Donald Trump non vuole promuovere cambi di regime

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In un recente intervento alla Conservative Political Action Conference (CPAC), Richard Grenell, noto consulente di politica estera del presidente Donald Trump, ha enfatizzato un cambiamento significativo nella dottrina internazionale dell’attuale amministrazione.

Grenell ha sottolineato che, a differenza delle strategie repubblicane degli ultimi due decenni e mezzo, l’approccio di Trump si concentra sul rafforzamento degli Stati Uniti senza intervenire nei regimi di altri paesi.

“Donald Trump ha fatto qualcosa di diverso rispetto a ciò che i leader della politica estera repubblicani hanno fatto negli ultimi 25 anni. Non facciamo cambi di regime. Ci occuperemo dei paesi che abbiamo di fronte e il nostro criterio non è come rendere quel paese migliore, ma come rendere gli Stati Uniti migliori, più forti e più prosperi per le persone che vivono qui”, ha dichiarato Grenell durante il suo intervento al CPAC.

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Questo pronunciamento si allinea con le recenti azioni dell’amministrazione Trump che riflettono una politica estera più pragmatica e meno interventista.

Un esempio notevole è la visita di Grenell in Venezuela a gennaio del 2025, dove si è incontrato con il presidente Nicolás Maduro. Sebbene storicamente gli Stati Uniti abbiano adottato una posizione di confronto nei confronti del governo venezuelano, l’incontro si è concentrato sulla liberazione di sei cittadini statunitensi detenuti in quel paese, senza cercare un cambio di regime.

Inoltre, l’amministrazione ha adottato misure che rafforzano questo approccio. Nel febbraio del 2025, il presidente Trump ha sospeso l’assistenza esterna degli Stati Uniti per 90 giorni, con l’obiettivo di riesaminare e allineare gli aiuti internazionali con gli interessi nazionali.

Questa decisione è stata interpretata dagli esperti come un passo per evitare di influenzare direttamente gli affari interni di altre nazioni, ed è stata criticata dagli attivisti che hanno visto il suo potenziale favorevole ai regimi dittatoriali.

La designazione del senatore Marco Rubio come Segretario di Stato rafforza anche questa strategia. Conosciuto per la sua posizione ferma contro i regimi autoritari, Rubio ha tuttavia manifestato che la politica estera si concentrerà su promuovere gli interessi degli Stati Uniti, evitando interventi diretti per cambiare governi stranieri.

Questo cambiamento di rotta nella politica estera statunitense ha generato diverse reazioni nella comunità internazionale. Mentre alcuni alleati apprezzano l’approccio alla diplomazia diretta e alla non intervento, altri esprimono preoccupazione per la possibile diminuzione del sostegno statunitense in conflitti in cui tradizionalmente ha avuto un ruolo attivo.

In sintesi, l’amministrazione Trump sta ridefinendo la politica estera degli Stati Uniti, dando priorità alla prosperità e alla sicurezza nazionale rispetto all’intervento negli affari interni di altri paesi, segnando così una deviazione notevole dalle strategie precedenti.

Questo approccio non si limita solo all’America Latina. Recentemente, il presidente Trump ha evitato di qualificare il presidente russo, Vladimir Putin, come dittatore, sostenendo di preferire mantenere aperti canali di comunicazione con Mosca per affrontare sfide globali comuni.

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Inoltre, in una votazione recente alle Nazioni Unite, gli Stati Uniti si sono schierati contro una risoluzione che condannava l’invasione russa in Ucraina, una posizione che ha sorpreso molti dei suoi alleati occidentali ed è stata interpretata come un cambiamento nella dottrina di sicurezza nazionale del paese.

Questo allontanamento dai tradizionali alleati è evidente anche nelle critiche di Trump nei confronti dell’Unione Europea, accusandola di approfittarsi economicamente degli Stati Uniti e minacciando l’imposizione di nuovi dazi su prodotti europei.

Nel campo dei diritti umani, l’amministrazione Trump ha deciso di ritirare gli Stati Uniti dal Consiglio per i Diritti Umani dell’ONU, sostenendo un presunto pregiudizio contro gli interessi statunitensi.

Queste azioni riflettono una politica estera che prioritizza gli interessi nazionali immediati rispetto alle alleanze tradizionali e al multilateralismo, ridefinendo il ruolo degli Stati Uniti nel contesto globale.



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