FOGGIA – La Capitanata è protagonista del panorama sanitario nazionale grazie ad un elemento di spicco in tema di Terapia del Dolore. Leonardo Consoletti, foggiano, presidente di FederDolore-SICD (che si occupa di promuovere l’applicazione della Legge n.38 del 15 marzo 2010, che garantisce a tutti i cittadini la cura del dolore acuto e cronico), è stato infatti tra i protagonisti della presentazione alla Camera dei deputati del “Nuovo Manifesto sul dolore”: cultura, formazione e reti le priorità d’azione sollecitate da un’alleanza di esperti, pazienti e cittadini.
IL MANIFESTO. Non solo sintomo di una malattia, ma di una condizione clinica, spesso difficile da comprendere per gli stessi pazienti e per gli operatori sanitari, eppure fortemente invalidante per chi ne soffre dal punto di vista fisico, psichico e socio-relazionale, il dolore cronico in Italia interessa oltre 10 milioni di persone, per il 60% donne, in molti casi senza trovare un’adeguata risposta nonostante le cure disponibili e una legge, la 38/2010, che sancisce il diritto a non soffrire. E proprio in occasione dei 15 anni dall’approvazione della Legge 38 – era il 15 marzo del 2010 -, un’Alleanza di Società scientifiche, professionisti sanitari, Associazioni di pazienti e cittadini ha redatto un “Nuovo Manifesto sul Dolore” per sollecitare interventi volti a promuovere una maggiore consapevolezza della ‘malattia dolore’ e a garantire una presa in carico mirata e tempestiva.
CHE COS’È IL DOLORE CRONICO. Per dolore cronico si intende un dolore che perdura da più di tre mesi, in modo persistente, continuo o ricorrente. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, si tratta di uno dei maggiori problemi di salute pubblica a livello globale, per il peso epidemiologico e per l’impatto multidimensionale: chi ne soffre, è meno produttivo sul lavoro, meno efficiente all’interno della rete familiare, e può sviluppare problematiche di tipo ansioso o depressivo, auto imponendosi limiti nella vita quotidiana per paura di provare dolore. Complice la scarsa consapevolezza, in molti casi i pazienti vivono con rassegnazione la propria condizione dolorosa, accedendo con notevole ritardo a cure specifiche.
LE PAROLE DI CONSOLETTI. Alla presenza dell’on Alessandro Colucci, membro della commissione affari costituzionali, della presidenza del consiglio e interni, Consoletti, che è coordinatore tecnico-medico-scientifico di Noi Moderati – Capitanata, ha ben descritto lo stato dell’arte in merito a quella che viene definita la “grande incompiuta”, vale a dire la legge 38/2010: “Attraverso FederDolore, la società scientifica di cui sono il presidente protempore – ha detto il medico foggiano – quindici anni fa ci siamo attivati per far promulgare i dodici articoli di questa legge fantastica.
Negli ultimi 25 anni, da anestesista, ho diretto il centro hub di medicina del dolore dell’Università di Foggia: si tratta della struttura in cui si realizzano interventi di chirurgia volti a controllare il dolore cronico attraverso l’applicazione di strumenti e di dispositivi medici, che vengono collocati nei pazienti per migliorarne la sopportazione del dolore cronico inteso in tanti modi, come dolori da cancro ma anche come sciatalgie, cervicalgie, cervicobrachialgie. Abbiamo studiato anche la possibilità di prevenire, per esempio, le amputazioni maggiori dei pazienti diabetici: dai nostri studi, si evince che basti applicare un device permanente all’interno del corpo di una persona affetta da disturbo vascolare agli arti inferiori per conservare quell’arto che altrimenti, se amputato, avrebbe conseguenze mediche e sociali di una certa gravità.
È necessario comprendere che la terapia del dolore non significhi, nell’accezione comune, trattare farmacologicamente il dolore: nel centro hub – ha aggiunto Consoletti – si fanno cose diverse dal semplice trattamento farmacologico, che dovrebbe essere invece un patrimonio nel medico di medicina generale o degli altri specialisti. Questa opinione distorta sul trattamento del dolore ha influito negli anni a livello politico: “Cosa vuoi che sia prescrivere un farmaco? Perché dobbiamo spendere soldi per attivare una rete del dolore? Per questa motivazione, nonostante siano trascorsi ben 15 anni dalla promulgazione della legge 38, l’attivazione della rete nazionale è avvenuta soltanto nel 50% delle regioni italiane e una delle grandi mancanti è proprio Lombardia, che in genere è assunta come farlo nazionale della salute. Se non si attivano le reti di terapia del dolore, non si potrà mai applicare questa importante legge e questa iniziativa dovrebbe giungere in primis dal mondo della politica, che manovra le presidenze regionali, quelle provinciali e i direttori generali delle Asl”.
ATTUARE LA LEGGE. È necessario, dunque, lavorare affinché la legge 38/2010 venga attuata in maniera uniforme, intensificando la collaborazione tra istituzioni, società scientifiche e associazioni di pazienti per superare le criticità esistenti e assicurare risposte efficaci a chi soffre, e il Manifesto presentato a Roma contiene interessanti proposte in tal senso. Solo attraverso un impegno condiviso, si può trasformare il dolore cronico da una condizione di sofferenza e isolamento a un problema gestito con competenza, empatia e dignità.
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