Aprire per dividere le toghe: la strategia del governo

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Il conto alla rovescia verso il 5 marzo è cominciato e Meloni è orientata a proporre quella che lei considera una mediazione, con l’obiettivo di mostrare la buona volontà del governo ed potenzialmente anche spaccare le toghe tra dialoganti e intransigenti

«Scioperano e poi chiedono dialogo», è la caustica risposta di un deputato di Forza Italia in merito alle possibili aperture di palazzo Chigi nei confronti dei magistrati. Il carico più pesante lo mette però il presidente dei senatori azzurri, Maurizio Gasparri, che ha smentito anche i dati ufficiali sull’80 per cento di partecipazione alla manifestazione contro la separazione delle carriere: «É stato un flop. In molti hanno lavorato. Quanto agli altri, va detto che non si è notata molto la differenza rispetto a quando lavorano».

Se si ascolta la campana del partito che fu di Silvio Berlusconi la linea è quella della fermezza, con anche la soddisfazione del contrappasso nei confronti delle toghe. Stessa durezza, del resto, si ritrova apparentemente anche tra i ranghi della Lega, che dopo il processo Open Arms a Matteo Salvini ha inasprito i toni dello scontro con la magistratura.

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Addirittura l’ex magistrata e oggi deputata leghista Simonetta Matone ha definito lo sciopero «un’offesa all’Italia» e «le toghe che usano la Carta per attaccare il governo non l’hanno mai letta».

In realtà, però, lo scenario è più complicato e le decisioni sono in mano alla premier Giorgia Meloni. Dopo gli attacchi anche feroci alle toghe sia in seguito alle sentenze sui migranti che durante il caso Almasri, ora la strategia è quella di voler abbassare i toni. «Evitiamo lo scontro», avrebbe detto la presidente al vertice con gli alleati e il ministro della Giustizia Carlo Nordio proprio in concomitanza dello sciopero.

A convincerla è stato anche l’intervento a distanza del Colle, ma ha giocato un ruolo anche la consapevolezza di correre su un crinale sottile anche rispetto alle corti europee. Con una strategia ben precisa, però: mostrare che esiste «una parte della magistratura» politicizzata – come dice sempre Meloni – ma che il governo è pronto a confrontarsi con l’altra parte, considerata maggioritaria.

Propizia in questo senso è stata anche la nomina della toga dei conservatori di Magistratura indipendente Cesare Parodi come nuovo presidente dell’Anm. Tutti i gruppi, MI compresa, hanno aderito convintamente allo sciopero, ma il vertice dell’associazione ha ripetuto che non si è trattato di una manifestazione contro la politica. Non appena Parodi è stato eletto, Meloni ha detto sì a un incontro.

L’incontro

Questo sarà il vero momento nodale: il conto alla rovescia verso il 5 marzo è cominciato e Meloni è orientata a proporre quella che lei considera una mediazione, con l’obiettivo di mostrare la buona volontà del governo ed potenzialmente anche spaccare le toghe tra dialoganti e intransigenti. In realtà, parlare di mediazione è un eufemismo.

Come chiariscono fonti di governo, infatti, il testo costituzionale è assolutamente blindato: la separazione delle carriere si farà e non ci saranno passi indietro. Margine, invece, c’è sulle leggi che ne daranno attuazione e in particolare sul sorteggio dei componenti laici e togati.

Paradossalmente, aprire su questo farebbe parzialmente felice anche Forza Italia, che aveva presentato un emendamento per ripristinare l’elezione dei membri del Csm ma solo nella componente laica. Nelle leggi ordinarie di attuazione l’ipotesi sarebbe quella di fissare una serie di paletti, come l’assenza di precedenti penali o disciplinari e un minimo di anni di carriera per poter essere eletti sia per i laici che per i togati.

A confermare la fondatezza dell’ipotesi sono i toni concilianti di un duro e puro come il presidente della commissione Affari costituzionali del Senato di FdI, Alberto Balboni, che ha parlato di «massima disponibilità al dialogo e al confronto. E siamo anche disposti a rivedere delle parti del testo». Intanto, tuttavia, da via Arenula trapela tranquillità: il ministro Nordio sarà in Sud America fino al 3 marzo e in silenzio stampa.

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La palla, dunque, ora è nel campo dell’Anm che dovrà ben meditare la strategia. Accettare il dialogo significherebbe implicitamente accettare la separazione?

Impossibile, visto che tutti i gruppi sono contrari. Difficile allora capire quali forme di mediazione possano essere un punto di partenza e con quali conseguenze anche dentro la magistratura associata.

Lo stesso segretario generale dell’Anm Rocco Maruotti, sentito dall’Ansa in serata, ha detto di dubitare che l’8 marzo al comitato direttivo centrale «si formi una maggioranza di possibile apertura di fronte a queste proposte». E ha ricordato che in Europa «non esiste alcun meccanismo dove ci sono magistrati sorteggiati», perché «toglie rappresentatività all’organo e autorevolezza a chi ricopre quell’incarico», aggiungendo che «un sorteggio come era stato previsto rischiava di portare al Csm solo uomini o solo donne, quello era un errore a cui potevano già rimediare».

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