Compri uno e rivendi tre. Sembra uno slogan da volantino di una catena di supermercati, ma in realtà è la nuova tendenza del mercato immobiliare nelle grandi città italiane. Il fenomeno è sempre più diffuso, soprattutto a Milano, che come spesso accade sul fronte del mattone fa da pioniera di evoluzioni (a volte speculative) poi “esportate” anche in altri centri urbani. La pratica in questione esiste da tempo nell’ambito dell’edilizia privata e si chiama “frazionamento”, ma è negli ultimi tempi che si è registrata un’accelerazione. In sostanza, la procedura consiste nel ricavare da un unico appartamento di dimensioni generose due o più unità abitative distinte. Ovviamente più piccole.
Per poter procedere, comunque, è indispensabile che siano rispettate le normative locali (per esempio i piani regolatori dei Comuni), che le caratteristiche dell’edificio consentano la suddivisione e che non ci siano ostacoli nel regolamento condominiale.
Il frazionamento è diventato sempre più gettonato tra gli investitori immobiliari perché offre diversi vantaggi sul piano economico sia in caso di rivendita dei singoli immobili sia nel caso le mini-abitazioni siano poi destinate alla locazione.
Anche perché il mercato immobiliare insegna che più si riduce la dimensione di un appartamento e più il prezzo a metro quadro sale. Capita sempre più di frequente, allora, di imbattersi in annunci di immobili di grosso taglio e da ristrutturare sui principali portali del settore (da Immobiliare.it a Idealista) dove viene evidenziata la possibilità di frazionamento come un valore aggiunto per il potenziale acquirente.
L’operazione di suddividere un’unità immobiliare in più porzioni distinte e autonome è spinta da diversi fattori. In primis è in vigore una normativa più favorevole, come il decreto Salva casa, che ha ridotto i requisiti minimi di abitabilità di monolocali (20 mq) e bilocali (28 mq) e ha reso meno onerosi e più agevoli i cambi di destinazione d’uso di un immobile. A incidere, inoltre, è anche la crisi demografica che affligge l’Italia: quando si riduce il numero di famiglie con figli e aumenta la quota di persone sole, servono meno spazi anche per l’abitabilità. Infine, vanno considerate anche le valutazioni di sostenibilità economica con cui fanno i conti sempre più persone: vivere in una casa piccola significa abbattere i costi delle spese condominiali e delle bollette.
Va detto che sul trend dei frazionamenti non esistono ancora dati e statistiche ufficiali, ma a confermare il recente aumento delle procedure e, in generale, una maggior richiesta di tagli di case più piccole sono i professionisti del settore immobiliare: dai geometri agli architetti (cioè i tecnici a cui operativamente ci si rivolge per presentare la pratica in Comune) dagli agenti immobiliari alle società che monitorano il mercato dei mutui.
5.037 euro
è il prezzo medio al metro quadrato raggiunto a gennaio 2025 all’interno del comune di Milano
86 metri quadrati
è la dimensione media delle case compravendute in Italia nel 2024, ed è in calo rispetto agli 89 metri quadrati dell’anno scorso
3.454 euro
è il prezzo medio al mq raggiunto a gennaio 2025 a Bologna rispetto ai 3.081 di Roma
Dopo aver sentito alcuni colleghi che operano nelle grandi città, il consigliere nazionale geometri e geometri laureati Marco Vignali – che ha seguito per la categoria anche il decreto Salva casa – comunica che per ora la tendenza a realizzare sempre più mini-alloggi si osserva soprattutto su Milano: «Il capoluogo lombardo si caratterizza per la vocazione degli edifici del centro storico e, più in generale, del tessuto urbano in cui ricadono i piani alti dei palazzi d’epoca, accomunati dalla presenza di spazi adattabili all’applicazione della nuova normativa». Un’altra città in cui «pare sia nato un forte interesse per il frazionamento» è Bologna, centro universitario per eccellenza, «ma al momento l’amministrazione sarebbe ancora in una fase di verifica delle esatte condizioni di applicabilità della norma calata all’interno dello strumento urbanistico».
La propensione a ridurre la metratura media delle case in città è confermata anche dall’osservatorio di Nomisma Immobiliare. «Ma i cambiamenti nella composizione dello stock immobiliare andrebbero governati e, prima ancora, valutati nelle sue conseguenze – afferma la responsabile Elena Molignoni –. I Comuni, per esempio, possono inserire condizioni per rendere più gravoso o comunque limitare il fenomeno del frazionamento attraverso piani regolatori e norme tecniche di attuazione. Il rischio, altrimenti, è che queste pratiche contribuiscano a rendere sempre più escludenti le città, con una progressiva diminuzione di offerta di abitazioni a misura di famiglia». Non a caso i nuclei che necessitano di soluzioni abitative ampie, spesso per ragioni economiche sono costretti a uscire dalle aree urbane. «I giovani tendono a prediligere case accessibili e ben collegate dai trasporti pubblici, indipendentemente dalla metratura – informano dall’ufficio studi di Gabetti –. Le famiglie, invece, ricercano con maggiore insistenza la presenza di balconi, terrazzi, posti auto e ascensori, requisiti spesso difficili da trovare nei centri urbani e che spingono molte di esse a cercare casa fuori dalle grandi città». Per chi necessita di spazi e camere per i figli, la scelta di spostarsi a vivere fuori dai confini metropolitani è sempre più obbligata.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link