Inizia alle 11 la discussione generale sulla sfiducia al ministro della Giustizia, nel pomeriggio la mozione nei confronti della titolare del Turismo: poche le possibilità di un voto a loro sfavorevole. Al centro il caso del generale libico su cui pende il mandato di arresto della Cpi e i procedimenti giudiziari che coinvolgono le società del gruppo Visibilia e Ki Group
Per il governo è arrivato il giorno delle mozioni di sfiducia alla Camera dei deputati. Da un lato, nei confronti del ministro della Giustizia Carlo Nordio, per la gestione del caso del generale libico Almasri su cui pende un mandato di arresto della Corte penale internazionale (Cpi); dall’altro, verso la ministra del Turismo Daniela Santanchè per i molteplici guai giudiziari nella gestione delle sue società.
Alle 11 inizia la discussione sulla sfiducia a Nordio, presentata da tutte le forze di opposizione – Partito democratico, Movimento cinque stelle, Alleanza Verdi e Sinistra, Italia Viva e +Europa – a eccezione del partito di Carlo Calenda, Azione, secondo cui mozioni come questa sono «completamente inutili». Prima firmataria, «in merito alla gravissima vicenda della liberazione e del rimpatrio con volo di Stato del torturatore libico Almasri», la deputata del Pd Chiara Braga.
In mattinata però non si andrà verosimilmente oltre la discussione generale, a differenza della mozione nei confronti di Santanchè, presentata dal M5s, per cui dalle 15.30 dovrebbe essere attesa la votazione. Di certo, la ministra ha dalla sua parte la condanna per rivelazione di segreto di Andrea Delmastro Delle Vedove, che nonostante la decisione del tribunale di Roma è rimasto al suo posto di sottosegretario alla Giustizia, difeso a spada tratta da Giorgia Meloni.
La sopravvivenza politica del Guardasigilli non dovrebbe essere messa in discussione, ma le opposizioni chiedono che sia la premier a rispondere in parlamento. Lo hanno formalizzato lo scorso 21 febbraio con una lettera firmata dai capigruppo di Pd, M5s, Avs, Iv e delle Minoranze Linguistiche, in cui hanno chiesto al presidente del Senato Ignazio La Russa l’immediata convocazione di una conferenza dei capigruppo per calendarizzare «quanto prima» il «Premier time». Tra gli altri, hanno citato il caso Almasri e la vicenda del software di Paragon, con cui sono stati spiati attivisti e giornalisti.
Il caso Almasri
La gestione del caso Almasri si sta giocando su più livelli, politico e giudiziario. Sul generale libico, capo della polizia giudiziaria di Tripoli – uno dei vertici di primo piano della nota milizia della capitale libica chiamata Rada – pende un mandato di cattura della Cpi per crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Il 19 gennaio la Digos lo ha arrestato a Torino.
Due giorni dopo, però, Almasri si trovava su un volo di stato italiano di ritorno in Libia, dove lo attendeva una folla in festa. Quel giorno, mentre il ministro Nordio comunicava che stava valutando la trasmissione formale della richiesta della Cpi al procuratore generale di Roma per «il complesso carteggio», il Falcon 900 usato dai servizi era già partito da Ciampino in direzione Torino, per recuperare il capo della polizia giudiziaria di Tripoli e garantirgli il ritorno a casa.
Dall’inizio il governo ha giustificato il suo rilascio con un errore procedurale che, tuttavia, il ministro della Giustizia avrebbe potuto sanare. Non lo ha fatto, salvo poi affermare, durante l’informativa in parlamento, che non ha dato seguito alla richiesta di arresto della Cpi perché il mandato era «pieno di inesattezze e contraddizioni» e «viziato fin dall’origine».
Oltre alla mozione di sfiducia, sul piano nazionale e internazionale pendono due processi sul caso: uno al tribunale dei ministri, su impulso di un esposto dell’avvocato Luigi Li Gotti, che ha accusato la premier, i ministri Nordio e Piantedosi e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, con delega ai servizi, Alfredo Mantovano, a vario titolo, di omissione d’atti d’ufficio, favoreggiamento e peculato.
L’altro alla Cpi, verso cui il nostro paese ha un obbligo di cooperazione, che ha aperto ufficialmente un fascicolo contro l’Italia per chiarire le responsabilità. Solo di fronte a questa notizia, il governo ha cambiato linea, cercando di allentare le tensioni con l’istituzione internazionale.
Le inchieste di Santanchè
La ministra del Turismo riuscirà probabilmente a resistere anche a questa mozione di sfiducia, già scampata ad aprile 2024. Per le opposizioni, quelle di Santanchè costituiscono «un insieme di condotte che – a prescindere da ogni rilievo penale – appaiono sempre più incompatibili con il mantenimento del compito di ministro della Repubblica, tanto più nel momento in cui si vanta un ruolo attivo nell’imprenditoria del paese e si riveste una funzione pubblica così rilevante per il tessuto produttivo», si legge nella mozione.
Il documento, a prima firma Silvestri, si riferisce ai diversi procedimenti giudiziari che coinvolgono la ministra, di fronte ai quali ha vacillato anche l’appoggio del suo principale sponsor all’interno di Fratelli d’Italia, Ignazio La Russa.
Primo tra tutti, il caso Visibilia, in cui la ministra è stata rinviata a giudizio con altri 16 (tra cui il compagno Dimitri Kunz e la sorella Fiorella Garnero) per falso in bilancio. Durante gli anni della gestione Santanchè, secondo i pm milanesi, i conti delle tre società che fanno parte del gruppo editoriale (Visibilia editore, Visibilia editrice e Visibilia srl), sarebbero stati «inquinati» per permettere alle aziende di rimanere in piedi. Il processo inizierà il 20 marzo a Milano.
La titolare del Turismo è poi coinvolta in altri due procedimenti penali: quello sulla «truffa» ai danni dell’Inps e quello per «bancarotta» dopo il fallimento di Ki Group Srl (a cui si potrebbe aggiungere un filone analogo per un’altra sua società, Bioera, finita a dicembre in amministrazione giudiziale).
Nel procedimento per truffa – che, nonostante la richiesta di spostarlo a Roma, rimarrà a Milano, come deciso dalla Cassazione – Visibilia editore, insieme alla consociata Athena pubblicità, ha già accettato di rimborsare a rate il denaro ricevuto dall’istituto di previdenza, in totale 126mila euro. Un filone che si è aperto dalle dichiarazioni di Federica Bottiglione, la manager che per prima, da sola ed esponendosi di persona, ha aperto la strada alle indagini sul sistema Visibilia.
Infine, il procedimento in cui la ministra è indagata per concorso in bancarotta è relativo al crollo della galassia societaria a vario titolo legata a Santanchè, dunque al fallimento di Ki Group, azienda specializzata nel commercio di alimenti bio travolta da un passivo di 8 milioni di euro. La ministra è stata presidente della società tra il 2019 e il 2020 e amministratrice fino a maggio 2021.
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