“A me segnalavano solo le buche per strada” – lasiciliaweb

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CATANIA – Davanti al gip Anna Maria Cristaldi il deputato regionale Mpa Giuseppe Castiglione ha rigettato ogni accusa contestata, proclamandosi estraneo a ipotesi di voto di scambio politico mafioso. Il 46enne ex presidente del Consiglio comunale di Catania è stato arrestato ieri dai carabinieri nell’inchiesta Mercurio della Dda etnea sulla ‘famiglia’ Santapaola-Ercolano di Cosa nostra. Il parlamentare ha risposto per circa un’ora al giudice per le indagini preliminari nell’interrogatorio di garanzia alla presenza della pm Raffaella Vinciguerra e del proprio legale, l’avvocato Salvo Pace, che ha annunciato che presenterà ricorso al Tribunale del riesame contro la detenzione.

Castiglione ha spiegato i suoi rapporti con Domenico Colombo, uno degli indagati, sottolineando di non sapere di suoi legami con la criminalità organizzata e che lo conosceva perché era un dipendente dell’Amts. Stessa posizione anche per i rapporti con Giuseppe Coco. I due si erano impegnati per la sua campagna elettorale. Gli unici interventi fatti, ha sostenuto Castiglione, sono stati per il quartiere di Librino: gli segnalavano una buca per strada o un’aiuola da potare e lui si attivava. Anche Rosario Bucolo, altro indagato dell’inchiesta, gli aveva chiesto un intervento per una piazzetta abbandonata: “Ho preso il motorino, sono andato, ho verificato e ho sollecitato un intervento per la risistemazione”, ha spiegato Castiglione.

Per quanto riguarda il regolamento del cimitero approvato in Consiglio comunale quando lui ne era il presidente, poco prima di dimettersi e di candidarsi alle Regionali in Sicilia del 2022, Castiglione ha spiegato che l’atto è stato presentato dall’allora giunta in carica. Gli era stato sollecitato perché, ha detto, c’era il rischio di perdere un finanziamento da un milione di euro. Per questo ha convocato la capigruppo e l’ha poi portata in aula. “Ma la delibera come è arrivata è stata votata e approvata, senza alcuna variazione, senza emendamenti, non sono intervenuto, che altro potevo fare…”.

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IL SINDACO SOSPESO E LA DIFESA DI MARCHESE. Intanto l’inchiesta Mercurio continua a lasciare strascichi. Stamattina il prefetto di Catania Maria Carmela Librizzi ha sospeso dalla carica il sindaco di Ramacca Nunzio Vitale, il vicepresidente del Consiglio comunale Salvatore Fornaro e il consigliere comunale di Misterbianco Matteo Marchese, arrestati per voto di scambio ieri dai carabinieri nell’operazione contro la ‘famiglia’ Santapaola-Ercolano. Un provvedimento emesso in applicazione della cosiddetta legge Severino.

Lo stesso Marchese aveva annunciato le sue dimissioni durante l’interrogatorio di garanzia. Al centro dell’interrogatorio la sua conoscenza e frequentazione con uno degli indagati, Domenico Colombo, che secondo l’accusa per le amministrative a Misterbianco del 2021 è stato l’affiliato al clan che ha fatto da tramite con l’organizzazione mafiosa per procurare dei voti. Marchese ha definito Colombo, che conosceva dal 2011, un millantatore che si vantava di avere molti voti, ma ha precisato: “Io avevo un mio bacino di elettori e nei quartieri dove lui sosteneva di portarmi delle preferenze, come a Lineri o a Monte Palma, non ho mai preso più di 10-12 voti, che erano i miei”.

Marchese ha sottolineato di non sapere delle sue presunte frequentazioni con ambienti mafiosi, e di aver scoperto la sua parentela con la famiglia Santapaola quando si doveva organizzare il suo matrimonio. Alla domanda della pm se non lo avesse allontanato dopo averlo appreso, Marchese ha risposto “No, perché non ho fatto mai nulla di male e ho continuato a non farlo”. Marchese ha parlato anche della sua conoscenza con Antonino Bergamo, condannato perché ritenuto uomo di fiducia del boss Aiello, legato a due passioni tra loro condivise: il calcetto e la caccia. E Bergamo, ha ricordato Marchese, era in possesso di regolare porto d’armi. Quando è venuto a conoscenza dei suoi contatti con affiliati non lo ha allontanato, ha sostenuto, per lo stesso motivo adottato per Colombo: non aveva fatto alcunché di male.

“SI INDAGHI SUL CIMITERO DI CATANIA”. Gli atti dell’inchiesta sollevano anche dubbi sulla gestione del cimitero di Catania. “La notizia dell’arresto dell’ex presidente del Consiglio comunale etneo e attuale deputato regionale Giuseppe Castiglione ci lascia profondamente sconcertati – dicono i consiglieri del M5s Graziano Bonaccorsi e Gianina Ciancio -. Se quanto emerso dalle intercettazioni dovesse essere confermato, il quadro che ne risulterebbe sarebbe estremamente preoccupante. E il minimo che il Consiglio comunale possa fare è di attivarsi per fare luce sulla gestione del cimitero e sull’affidamento dei lavori all’interno del camposanto”.

Bonaccorsi e Ciancio ricordano che “già la scorsa estate in aula si era discussa un’interrogazione del consigliere Maurizio Caserta che metteva in evidenza l’assoluta mancanza di trasparenza nelle autorizzazioni per i lavori all’interno del cimitero. Quell’interrogazione, per dovere di cronaca, ha ricevuto una risposta totalmente insoddisfacente. Quello di Castiglione e degli altri esponenti politici coinvolti non è un caso isolato, ma è parte di un sistema di collusione tra mafia e politica che continua a essere radicato e consolidato nel nostro territorio. Un sistema che non può essere smantellato solo tramite azioni giudiziarie e repressive, ma che richiede un profondo esame di coscienza da parte della classe politica, la quale deve sviluppare autonomamente anticorpi contro ogni forma di infiltrazione criminale”.

“INQUIETANTE IL SILENZIO DI TRANTINO”. “È inquietante il silenzio delle istituzioni regionali e cittadine sugli ultimi arresti – sostiene l’Arci di Catania -. Il sindaco Trantino non sente il dovere di parlare delle infiltrazioni criminali nel Comune dopo l’arresto dell’ex presidente del Consiglio comunale? Non sente il dovere di chiarire quali azioni intende intraprendere di fronte al rischio di condizionamenti criminali sull’attività amministrativa? Appaiono imbarazzanti un’amministrazione comunale e un sindaco metropolitano che si riempiono la bocca di antimafia e legalità, che plaudono a ogni retata di polizia e carabinieri, ma tacciono quando a essere oggetto delle importanti azioni della magistratura sono i loro potenti alleati politici. Deboli con i forti e forti con i deboli”.

L’associazione elenca i Comuni sciolti per mafia o con i sindaci arrestati: “Ramacca, Palagonia, Tremestieri Etneo, Castiglione di Sicilia, Randazzo. Pesanti ombre anche su Paternò e Misterbianco. Il prezzo del voto di scambio e del controllo clientelare e mafioso sulla cosa pubblica lo subiamo ogni giorno: gestione criminale dei rifiuti, governo clientelare delle società partecipate, inadeguatezza dei servizi essenziali, sperpero di soldi pubblici in prebende e consulenze, corruzione negli appalti, uso privatistico delle amministrazioni pubbliche, violenze e abusi di potere. Esiste e resiste un’altra Catania che contrappone all’arroganza e alla violenza la solidarietà e il senso di comunità. C’è una terra che ripudia clientelismo e mafia”.

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