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Il G7 da remoto unisce idealmente l’Occidente. Ma le posizioni dell’Europa e di Washington per chiudere il conflitto russo-ucraino restano piuttosto distanti: i primi insistono con sanzioni economiche per indebolire l’azione dello Zar; l’America è invece sempre più decisa a portare Zelensky a un accordo sulle terre rare. Il punto di incontro Usa-Ue, solo con un gruppo ristretto di Paesi, è nell’idea franco-britannica di peacekeeper europei. Ma per ora l’Europa resta ancorata soltanto alla presenza «politica» in Ucraina.
Ieri Baltici, Scandinavi e il premier spagnolo Sánchez con quasi tutta l’Ue erano a Kiev: per commemorare i caduti nei tre anni di guerra e far sentire il sostegno continentale a Zelensky, annunciando un nuovo pagamento di 3,5 miliardi di euro. Arriverà il mese prossimo, ha spiegato Ursula Von der Leyen elogiando l’iter di riforme per l’ingresso nell’Ue che «potrebbe essere prima del 2030». Il 6 marzo ci sarà un Consiglio europeo speciale per provare a nominare un inviato «continentale» che proietti i 27 sull’eventuale tavolo delle trattative, ha ufficializzato il presidente Costa. Poi dichiarazione congiunta delle tre istituzioni, Commissione, Parlamento e Consiglio: «La Russia e la sua leadership unici responsabili delle atrocità commesse, accogliamo i passi compiuti verso l’istituzione di un Tribunale speciale». Insomma, l’Ue tiene il punto. E incassa pure l’allineamento del premier britannico Starmer che ieri ha annunciato 4,5 miliardi di sterline di nuovi aiuti.
I leader del Vecchio Continente sono però consapevoli di giocare una partita con un mazzo diverso da quello a cui erano abituati nell’era Biden. Ieri il primo vertice con Trump al G7. I presenti, chi da Kiev, chi da Washington e Londra in videoconferenza, hanno preso atto che a dar le carte sia oggi il tycoon. E serve discutere con lui, il quale dice che Putin accetterà truppe in Ucraina. All’ipotesi di invio, ieri ha aperto anche la premier danese Frederiksen, perché «questa guerra riguarda la sicurezza europea». Tanti ancora i distinguo americani, che fanno saltare il comunicato finale del G7.
Il premier Trudeau, anche lui a Kiev, media con difficoltà. Trump si oppone ai riferimenti all’aggressione russa e all’integrità territoriale ucraina. Roma, pur fermamente schierata sulla costruzione di garanzie di sicurezza per Kiev, insiste sul dialogo euro-atlantico: unico pertugio per soluzioni comuni. Meloni presenzia da remoto. Non spaccarsi è l’imperativo. Anzi ricucire. Da pace giusta a pace necessaria, potrebbe via via cambiare il lessico. E Zelensky si adegua: prepara le valigie per la Casa Bianca, dove andrà in settimana, spera «che la guerra finisca quest’anno». Al G7 c’è pure lui: «È stato produttivo, ci impegniamo tutti per la pace e vogliamo renderla il più affidabile e duratura possibile».
«Se vogliamo che la pace duri – è la linea di Londra – Kiev deve avere un posto nelle trattative», sottolinea il premier Starmer; che riconosce a Trump d’aver «creato un’opportunità». La Gran Bretagna è oggi più vicina alle rivendicazioni di Bruxelles che non alla Casa Bianca, e ieri ha lanciato «il più grande pacchetto di sanzioni» contro Mosca da inizio guerra: 107 tra entità e individui che contribuiscono allo sforzo militare del Cremlino. Fra questi, il ministro della Difesa nordcoreano No Kwang Chol, generali e alti funzionari di Pyongyang «complici dello schieramento di oltre 11mila soldati». Stessa linea dell’Ue. L’idea degli sherpa è parlare con Trump, ma le pressioni su Mosca non devono calare. Non ancora, almeno.
A Kiev si accendevano candele nonostante l’allarme per i droni russi. A Bruxelles i 27 ministri degli Esteri formalizzavano invece il 16° pacchetto Ue di sanzioni contro Mosca. Per l’Alto rappresentante Ue, la estone Kallas, «una leva per mettere l’Ucraina nella posizione più forte possibile». Dal divieto di import di prodotti in alluminio al blocco di 73 petroliere della flotta ombra usata per esportare petrolio eludendo le restrizioni, fino ai joystick giocattolo utili a pilotare droni. Kallas annuncia che l’Ue sta già lavorando al 17° «treno» di sanzioni.
Mosca sbeffeggia. E l’Europa insiste pure sul riarmo. «Presenterò un piano su come aumentare la produzione di armi, anche l’Ucraina ne avrà beneficio», l’annuncio di Von der Leyen. «Una pace duratura si ottiene solo con la forza».
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