La mostra “Giappone. Terra di Geisha e Samurai” a Villa Contarini di Piazzola sul Brenta

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Il pallore alabastrino, il trucco leggero, i capelli raccolti nel classico nihongami, il kimono color glicine e la grande fascia obi che lo chiude rispettano tutta l’iconografia classica della geisha: la bellissima donna dallo sguardo intenso ma sfuggente di una foto all’albumina. Anche il paesaggio sullo sfondo, con un’imbarcazione alla fonda vicino alla costa, ci porta in un Giappone di fine Ottocento.

In quel mondo nipponico che scopriva l’Occidente proprio mentre gli occidentali scoprono il Sol Levante, pervasi di esotismo, cercavano di conoscere quel Paese, quasi completamente isolato dal resto del mondo, che voleva avanzare con convinzione verso la modernità. E ne scoprirono l’arte tanto quanto i Giapponesi conobbero quella occidentale. Con essa, gli usi e le innovazioni, soprattutto per quanto riguarda la fotografia d’autore, che era uno dei souvenir più richiesti da quell’affascinante arcipelago.

Infatti, la convincente geisha della foto è in realtà un’attrice che posò in studio, con un fondale dipinto, per uno dei fotografi – giapponese o meno, non fa differenza – che cavalcarono il mercato della smania di esotismo di europei e statunitensi.

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È una delle tante storie che racconta la mostra “Giappone. Terra di Geisha e Samurai”, che apre sabato 1 marzo a Villa Contarini di Piazzola sul Brenta, dove sarà visitabile fino al 29 giugno.

Una mostra a cura di Francesco Morena, grande esperto di Storia dell’Arte Giapponese, che insegna all’Università Orientale di Napoli e, tra le sue numerose collaborazioni, pubblicazioni ed esposizioni dedicate all’arte orientale, crea da anni un felice binomio con i progetti d’arte di Artika per avvicinare il grande pubblico alla cultura giapponese e valorizzare alcune peculiari collezioni private variabilmente esposte.

Per le sale espositive della Serenissima Reggia, Morena ha selezionato un centinaio di opere dalla collezione del trevigiano Valter Guarnieri (armature di samurai, paraventi, spade, ukiyo-e, dipinti, micro-sculture e fotografie) e da quella del fiorentino Giancarlo Mariani, che si distingue per la sua specializzazione nelle ukiyo-e (le preziose xilografie giapponesi) e nei libri xilografici, con opere dei grandi maestri come Hokusai, Hiroshige e Utamaro. Oltre a ciò, i preziosi kimono storici provenienti da altre collezioni private completano il racconto delle arti tradizionali nipponiche tra il XVII e il XX secolo.

Come promette il titolo, fulcro dell’esposizione è il binomio tra le affascinanti geishe e i valorosi samurai. Le prime hanno rappresentato un elemento culturale profondamente radicato, che si estende dalle erudite dame di corte del periodo Heian (794-1185) fino alle cortigiane del periodo Edo, tra il XVII e il XIX secolo, immortalate da Kitagawa Utamaro, che nella seconda metà del Settecento cattura l’effervescenza dei quartieri di piacere di Edo, l’attuale Tokyo.

Tuttavia, esse conquistano un diverso ruolo, diventando fonte di conoscenza spesso relegata a immagini stereotipate nell’immaginario occidentale.

I samurai, d’altro canto, esercitarono un’influenza dominante sul paese non solo come esperti di tecniche di combattimento, ma anche negli aspetti culturali, dalla poesia alla calligrafia, dalla pittura al codice etico.

Non solo guerrieri, quindi, come le grandi armature originali di fine Ottocento in mostra evidenziano: lacche e metalli dorati, seta e intarsi d’argento, improbabili per ogni battaglia, ma adeguati per distinguersi nei cerimoniali.

La mostra indaga anche l’affollato mondo degli dei, che in Giappone fonde le credenze autoctone dello shintoismo con influenze provenienti dal continente asiatico del buddhismo.

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Restituisce un Daruma, il leggendario fondatore dello Zen, quindi degno della più alta devozione, ritratto di volta in volta in modo diverso, quasi ridicolizzato con l’aggiunta di dettagli grafici che in qualsiasi altro luogo del mondo avrebbero arrecato offesa alla divinità.

Ma non in Giappone, dove la cultura popolare si è arrogata il diritto di sconvolgere alcune dinamiche con un’ironia più o meno sottile che pervade molti ambiti della produzione artistica nipponica, divenuta col tempo cifra stilistica classica.

E lontana da molti stereotipi arrivati in occidente in risposta al desiderio giapponista di fin de siècle: una distanza tra percepito e realtà che la mostra a Villa Contarini mette abilmente in evidenza. Aperta tutti i giorni tranne il mercoledì (ore 10-18. 30). Biglietti: artikaeventi.com.



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