebbe smantellare gli ospedali di Castel di Sangro e di Sulmona, dove lavorano eccezionali professionisti che ogni giorno si sacrificano, ma solo ospedali che, conti alla mano, per come sono strutturati, costano molto di più di quanto producono in termini di prestazioni erogate. E così i conti tornerebbero, il deficit sarebbe ampiamente risanato. Ma sarebbe una decisione del tutto non condivisibile perché sguarnirebbe interi territori del loro presidio sanitario. E sarebbe una scelta che dovrebbe fare la politica, assumendosi le proprie responsabilità”.
Grimaldi si dice poi d’accordo sostanzialmente con quanto il dg Romano ha messo nero su bianco nel piano di rientro presentato a settembre, ovvero che la “sanità in provincia dell’Aquila strutturalmente ha un costo ben superiore rispetto ad esempio a quella di Pescara perché abbiamo 6 ospedali e oltre 70 punti di erogazione a servizio di 300.000 persone che abitano in un territorio con una bassa densità e grande quasi quanto metà dell’Abruzzo”.
Romano è sotto attacco anche perché non si è presentato alla V commissione Sanità e commissione Vigilanza della Regione e alla III commissione Politiche sociali del Comune dell’Aquila.
“Non entro in queste beghe, dico solo che i dg sono espressione di una maggioranza politica, e l’interlocuzione con la parte politica è costante, per non dire giornaliera. E non mi risulta affatto che questi direttori generali siano degli spendaccioni. Romano poi è particolarmente parsimonioso, anzi, in alcuni casi, anche troppo. C’è già il freno a mano tirato sulle spese. E se nonostante questo abbiamo un forte debito, la politica si chieda il perché”.
RIPRODUZIONE RISERVATA
Download in PDF©
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link