In poche ore ha fatto il giro del web Trump Gaza, il video pubblicato da Donald Trump sui suoi canali. Generato dall’intelligenza artificiale, ritrae la striscia di Gaza trasformata in un grande, ludico, grottesco bazar. Ballerine di danza del ventre sulla spiaggia, casinò, stabilimenti balneari, abitazioni di lusso. Una enorme statua rivestita in oro dello stesso Donald Trump svetta alla stregua dei faraoni scolpiti nell’antico Egitto. Compare anche Elon Musk: nell’atto di rimpinzarsi di pietanze locali per poi gettare pleonasticamente mazzi di banconote a un gruppo di bambini festanti.
Il testo e il significato della canzone del video di Trump Gaza
“Donald Trump will set you free, bringing the life for all to see, no more tunnels, no more fear, Trump’s Gaza is finally here” si sente cantare in sottofondo mentre scorrono le immagini. “Trump’s Gaza is shining bright, golden future, a brand new life. Feast and dance; the deed is done. Trump Gaza number one.” In italiano: “Donald Trump vi renderà liberi, portando la vita per tutti, niente più tunnel, niente più paura, la Gaza di Trump è finalmente qui. La Gaza di Trump risplende, un futuro dorato, una vita nuova di zecca. Festeggiamo e balliamo; l’azione è compiuta. Trump Gaza numero uno”.
Trump Gaza: un ribaltamento di prospettiva
Un ribaltamento di prospettiva estetico – oltre che pratico – per questo territorio: le terre palestinesi – non solo Gaza, ma anche le aree della Cisgiordania che esulano dal controllo israeliano – sono infatti abitate prevalentemente da famiglie di estrazione contadina. Come mostra anche il documentario No other land, uscito al cinema a gennaio, è una lunga tradizione di allevamento del bestiame, di coltivazione del suolo a caratterizzare la sparuta popolazione che vive in questa porzione di Medioriente. Le immagini di Gaza risalenti a prima del 7 ottobre ritraggono sì motorini e automobili, ma soprattutto asini, muli che ancora oggi rappresentano il principale mezzo di locomozione dei residenti della Striscia. È un immaginario che pare davvero coincidere con atmosfere premoderne e la rendono più vicina all’Antico Testamento di cui infatti è la culla storica e geografica, senz’altro distantissima dalla seppur vicina Tel Aviv e dai suoi grattacieli a picco sul mare, dal suo clima di vibrante capitale contemporanea.
Donald Trump e la Riviera del Medio Oriente
Che Donald Trump e la sua amministrazione vogliano trasformarla in una meta turistica, in un arabeggiante feticcio occidentale è indicativo della vera, reale posta in gioco che si consuma laggiù. Scriveva Pasolini che il razzismo è l’odio più o meno consapevole del cittadino borghese e industrializzato nei confronti di chi lavora all’aria aperta e ha per questo la pelle cotta da sole. Individuava in questo atteggiamento reattivo una specie di invidia latente e inconscia che suscitano forme arcaiche e desuete di campare. Per questo, secondo lui, il razzismo non avrebbe potuto che aumentare esponenzialmente. Questo tipo di mentalità avrebbe tentato di convertire, di coartare chiunque si fosse posto in antitesi al modello univoco e imperante di abitare il mondo, e cioè la terra. La Palestina rappresenta, agli occhi delle nazioni civilizzate e urbanizzate, un retaggio di valori in controtendenza. È rimasta ai lati del progresso globale. Per questo si presta a una certa speculazione affaristica. È un territorio vergine nel vero senso del termine, dunque può essere ricostruita, riconcepita secondo criteri che facciano finalmente il paio con l’economia, con i criteri vigenti sottesi al profitto. È questo che Donald Trump ha più volte ribadito: la riedificazione di Gaza, lo stravolgimento della sua attuale conformazione andrebbe in realtà incontro ai palestinesi, alle loro esigenze. Il suo piano per la costruzione della Riviera del Medio Oriente prevede che si allontanino per un po’, esuli ospiti di qualche Paese limitrofo, per poi tornare e restare a bocca aperta davanti a una fiammante La Mecca rimessa a nuovo, scintillante di cemento armato. Le macchine dai vetri oscurati che sfilano attraverso le bancarelle di un mercato, gli yatch ormeggiati a largo della costa ritratti dal video di Donald Trump e che hanno suscitato reazioni indignate dalla maggioranza della stampa internazionale non è solo una provocatoria dimostrazione di potere, consentita dalla capacità generativa dell’AI e capace di simulazioni della realtà indistinguibili da quelle effettive: è soprattutto la compiuta realizzazione – per ora soltanto visiva – del proposito di assimilare lo scampolo di una civiltà che contraddice la nostra con la sua stessa esistenza.
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