TRENTO. In mezzo alla montagna vengono scaricate le fognature dei rifugi. Un tubo nero, di circa 800 metri, parte dalle strutture e scarica i reflui su un terreno, causando l’inquinamento delle falde acquifere. Una situazione grave che, negli scorsi anni, ha causato anche delle conseguenze sanitarie, con alcuni turisti che si sono sentiti male e le ordinanze dei comuni di far bollire l’acqua per scopi alimentari.
“Dolomiti sotto assedio: il prezzo dell’overtourism” è il titolo del servizio, realizzato da Lucina Paternesi con la collaborazione di Cristiana Mastronicola, che ha mostrato come, in Trentino, nel cuore delle Dolomiti Patrimonio Unesco, il turismo abbia stravolto, negli ultimi anni, l’immagine della montagna.
Il servizio parla dell’impatto di un settore strategico per il territorio e accende i riflettori sulla montagna e, in particolare, sui rifugi della zona del Catinaccio. Siamo in Val di Fassa, zona visitata ogni anno da migliaia di turisti. Armando Loss, imprenditore e abitante di San Giovanni di Fassa, per anni ha denunciato la situazione che avviene e che riguarda gli scarichi dei rifugi. L’impatto del turismo ha infatti una doppia faccia: se da un lato alimenta un’industria che sembra non conoscere crisi, dall’altro lascia dietro di sé una scia nera e pure maleodorante.
“Da 4 anni, in mezzo alla montagna, d’estate vengono scaricate le fognature dei rifugi”, ha spiegato Loss, mostrando delle fotografie da lui stesso scattate, che fanno vedere il terreno che non riesce più ad assorbire i reflui, i quali finiscono nelle falde e nei torrenti.
La troupe di Report si sposta sulla statale che collega Vigo di Fassa e Passo Costa Lunga. Qui viene mostrato un lungo tubo nero lungo la strada. “Questo parte in corrispondenza del pozzetto dove vengono scaricati i reflui di due rifugi, Roda de Vael e Baita Marino Pederiva. I reflui finiscono poi in un drenaggio, ma il terreno qui ormai non assorbe più e tracimano”.
I due rifugi citati da Report sono luoghi molto frequentati, anche perché facilmente raggiungibili. “Il tubo – spiega Armando Loss – è stato installato nel 2021. Quando si è rotto, il tubo ha inquinato la falda acquifera di Tamion e Vallonga. Era intasato e la pressione e il carico hanno determinato la rottura”.
L’episodio è avvenuto nell’estate del 2023. Il tubo si rompe e i reflui arrivano nel rio Caresia. Come accertato poi dai Nas, viene spiegato nel servizio di Report, la falda che serve l’acquedotto di Tamion viene inquinata, causando problemi agli abitanti e ad alcuni ospiti delle strutture presenti in zona, che hanno iniziato a sentirsi male. Nel corso del servizio viene riportata la testimonianza di Adriano Ferrari, professore di medicina fisica e riabilitazione dell’Università di Modena e Reggio Emilia. “Un bambino piccolo con enterite, poi mio figlio, sua moglie, io e i nostri vicini. L’elemento che ci accomunava era l’utilizzo dell’acqua”.
Dopo le analisi è arrivata la conferma che l’acqua non era potabile, anche a causa del maltempo dei giorni precedenti, e il Comune ha emesso un’ordinanza che indicava la necessità di bollirla per uso alimentare. “Sono state male 40 famiglie – viene spiegato nel servizio – senza contare i turisti stranieri che erano nelle strutture. Più di 100 persone in tutto”.
Nel servizio giornalistico si parla del “prezzo dell’overtourism”. Proprio per favorire il turismo è fiorita un’economia anche a servizio di chi la montagna non l’ha mai frequentata prima. Così, anche se la neve è alta e per raggiungere alcuni rifugi servirebbero ore di cammino, è possibile salire in quota accompagnati a bordo di motoslitte. “Con 22 euro – racconta Report – si riesce a raggiungere il rifugio Micheluzzi in Val Duron, un tempo rifugio per animali, oggi elegante baita con tutti i comfort. “Non ha l’allaccio alle fogne – viene spiegato nel servizio – e a pochi passi dalla struttura si avverte l’odore della fossa biologica”.
Anche a Campitello di Fassa, la scorsa estate il sindaco ha emesso un’ordinanza per bollire l’acqua. E sono diverse le strutture che si trovano ad avere le fosse biologiche date dal comune, servizi limitati che ovviamente si trovano a dover affrontare un grosso afflusso di turisti.
“Dopo le denunce fatte e le indagini dei Nas, la Procura ha aperto un fascicolo e ci sono state due condanne che hanno accertato che i liquidi hanno contaminato la falda. Da inquinamento ambientale, il reato è stato derubricato a getto pericoloso di cose”, viene spiegato dalla giornalista.
Uno di questi rifugi coinvolti è di proprietà della Sat, che ne possiede 35. “Nel momento in cui diamo in gestione i rifugi – spiega il presidente della Sat Cristian Ferrari – sono pienamente funzionanti e il gestore ha l’onere di controllare il perfetto funzionamento degli impianti. Quando ci sono stati i problemi siamo intervenuti immediatamente, ripristinando le funzionalità”.
Ma di chi sono le responsabilità? Nel corso della trasmissione viene fatto riferimento alla normativa. “Lo sversamento dei reflui avviene in alcuni punti consentiti dalla legge. Le autorizzazioni sono state rilasciate dai Comuni – spiega il servizio – dopo che la Pat, in deroga, ha dato l’ok fino al 2036 in una zona di tutela ambientale”.
Qui la risposta della Pat a Report (IL LINK) (QUI L’ARTICOLO)
Intanto, la Provincia ha fatto sapere che, poiché il rifugio Roda de Vael è facilmente accessibile agli escursionisti ed è molto apprezzato da residenti e turisti, nel 2021 la Giunta aveva previsto, nel Piano stralcio per i rifugi alpini ed escursionistici del Piano provinciale di risanamento delle acque, la possibilità di collettare i reflui alla fognatura nera. Nel marzo 2024, il progetto per il nuovo collettore delle acque nere è stato approvato e i lavori dovrebbero iniziare nella primavera del 2025.
QUI IL SERVIZIO INTERO
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