La chiusura delle liti pendenti rileva come tenuità del fatto in ambito penale

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L’adesione dell’imputato alla definizione delle liti pendenti tributarie può essere invocata come causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto. È la conclusione cui giunge la Corte di Cassazione penale, sez. III, con la sentenza 7027 depositata il 20/02/2025.

La Cassazione ha esaminato il ricorso presentato da un professionista avverso la sentenza della Corte di appello nel quale era stato condannato per evasione fiscale, avendo utilizzato fatture per operazioni soggettivamente inesistenti.

Il ricorrente lamentava tra l’altro (per quel che qui interessa):

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1. la violazione degli articoli 2 del Dlgs. n. 74 del 2000 e 131-bis c.p., sostenendo che la Corte di appello non aveva adeguatamente considerato la tenuità del fatto;

2. vizi di motivazione riguardo alla ritenuta inapplicabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto.

La Corte di Cassazione ha accolto i motivi di ricorso, rilevando che la Corte di appello non aveva considerato adeguatamente i presupposti previsti dall’articolo 13, comma 3-ter, del Dlgs. n. 74 del 2000, recentemente introdotto, che prevede la valutazione dell’entità del danno tributario residuo e l’adempimento del piano di rateizzazione del debito tributario.

La Corte di Cassazione ha così annullato la sentenza impugnata limitatamente alla questione dell’applicabilità dell’articolo 131-bis c.p., con rinvio alla Corte di appello per un nuovo giudizio.

Secondo la citata disposizione del codice penale la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, anche in considerazione della condotta susseguente al reato, l’offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale.

Come ricordato dalla Cassazione, il nuovo comma 3 ter dell’articolo 13, Dlgs. 74/2000, prevede la possibilità di escludere la punibilità per particolare tenuità del fatto proprio ex articolo 131 bis c.p.

La riforma (delle sanzioni) ha previsto specifici indici che devono essere, singolarmente o congiuntamente, valutati dal giudice in modo prevalente.

Questi sono:

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a) l’entità dello scostamento dell’imposta evasa rispetto alla soglia di punibilità;

b) il pagamento integrale del debito secondo il piano di rateizzazione concordato con l’amministrazione finanziaria (qualora non costituisca autonoma causa di non punibilità ai sensi del comma 1 dell’articolo 13, ovvero nelle ipotesi di omesso versamento di ritenute dovute o certificate, omesso versamento di Iva e indebita compensazione di crediti non spettanti);

c) l’entità del debito residuo, qualora il debito sia in fase di estinzione mediante rateizzazione;

d) lo stato di crisi del debitore, come definito dall’articolo 2, comma 1, lett. a) del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (Dlgs 14/2019) ovvero «lo stato del debitore che rende probabile l’insolvenza e che si manifesta con l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi».

Secondo la nuova previsione, al giudice è rimessa la valorizzazione di uno solo o più dei citati indici.

La Corte, peraltro, si è premurata di confermare l’applicazione del principio del favor rei (sancito dall’articolo 2, quarto comma, c.p.), cosicché nessun dubbio che tali nuovi indici («costituendo norma sostanziale più favorevole») siano applicabili retroattivamente sia ai procedimenti in corso, sia ai fatti commessi in precedenza e non ancora accertati.

Così, tra i criteri della prima richiamata lettera c), va presa in considerazione anche l’adesione dell’imputato alla procedura di definizione della lite pendente in sede tributaria, ai sensi della legge n. 197 del 2022.

A conclusione la Corte richiama un suo precedente (Cass. Penale, sez. 4, n. 14073 del 05/03/2024) ove aveva già statuito che «tra le condotte susseguenti al reato… che tuttavia possono essere valorizzata nell’ambito del giudizio complessivo sull’entità dell’offesa recata, da effettuarsi alla stregua dei parametri di cui all’articolo 133, comma 1. c.p. vi è anche l’integrale o anche parziale adempimento del debito tributario con l’Erario, anche attraverso un piano rateale concordato con il Fisco o l’adesione a provvedimenti relativi alla c.d. rottamazione delle cartelle esattoriali».



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