Messina, arsenico a Contesse: il Consiglio chiede più chiarezza, possibile stop ai lavori

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L’arsenico a Contesse c’è, e su questo non ci sono dubbi. Ventimila metri quadrati, rispetto ad una superficie totale di circa 60 mila, sono stati posti sotto sequestro dalla Procura a fine gennaio, e anche questo è un dato di fatto. E secondo chi sta realizzando i lavori del raddoppio ferroviario Giampilieri-Fiumefreddo, il consorzio Webuild-Pizzarotti, i livelli di arsenico sono tali da non poter più considerare quei materiali di scavo un “sottoprodotto” da riutilizzare altrove, e per questo vanno ridefiniti rifiuto (seppur non pericoloso), ma non rappresentano una minaccia per la popolazione.
I punti fermi, anche dopo oltre due ore di consiglio comunale straordinario dedicato al tema, rimangono questi. Non granché, se l’obiettivo della seduta, convocata dopo la richiesta iniziale del consigliere di Sud chiama Nord Raffaele Rinaldo e sposata da gran parte dei colleghi, era quello di avere risposte. Difficile averne, del resto, se tra gli ospiti invitati non si presentano – e nemmeno rispondono – alcuni degli attori principali come Rfi, stazione appaltante, Italferr, che dirige i lavori, e Arpa, che si occupa del monitoraggio ambientale.
È presente l’Asp, che però, attraverso Maria Gabriella Caruso e Natale Lombardo, del Servizio Igiene Ambienti di Vita, chiarisce subito che «questo progetto non ci è mai pervenuto, è stato calato dall’alto, approvato direttamente dal Ministero». C’è l’Osservatorio ambientale del Raddoppio ferroviario, rappresentato sia dal presidente Maurilio Caracci, sia da chi ha un doppio ruolo in questa partita, il direttore generale del Comune Salvo Puccio. «Abbiamo evidenziato criticità fin da maggio, aggiornando periodicamente gli enti preposti», la posizione espressa. Nessun altro dettaglio.
In aula c’è, ovviamente, la seconda Municipalità, con il vicepresidente Giovanni Danzi («vogliamo chiarezza su quale sia la situazione»). E c’è anche il sindaco Federico Basile, seppur solo nella fase iniziale della seduta. Un sindaco finora rimasto in silenzio, anche se si scopre che a metà dicembre aveva scritto una prima volta al Consorzio, ricevendo una risposta parziale ai quesiti posti, e ha poi scritto una seconda volta la settimana scorsa, dopo aver saputo «dalla stampa» del sequestro dell’area a Contesse. Stavolta chiedendo «una specifica relazione che illustri in dettaglio lo stato delle cose e le attività che codesto Consorzio intende porre in essere».

E qui si torna al punto di partenza: le uniche risposte, piaccia o no, arrivano dal Consorzio, invitato peraltro nella stessa mattinata di ieri, perché nella prima convocazione ci si era dimenticati di inserirlo in elenco. Incalzato dall’aula – e dall’unico deputato regionale presente, quel Pippo Lombardo che il 22 ottobre, con un suo esposto, aveva di fatto aperto il caso –, il presidente Antonino Pulejo fornisce la versione di Webuild-Pizzarotti, che resta sempre la versione di chi sta eseguendo i lavori e difficilmente potrebbe discostarsi da quanto sostiene fin dal principio: «Questo progetto ha tutta una serie di misure previste per la piena tutela dell’ambiente. Quando abbiamo realizzato gli scavi, i materiali sono risultati conformi per il riutilizzo di queste terre in altre cave e quindi collocati in depositi temporanei, tra cui quello di Contesse. Le successive analisi, eseguite con la frequenza prevista dal progetto, hanno evidenziato una concentrazione di arsenico superiore a quella che consente il riutilizzo delle terre. Abbiamo comunicato noi stesso il superamento del limite agli enti interessati, proponendo di effettuare analisi di maggior dettaglio sui materiali depositati. Abbiamo fatto in contraddittorio con l’Arpa una campagna di analisi molto approfondita, che in alcuni casi ha confermato che il materiale va gestito come rifiuto». Pulejo specifica: «È un rifiuto non pericoloso, con una concentrazione di arsenico di gran lunga inferiore al limiti per essere considerato rifiuto pericoloso. Avevamo iniziato lo smaltimento in impianti idonei tra Sicilia e Calabria, poi è intervenuto il sequestro e abbiamo fatto istanza le riprendere le attività di smaltimento». Quindi il concetto chiave: «Questo materiale non deve generare preoccupazione, perché non può creare problemi alla salute umana con la propagazione come polveri ed è impermeabilizzato in modo tale da non poter generare fenomeni di inquinamento».
Il punto è che questa risposta, per gran parte del consiglio comunale, non è sufficiente. Quantomeno per quella parte rimasta in aula fino alla fine, e cioè metà (16 su 32). La decisione finale è questa, punto d’incontro tra la proposta di Rinaldo (caldeggiata da Lombardo) e quella del Pd: inviare una nota a tutti i soggetti interessati, in primis i grandi assenti di ieri, chiedendo risposte definitive e chiare per iscritto, ed in base alle risposte valutare la votazione di una mozione. Un documento col quale chiedere, in ultima analisi, anche lo stop ai lavori, oltre all’individuazione di una viabilità alternativa che non soffochi ulteriormente la zona di Contesse e di villaggio Unrra, dove i camion per raggiungere l’area di deposito devono attraversare strette strade tra villette, una scuola e una chiesa. Anche perché il vero cantiere a servizio del quale è stata realizzata quell’area a Contesse, quello di Giampilieri, non è nemmeno partito. E quando sarà operativo, secondo un dato emerso ieri e non smentito, i camion che passeranno di lì saranno anche 300 al giorno.



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